venerdì 23 novembre 2007

Energia eolica gravinese? Un grave deficit di democrazia

Personalmente non sono contrario all’eolico. Come ambientalista, credo che l’eolico possa diventare realmente una forma di energia alternativa e più pulita di quelle tradizionali, però credo anche che un giudizio vada dato dopo aver contestualizzato la creazione di un parco eolico, dal momento che questa forma alternativa di produzione di energia ha un forte impatto ambientale e visto anche il fatto che in altri paesi europei la produzione di energia eolica è stata un fallimento.

1. L’impatto ambientale dell’eolico è determinato dalla perdita di paesaggio naturale, dai rumori del roteare delle pale, dagli ultrasuoni non percepiti dagli uomini ma percepiti con fastidio dagli animali. È facile prevedere, dunque, una perdita di fauna da cui scaturirà anche una perdita di flora, in quanto verrà a mancare il contributo della fauna al ciclo vitale della flora. Gli aereogeneratori, oltre a rallentare l’azione delle correnti, creano dei piccoli campi magnetici e che pertanto non si potrà sostare vicino ad essi, perché quelle saranno aree soggette ad inquinamento elettromagnetico. Altra forma di impatto è data dalle voragini che si dovranno aprire nel suolo per l’impianto dei pali e la loro successiva cementificazione che potrà arrivare anche a 30 metri di profondità.

2. Nel frequentare un corso di perfezionamento all’Università di Urbino ho appreso da un esperto della D.G. Energia della Commissione europea che l’eolico non sta funzionando in altri paesi europei: in Germania, la nazione per eccellenza della tecnica, i grandi parchi eolici sono falliti perché creavano problemi “tecnici” a tutta la rete distributiva energetica per la non costante immissione dei volumi energia eolica prodotta (si spiega così perché la Germania ha deciso di non puntare più sulla grande produzione di energie da fonti alternative, ma sul risparmio energetico, attraverso la diffusione di piccoli impianti domestici ad energia termica e solare); in Olanda, facendo leva sull’esperienza tedesca, hanno puntato su parchi eolici più piccoli e il risultato è stato anch’esso fallimentare, nel senso che la produzione di energia ottenuta non è riuscita a ripagare gli investimenti effettuati. Badate bene che non sto parlando di un paese qualsiasi, ma dell’Olanda, ovvero la patria dei mulini a vento.

3. Nel caso del parco eolico gravinese, dal punto di vista dell’impatto ambientale la situazione è ancora più complessa. La sua localizzazione (nel mezzo tra la diga del Basentello, il Parco dell’Alta Murgia e l’area del bosco di Difesa Grande), ricade tra tre aree ad elevato valore ambientale (così come riconosciuto anche dalle molte leggi regionali, nazionali ed europee), ovvero vicino ad uno dei più importanti corridoi ecologici tracciati dalle linee migratorie di molte specie di uccelli che collegano l’Africa, il Mediterraneo ed il nord Europa, e che la stessa Regione Puglia ha voluto inserire nella rete ecologica europea Natura 2000.

4. Ma è soprattutto dalla comparazione di vantaggi e svantaggi che l’eolico gravinese non ha davvero nessuna ragione per dirsi conveniente; per la popolazione gravinese non ci sarà alcun vantaggio diretto perché essa continuerà a pagare regolarmente l’energia elettrica consumata; di conseguenza, le centrali elettriche pugliesi non ridurranno la produzione di energia ottenuta con la combustione di petrolio, carbone e gas, e quindi l’eolico non inciderà sulla riduzione delle immissioni inquinanti; in più, ho il sospetto che chi pagherà il costo del parco eolico saremo noi utenti, o sotto forma di aumento dei costi dell’energia elettrica, o tramite aumenti delle tasse.

5. A beneficiare dell’eolico saranno i proprietari dei terreni su cui si impianteranno i pali (che percepiranno 10.000-20.000 euro), gli uffici pubblici (scuole, ospedale, municipio, ecc… che non pagheranno l’energia elettrica) ed il comune di Gravina che percepirà delle notevoli somme di denaro. A tal proposito molteplici sono gli interrogativi che mi pongo: il comune di Gravina riceverà queste somme di denaro anche a titolo di indennizzo degli impatti recati dalle pale eoliche? In che modo saranno gestite queste somme di denaro? Perché la popolazione di Gravina (favorevole o contraria all’eolico) non è mai stata consultata a tal proposito, come invece dovrebbe esserlo visti gli obblighi imposti dalla legislazione sia nazionale che europea? Il comune di Gravina ha la necessaria copertura finanziaria per realizzare quest'opera? Forse si vuole creare un deficit di bilancio per poi farne motivo di costrizione nell’accettare il parco eolico?

7. Molti cittadini gravinesi non hanno ancora le risposte a queste domande e questo è un chiaro deficit di informazione, di comunicazione, di partecipazione, che può interpretarsi come un grave deficit di democrazia.

8. Concludo con due considerazioni di ordine personale: 1) saranno impiantati più di 100 pali dal costo di euro 1.200.000,00 cui si aggiungono euro 100.000,00 di opere accessorie, per un investimento complessivo di euro 130.000.000,00 (250 miliardi di vecchie lire), che svilupperanno un maggior carico di lavoro per qualche tecnico, ma non sarà creato nessun posto fisso di lavoro e questo, per una popolazione che ha 15.000 persone iscritte al locale Centro per l’Impiego, non è né accettabile, né sostenibile; 2) i problemi della nostra comunità saranno pure quelli dell’energia, ma ce ne sono degli altri che sono irrisolti da decenni ovvero, l’alto tasso di mortalità per cancro e tumori, l’elevato inquinamento da aerosol causato anche dal traffico intenso, la mancanza di sviluppo ed occupazione, la pessima condizione socio-lavorativa (dovuta al fatto che circa il 70% delle famiglie vive di un reddito prodotto al di fuori del suo ambito comunale) e la fortissima l’emigrazione giovanile ed intellettuale. Quindi, l'eolico, anzicché ridurre, va ad aumentare quel grave deficit di democrezia da sempre esistente nella nostra comunità, dal momento che ieri, come oggi, ancora nessuna forza politica ha mai affrontato e risolto seriamente questi problemi.

Quanto la politica di coesione europea è coerente con l’idea di uno sviluppo locale di tipo inclusivo?

Per poter rispondere a questa domanda in maniera compiuta, occorre fare due considerazioni, una in riferimento al Quadro Comunitario di Sostegno (Q.C.S.) 2000-2006 e l’altra in riferimento al Quadro Strategico Nazionale (Q.S.N.) 2007-2013.
Nell’ambito degli interventi e delle politiche nei programmi del Q.C.S. 2000-2006, per sviluppo inclusivo si è fatto riferimento alla sola inclusione sociale le cui attività hanno riguardato soprattutto:
- le tematiche dell’inserimento lavorativo dei soggetti a rischio di esclusione sociale;
- la lotta e prevenzione della dispersione scolastica;
- i servizi alla persona, servizi di base per le popolazioni urbane e rurali, in particolare infrastrutturali, ed i servizi per l’economia sociale;
- la promozione a sostegno della legalità;
- le attività di formazione (che hanno assorbito circa il 70% delle risorse programmate a tal fine).
Inoltre, in fase di attuazione, la strategia inizialmente prevista, pur essendo stata basata su una pluralità di interventi, spesso di carattere innovativo, ha finito per privilegiare azioni più tradizionali, le quali,
- non tenevano sufficientemente conto delle molteplicità delle forme di esclusione sociale;
- non necessariamente coinvolgevano nuovi attori o nuove modalità di programmazione;
- non sempre consentivano alle Amministrazioni regionali di dimostrare il possesso di capacità necessarie per attuare gli interventi programmati;
- non hanno consentito alle Amministrazione di portare avanti la sfida legata ai processi di innovazione amministrativa relativamente all’e-government, per una maggiore semplificazione delle procedure e tempi di reazione relativamente al rapporto tra PA e imprese, per un maggiore ed evidente orientamento alla produzione di servizi on-line più interattivi, e quindi per una maggiore inclusività dei cittadini.
In funzione di quanto rilevato ed in previsione della nuova programmazione dei fondi strutturali per il periodo 2007-2013, le lezioni apprese l’esperienza del Q.C.S. 2000-2006 sono state due: 1) la necessità che le politiche per l’inclusione sociale richiedano una strategia più esplicita legata all’attuazione della politica nazionale; 2) operare forme di integrazione tra politiche di inclusione sociale e le politiche per lo sviluppo socioeconomico e in maniera tale che gli obiettivi e le priorità operative delle politiche di inclusione sociale siano formulati in modo da integrare le finalità di inclusione sociale con quelle più direttamente rivolte alla crescita. Pertanto, per il prossimo periodo di programmazione, il Q.S.N. 2007-2013 fa riferimento ad un concetto di sviluppo che va oltre lo stesso concetto di inclusione sociale e pone un nuovo significato per lo stesso concetto di sviluppo inclusivo.
Ciò è facilmente desumibile da tutta l’articolazione degli interventi previsti nel Q.S.N. 2007-2013 e questo perché già in sede di analisi sono state individuate le connessioni tra la prolungata stagnazione sociale e la prolungata stagnazione di produttività del nostro paese. La permanente difficoltà dello Stato nell’offrire e promuovere servizi collettivi e nel garantire condizioni generali di concorrenza, l’esistenza di un livello inadeguato di competenze, sia della popolazione adulta, sia dei giovani, l’aver constatato che vi è una scarsa innovazione imprenditoriale legata, oltre che ai primi due fattori richiamati, anche a un sistema della ricerca debole, la permanente difficoltà specifica del mercato dei capitali a sostenere sia l’innovazione imprenditoriale, sia a raggiungere livelli di efficienza atti a accompagnare le decisioni di investimento e crescita dimensionale delle imprese, sono tutti elementi che fanno capire come l’attenzione che è stata riposta per la programmazione 2007-2013, oltre a tener conto di particolari realtà come quella del Mezzogiorno, tien conto anche dei legami tra inclusione sociale e sviluppo socioeconomico (vedasi il I° e II° Memorandum italiano sulla riforma della politica di coesione e le Linee Guida per l’elaborazione del Quadro Strategico Nazionale 2007-2013) e quindi, della necessità di inquadrarli entrambi in un’ottica di sviluppo sostenibile.
Ed è anche in questa chiave che viene declinata la forte attenzione al fattore umano, alla qualità della vita, alla considerazione di parti sociali deboli, all’ambiente e alle pari opportunità, elevando queste componenti ad elementi essenziali del potenziale di sviluppo ed a fattori decisivi di innovazione.
Il modo più efficace per perseguire questi obiettivi è, ovunque, quello di promuovere competenze e produrre servizi collettivi in grado sia di attirare persone e capitali, sia di integrare tali interventi con forme mirate di incentivazione. Per questo, la strategia del Q.S.N. 2007-2013 si pone in forte coerenza con la strategia della sostenibilità di Göteborg e soprattutto con i piani di medio-lungo termine del paese volti ad attuare la strategia di Lisbona che è basata sulle seguenti priorità:
- Priorità 1. Rendere l’Europa e le Regioni più attraenti per gli investimenti e le attività delle imprese;
- Priorità 2. Promuovere la conoscenza e l’innovazione a favore della crescita;
- Priorità 3. Nuovi e migliori posti di lavoro
In funzione di ciò, il Q.S.N. 2007-2013 ha assunto quattro macro obiettivi (a) sviluppare i circuiti della conoscenza; b) accrescere la qualità della vita, la sicurezza e l’inclusione sociale nei territori; c) potenziare le filiere produttive, i servizi e la concorrenza; d) internazionalizzare e modernizzare l’economia) e dieci priorità, che dovranno essere perseguite con intensità e modalità differenziate fra le due macroaree del Centro-Nord e Mezzogiorno, in funzione degli obiettivi comunitari di riferimento (“Convergenza”, “Competitività regionale e occupazione”, “Cooperazione territoriale europea”). Il quadro di macro obiettivi e di priorità che così emerge è il seguente:
a) Sviluppare i circuiti della conoscenza
- miglioramento e valorizzazione delle risorse umane (Priorità 1);
- promozione, valorizzazione e diffusione della Ricerca e dell’innovazione per la
competitività (Priorità 2).
b) Accrescere la qualità della vita, la sicurezza e l’inclusione sociale nei territori
- energia e ambiente: uso sostenibile e efficiente delle risorse per lo sviluppo (Priorità 3);
- inclusione sociale e servizi per la qualità della vita e l’attrattività territoriale (Priorità 4).
c) Potenziare le filiere produttive, i servizi e la concorrenza
- valorizzazione delle risorse naturali e culturali per l’attrattività per lo sviluppo (Priorità 5);
- reti e collegamenti per la mobilità (Priorità 6);
- competitività dei sistemi produttivi e occupazione (Priorità 7);
- competitività e attrattività delle città e dei sistemi urbani (Priorità 8).
d) Internazionalizzare e modernizzare
- apertura internazionale e attrazione di investimenti, consumi e risorse (Priorità 9);
- governance, capacità istituzionali e mercati concorrenziali e efficaci (Priorità 10).
Pertanto, in sede conclusiva si può affermare che la politica di coesione dell’Unione Europea è fortemente coerente con l’idea di uno sviluppo locale di tipo inclusivo, dal momento che nel Q.S.N. previsto per il prossimo periodo di programmazione 2007-2013 emerge una proposta strategica globale (inclusa nei quattro macro obiettivi e nelle dieci priorità) che dovrà deliberare un’azione politica “… finalizzata, al contempo, ad integrare attori e territori diversi nei percorsi di innovazione e competitività, ed a migliorare la coesione economica, sociale e territoriale del Paese, promuovendo condizioni di vita e di partecipazione alle attività economiche sempre più incisive e sempre meno squilibrate. Il riflesso immediato di questa azione politica dovrebbe essere dunque una migliore collocazione dei territori, delle imprese e degli attori, negli scenari di competizione globale”.
In questo quadro, resterà fondamentale il ruolo giocato dagli enti locali e dalle realtà locali ed sarà difficilmente pensabile che la loro azione possa prescindere, tanto dall’uso degli strumenti di democrazia deliberativa, dall’autosostenibilità e dal modello reticolare, quanto dai due principali strumenti per conseguire la coesione sociale di cui si è fatto cenno, e cioè la “Programmazione Negoziata” e i processi di “Governance”. Quindi, per quel forte condizionamento che l’elaborazione del Q.S.N. 2007-2013 ha subito dall’esperienza del Q.C.S. 2000-2006, si può ritenere che durante la sua attuazione le varie esperienze di sviluppo socioeconomico locale, per poter conseguire meglio l’obiettivo della coesione sociale, dovranno necessariamente essere sempre di più di tipo inclusivo, soprattutto per la funzionalità che questa forma di sviluppo esprime anche da un punto di vista storico rispetto agli obiettivi ed agli scopi dell’Unione Europea.

Verso un nuovo approccio di politica ambientale per le comunità locali

EUROPA, SOSTENIBILITÀ, DIMENSIONE LOCALE E DIMENSIONE GLOBALE

PREMESSA

I paesi membri della Comunità Europea hanno sempre manifestato una elevata attenzione e preoccupazione per le problematiche dell'ambiente. La stessa Unione Europea, quale recente organizzazione politico - istituzionale sovraordinata, ha fatto propria questa sensibilità ecologica dei suoi stati membri e ciò tanto nell'ambito del suo ordinamento giuridico, quanto nei suoi obiettivi programmatici, offrendoci oggi una vasta gamma di strumenti giuridici, programmi e sostegni finanziari per gli interventi tutela dell'ambiente. Questo orientamento “verde” poggia su diversi riferimenti fondamentali, tra i quali sono senz’altro da annoverare quello di "sviluppo sostenibile" e il rapporto tra “dimensione locale” e “dimensione globale” dello sviluppo socio- economico". Questi aspetti chiave, insieme allo stesso processo di unificazione europea, costituiscono pertanto una sorta di “quadro di riferimento culturale generale” che io cercai di definire sin dal 1998 nel progetto di ricerca “VERSO UN NUOVO APPROCCIO DI POLITICA AMBIENTALE LOCALE. POLITICHE, STRUMENTI E RAPPORTI PER I TERRITORI APPULO-LUCANI (2001)”, per offrirlo a quanti, insieme a me, avrebbero dovuto collaborare successivamente nelle attività dell’ E.E.I.S. Work Group[1]. Questo studio non arrivò mai ad essere pubblicato a causa della breve durata che ebbe questo gruppo di lavoro; perciò, di questa personale esperienza professionale mi resta soltanto la piena consapevolezza di aver fatto studio unico nel suo genere ed il rammarico per le enormi energie profuse in quasi tre anni di studi in Italia e in Svezia. Tuttavia, non posso che provare piacere per chiunque voglia, e per qualsiasi motivo, prendere visione anche di una piccola sintesi di questo lavoro di ricerca.

1 La coesione economica e sociale: "Europa e dimensione locale"
Con il trattato di Maastricht, l'UE ha individuato nella politica di coesione economica e sociale uno strumento per conseguire…
"una strategia di sviluppo armonioso ed equilibrato delle attività economiche nell’insieme della Comunità, una crescita sostenibile, non inflazionistica e che rispetti l'ambiente, un elevato grado di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale e il miglioramento del tenore e della qualità della vita…" (articolo 2, trattato CE).
Questo modello di sviluppo intravede per la dimensione locale non più soltanto il luogo d'attivazione degli interventi, ma addirittura una metodologia su cui impostare tutta l'architettura dello sviluppo socio - economico e quindi anche l'obiettivo dell’integrazione europea.

2 Due dimensioni non contrapposte: "dimensione locale e dimensione globale"
La globalizzazione non produce solo processi di omologazione ma stimola anche processi di differenziazione e ricerca di prodotti innovativi legati alle peculiarità locali e perciò irriproducibili, irripetibili, ed inimitabili in altri luoghi. Per questo, più un prodotto è legato al contesto territoriale locale più è differenziato e quindi meglio può affrontare la competizione a livello mondiale. In quest'ottica, i sistemi produttivi locali diventano sempre più sistemi produttivi mondiali: la competizione si territorializza tra città, distretti, comprensori, regioni ecc…, e per reggere la concorrenza è necessario che un sistema locale si organizzi per combinare opportunità economiche, risorse ed attori, in funzione del miglioramento della qualità dell'ambiente sia fisico che sociale.

3 La programmazione negoziata: "Europa e sviluppo sostenibile"
· Definizione. La maggior parte delle politiche di sviluppo locale hanno origine nell'ambito della programmazione negoziata, ossia nell'ambito di quel "…processo decisionale che parte dal basso perché promosso dagli attori locali ed incontra il consenso degli attori regionali, nazionali e comunitari, in un tavolo di concertazione, tavolo su cui vengono definite le linee di sviluppo socio - economico locale, traducendo sul piano pratico gli orientamenti non solo di politica comunitaria, ma anche di politica nazionale e regionale".

· Caratteri
- endogena: parte dal locale con un approccio "bottom up";
- integrata: gli interventi sono inquadrati in un unico quadro programmatico ed organico, che comprende sì diversi interventi, ma che sono riconducibili ad un'unica strategia di sviluppo;
- concertata: frutto della negoziazione tra diversi attori e soggetti;
- sostenibile: attivabile in termini di risorse e capacità compatibili con un sviluppo socio - economico durevole.

· Strumenti
- Intesa istituzionale di programma
- Accordo di programma
- Contratto di programma quadro
- Patto territoriale
- Contratto d'area
- Accordo di programma
- Distretto industriale
- Contratto di quartiere
- Accordo di programma
- Agenzia di sviluppo

· Articolazione
- Nazionale: ciascun stato membro presenta un "Quadro Comunitario di Sostegno", con cui si definisce l'insieme degli interventi ed il relativo fabbisogno finanziario.
- Comunitaria: I Quadri comunitari di sostegno di ogni stato membro sono approvati dalla Commissione Europea, che possono così ottenere i finanziamenti per i piani in essi contenuti (PON - Piani Operativi Nazionali e POR - Piani Operativi Regionali).
- Regionale: La Regione Puglia e la Regione Basilicata, in quanto regioni con PIL pro - capite inferiore al 75% della media dei PIL pro - capite delle altre regioni europee, rientra nel cosiddetto "obiettivo 1", per il periodo programmatico 2000-2006 e dispongono anch'esse di un POR.

· Assi e misure del POR Puglia 2000-2006 per l’ ambiente
- Asse I - Risorse Naturali, Misure 1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5, 1.6, 1.7, 1.8, 1.9, 1.10;
- Asse IV - Sistemi di sviluppo locale, Misura 4.6;
- Asse V - Città, enti locali e qualità della vita, Misure 5.1 (azioni A, E) e 5.2.

4 Research report of University of Karlstad (Svezia): "Europa e dimensione globale"
Nell'ambito di un seminario di studi su "sostenibilità e sviluppo: il futuro delle piccole società nell'economia dinamica" sono emerse diverse indicazioni:
- la sostenibilità si consegue su scala locale;
- per gestirla si deve operare un cambiamento culturale;
- si deve puntare prevalentemente su agricoltura, servizi e formazione;
- mitigare i grandi interessi concentrati nelle grandi aree urbane e metropolitane;
- rapidità nei cambiamenti socio - economici;
- politiche flessibili;
- la sostenibilità come prodotto della concertazione;
- il locale come sistema relazionale dinamico;
- importante ruolo degli animatori dello sviluppo locale;
- sacrificare interessi sociali in favore dell'ambiente.

5 Agenda 21 locale: "sostenibilità e dimensione globale"

· Definizione.
L'Agenda XXI locale è il documento di programmatico noto come "Piano d'azione per lo sviluppo sostenibile nel mondo del 21° secolo", sul quale si sono incentrati i lavori del Earth Summit di Rio de Janeiro del 1992, organizzato dall'ONU. Materialmente si tratta di un documento di 800 pagine, in cui viene tracciato il quadro dei diritti e dei doveri per il nuovo secolo, costituendone la base programmatica per la formulazione della cosiddetta "Dichiarazione di Rio". Quindi, "l'Agenda 21 locale è lo strumento con cui si traducono gli obiettivi globali sull'ambiente in azioni locali, perseguendo lo sviluppo sostenibile dal basso verso l'alto, attraverso un processo condiviso, un approccio orizzontale che garantisca l'integrazione con altre attività gestite dagli enti, la partecipazione di tutti i gruppi e le categorie sociali per una prospettiva globale e di lungo termine, la ricerca di soluzioni innovative, la definizione dei temi ambientali da monitorare e l'impegno a delineare obiettivi e politiche di miglioramento".
· Coordinamento.
Il 29 aprile 1999 è nato "il Coordinamento Agende 21 locali" che senza dotarsi di strutture amministrative e burocratiche, si è sovrapposta ad enti locali e associazioni, con lo scopo di diffondere le migliori pratiche del settore ambiente.
· Progetti
- Città Europee Sostenibili (1996);
- Rapporto Ecosistema Urbano (1994);
- Rapporti sullo Stato dell'Ambiente (Genova, 1996; Roma, Milano, 1997; Bologna, Venezia, 1998; Modena, Torino, Arezzo, 1999).

6 Autosostenibilità: "sostenibilità e dimensione locale"

· Definizione: È il prodotto dello sviluppo sostenibile adeguato alla dimensione locale e poggia su regole politiche, sociali, economiche, ambientali e di tutela del territorio, che risultano di per sé produttive di equilibri di lungo periodo fra insediamento urbano e sistema ambientale.

· Sostenibilità politica: capacità di autogoverno delle comunità locali rispetto alle relazioni con altri sistemi decisionali esogeni e sovraordinati.

· Sostenibilità sociale: integrazione degli interessi deboli nel sistema locale, vale a dire equità.

· Sostenibilità economica: un modello di sviluppo che produca anche valore aggiunto territoriale.

· Sostenibilità ambientale: non una qualità ambientale a qualunque condizione, ma ricerca di relazione virtuose tra uomo e natura.

· Sostenibilità territoriale: capacità di un modello insediativo di produrre, riprodurre e promuovere, processi di nuova territorializzazione o riterritorializzazione.

[1] E.E.I.S. Work Group fu un team di figure professionali diversificate quali ingegneri, fisici, agronomi, geologi, chimici, biologi, economisti, sociologi, consulenti legali, ecc…, che si costituirono nel 2000 in un gruppo di lavoro per portare avanti un interessante progetto professionale di studi e ricerche nel settore dell’ambiente per i territori di Puglia e Basilicata, oggetto negli ultimi venti anni di una crescente azione antropica dell’uomo sul territorio.