martedì 18 marzo 2014

Le SMART CITIES ed i rischi di una progettazione vaporosa, schiumosa e polverosa.

Vorrei specificare i rischi cui si va incontro quando si lavora sulla progettazione di interventi sulle smart cities.
Il tutto nasce da un incontro con il Ministro dell'economia del Brandeburgo, con il quale abbiamo discusso di approfonditamente di Smart Cities, a seguito di una presentazione della sua politica di smart cities.

La sua politica di sviluppo delle smart cities nel suo Lander mi è piaciuta moltissimo ed al momento, la ritengo in assoluto la migliore best-practice e l'unico benchmark di riferimento.

Però nel confrontare questa politica con le iniziative attualmente in atto vedo per l'ennesima volta i fantasmi dei disastri delle precedenti progettazioni. In più, sono almeno tre anni che sento parlare di smart cities in Italia e in Puglia, ma con esiti davvero impietosi; credo inoltre che si sia già in ritardo per correggere gli errori di metodo sugli interventi e processi già avviati, cosicché vi è una buona possibilità che i nostri interventi sulle smart cities siano caratterizzati da un tipo di progettazione polverose, schiumose e vaporose.

PROGETTAZIONE POLVEROSA. Scaturisce da un processi di programmazione ed insieme di pianificazione, ed è una progettazione eccessivamente, frammentata, dispersa, inconsistente e soprattutto basata sulla costruzione non già di specifici step di progettazione, ma sulla emersione di tante idee-progetto che alla fine nessuna di queste si sono trasformate in progetto.

PROGETTAZIONE SCHIUMOSA. Quando si insiste troppo su di un idea-progettuale senza arrivare mai a realizzarla. Scaturisce soprattutto (ma non solo) da processi eccessivamente insistiti su teoremi, costruzioni concettuali così eccessivamente e lungamente discussi che alla fine fanno perdere il contatto con la realtà e quindi con il contesto operativo

PROGETTAZIONE VAPOROSA. Viene meno la regola del "chi fa cosa", ovvero si è fatta una buona elaborazione di un'idea progettuale, un buon processo di progettazione in generale, ma sulla sua realizzazione i risultati sono disastrosi, con in più l'aggravante che non si capisce a chi attribuire la responsabilità del fallimento.

Prepariamoci, dunque, ad accogliere l'ennesimo fallimento.

Pietro Perrucci

sabato 1 marzo 2014

SPACE 4 YOU 2014

Credo per davvero che le attività aereospaziali possano essere un “driver” per la competitività e per la crescita della nostra economia regionale. E credo anche che la loro importanza vada ben oltre le diverse applicazioni  che si sono illustrate in questa due giorni di incontri di SPACE 4 YOU (27 e 28 febbraio 2014).

Infatti, con le loro esplorazioni, con le loro applicazioni nell’ambito della meccanica aerospaziale, telecomunicazioni e nell’ambito del monitoraggio degli elementi fisici del nostro pianeta e dello spazio in generale, le attività aerospaziali intervengono in tutti i settori dell’economia (agricoltura, ambiente, energia, infrastrutture e trasporti, industria, servizi, ricerca, ecc…) attraverso una serie di attività trasversali, quali:
innovazione;
sicurezza;
formazione;
mobilità;
educazione multidisciplinare e interdisciplinare;
sostegno alla domanda ed all’offerta;
prevenzione dei disastri meteorologici ed ambientali.

Ed è proprio questo apporto in termini di innovazione, sicurezza, mobilità, formazione, educazione multidisciplinare e interdisciplinare, prevenzione dei disastri meteorologici ed ambientali e sostegno alla domanda ed all’offerta, che le attività aerospaziali costituiscono il senso e il significato della loro funzione di “driver” per la competitività e per la crescita. Infatti, la loro trasposizione nei settori più tradizionali dell’economia porta quasi sempre ad un incremento degli investimenti, alla creazione di nuova impresa e alla creazione di nuovi posti di lavoro.

Questo è quanto si coglie dalle diverse esperienze e best-practice esposte dalle imprese enti e/o dagli organismi pubblico-privati che operano in questo settore o che gestiscono programmi di investimento e/o ricerca delle attività aerospaziali. Qui non posso fare a meno di rilevare come le illustrazioni più interessanti sono state quelle relative ai programmi NEREUS, COPERNICUS, GALLILEO, HORIZON 2020, SMART PUGLIA; meno interessanti sono state le esperienze di organismi pugliesi e nazionali che operano in attività aerospaziali, questo perché le loro esposizioni erano troppo intrise di assunti teorici, noiose ripetizioni e persino di inutili presenzialismi da parte dei burocrati loro rappresentanti.

Tra le cose che non mi sono piaciute, vi sono anche le intenzioni di alcuni burocrati di procedere alla ridicola attivazione di anacronistici approcci “top-down” nell’utilizzo dei prossimi finanziamenti europei della programmazione 2014-2020 e la confusione che è stata generata in questi due giorni tra i termini di cluster e distretti.

Ecco perché provo qui a dare una loro definizione. Il distretto è una forma di aggregazione di imprese che per gemmazione e/o per effetto della vicinanza territoriale a scala quasi sempre regionale e soprattutto locale, e che si caratterizza per lo svilupparsi di rapporti tra imprese largamente incentrato sulla sub-fornitura; il cluster, invece, è una forma di aggregazione di imprese, quasi sempre generata dalla nascita di nuove imprese, spinn-off, joint-venture, ecc…, da parte di imprese preesistenti, con l’intento di operare sinergicamente, facendo sistema attraverso il modello della rete/networking. Inoltre, mentre i distretti appartengono storicamente ad un modello di impresa di tipo manifatturiero e sono caratterizzati da una più ampia presenza di piccole e medie imprese, i cluster nascono per operare soprattutto nel settore della ricerca dell’innovazione, o anche per aggredire i mercati in maniera sinergica, e sono quasi sempre caratterizzati da una maggiore presenza di imprese di grandi dimensioni e dalla più spiccata propensione all’internazionalizzazione.

Tra le cose che mi sono piaciute, invece, vi sono state le relazioni delle best-practice di altri paesi europea, come Inghilterra, Portogallo, Spagna, Francia e Germania. Dai loro contributi, infatti, sono derivati gli spunti più interessanti, quali:
- “living lab”, una modalità di progettazione condivisa essenzialmente basata sulla co-progettazione e sulla sperimentazione/testing di ciò che si è progettato già in laboratorio;
- una metodologia di “analisi pre-progettuale di contesto” (se così si può dire), basata sulle attività di SCENARIO → SKILLS → TECHNO-MAPPING → TECHNO-ANALYSIS → SELEZIONE → FUNDING;
- “the small size smart cities policy”, suggerita dal Ministro dell’Economia e degli Affari Europei del Lander di Brandeburgo, Mr. Frank Lochter, che considero l’aspetto in assoluto più interessante di tutta l’iniziativa.


Pietro Perrucci