mercoledì 10 ottobre 2012

Politiche del territorio in Puglia. Le ragioni del loro fallimento

Questo elaborato, è stato abbozzato per la prima volta nel 2009 durante la mia partecipazione agli incontri del Dipartimento di Territorio e Ambiente. La vecchia bozza è stata perciò riadattata quale introduzione al documento su Area metropolitana di Bari e Area Vasta Bari 2015.


Esiste un'unica chiave di lettura che può spiegare il fallimento delle politiche del territorio e più in generale il fallimento delle politiche di sviluppo in Puglia e tale chiave è data dalla "logica di accentramento" burocratico, decisionale, di funzioni amministrative e di governo che da sempre hanno contrapposto la città di Bari rispetto a tutti gli altri comuni e territori della Regione Puglia.


Se questa logica di accentramento ha avuto una sua validità nel determinare lo sviluppo della regione fino alla fine degli anni '60 (ricorderei il modello di sviluppo polarizzato intorno al triangolo industriale Bari-Brindisi-Taranto), oggi questa logica non è più valida, sia perchè le dinamiche afferenti il territorio pugliese non sono esigono più questo modello di sviluppo, sia perché gli scopi con cui questa logica di accentramento viene utilizzata non riguardano lo sviluppo del territorio, ma bensì sono funzionali a quei soggetti politici, poteri burocratico-amministrativi, lobbies, gruppi d'affari e mafie (che sono territorialmente presenti o connessi con la città di Bari), i quali fanno propri, ovvero rubano, flussi di spesa pubblica e ogni altro genere di risorsa economica e finanziaria di privata, sottraendoli dagli altri comuni e territori regionali.


La sottrazione di flussi di spesa pubblica e di risorse economiche, generava una reazione da parte dei territori e soprattutto dei sindaci dei comuni pugliesi, i quali rivendicavano maggiori poteri, maggiori servizi, maggiori funzioni, per i propri comuni. Purtroppo, però, le rivendicazioni dei sindaci non riuscivano ad essere efficaci, dal momento che queste erano, da un lato, controllate per via politico-partitica, e dall'altro venivano ammorbidite con favoritismi e concessioni, soprattutto di tipo privato-personalistico.

Molto più raramente, le richieste dei sindaci venivano soddifatte con la concessione di qualche strumento di politica del territorio, soprattutto di strumenti di programmazione del territorio, che però i burocrati baresi, in quanto espressione di quei soggetti politici, poteri burocratico-amministrativi, lobbies, gruppi d'affari e mafie accentratori, provvedevano opportunamente a "svuotare di ogni contenuto metodologico, funzionale, operativo e persino giuridico-amministrativo",

Di conseguenza, laddove la forza dei sindaci era tale da ottenere un qualche strumento di programmazione del territorio, accadeva che non era possibile neanche gestirlo nella maniera più appropriata, non solo perché era svuotato di ogni suo contenuto, ma anche perché ai sindaci, gli si faceva credere di dare attraverso gli strumenti di programmazione, veri e propri poteri di governo del territorio per far fronte a quelle esigenze da cui promanavano le rivendicazioni di poteri servizi e funzioni.


Il tutto, ovviamente, in un quadro di completa assenza di un minimo di conoscenza, competenza e di istruzioni, sul come dovevano essere istituiti ed utilizzati questi strumenti di programmazione.

Si spega così perché ancora oggi accade che mentre le dinamiche del territorio continuano a manifestare l'esigenza di sempre più elaborati ed efficaci strumenti di politica territoriale, i burocrati regionali continuano a rispondere, sia con strumenti di programmazione svuotati di ogni loro contenuto operativo, sia con il far credere ai sindaci pugliesi di poter utilizzare quei pochi strumenti di programmazione del territorio concessi, addirittura come livelli di governo intermedio tra Comune e Regione.


Questo aspetto è purtroppo comune a tutte le politiche del territorio in Puglia, che vanno dalla riforma delle autonomie locali iniziata nel 1990 con la legge n. 142/90 fino agli interventi sul paesaggio e sull'urbanistica, alle politiche ambientali, all'attuazione degli strumenti di programmazione negoziata rinvenienti dalle politiche dei governi della seconda metà degli anni '90 e, soprattutto, restano uno dei principali aspetti dell'attuazione politiche strutturali dell'Unione Europea.


Due casi emblematici su tutti, possono essere benissimo rappresentati quei temi di cui si è occupato il Dipartimento di Territorio e Ambiente, e cioè la questione dell'Area e della Città Metropolitana e la questione dell'Area Vasta Bari 2015. In questi casi, ai tavoli di concertazione sull'attuazione e sul funzionamento di questi due strumenti si è visto e si continuano a vedere le stesse cose, quasi come se concetti tipo "coesione economica e sociale", "governance", "partecipazione", "inclusione", "condivisione" e persino "sostenibilità" dei processi non dovessero far testo per i comuni ed i territori della Regione Puglia.


Pietro Perrucci







mercoledì 18 luglio 2012

Manifesto politico di ALBA e l'illegalismo della classe dirigente italiana

Si sa: il più grande problema dell'Italia di oggi è l'illegalismo delle sua classe dirigente, sia essa politica, economica, culturale. Ogni attività che viene svolta da qualsiasi soggetto (istituzione, politico, partito, impresa, imprenditore, amministratore, cittadino, ecc...), in qualsiasi ambito del paese (istituzionale, politico, economico, sociale, culturale, Pubblica Amministrazione, ecc...) è affetta da una o più violazioni alle regole giuridiche vigenti. In occasione della  mobilitazione della "due giorni di Parma" per discutere la nascita di un Nuovo Soggetto Politico (ALBA), ad una amica confirmataria di questo manifesto ho avuto modo di esprimere un pensiero, affinché lo portasse all'attenzione di questa due giorni di dibattito. Il mio pensiero fu formulato nel seguente modo: COMBATTERE CON OGNI FORMA E OGNI MEZZO L'ILLEGALISMO DELLA NOSTRA CLASSE DIRIGENTE, SIA ESSA POLITICA, ECONOMICA, INTELLETTUALE, COSTITUISCE PER ME LA PRIMA PRIORITA' , IL NOCCIOLO INTORNO AL QUALE UN MOVIMENTO CHE NASCE OGGI DEVE ERGERSI, VISTA LA SITUAZIONE DI GRAVE EMERGENZA CHE VIVE IL NOSTRO PAESE (A SEGUITO DEL FALLIMENTO DEL NOSTRO SISTEMA DEMOCRATICO). In questa sede, quindi, provo ad esprimere in maniera più ampia le ragioni di questo pensiero e la riflessione da cui esso scaturisce.

Per grandi linee, la versione che ho letto del manifesto del Nuovo Soggetto Politico ALBA, si muove su due livelli: quello relativo al fallimento del nostro sistema democratico e quello relativo al suo ruolo politico. Sul piano politico, la scelta di polarizzare il consenso intorno a questioni come il lavoro, i beni comuni, l'ambiente, la visione ecologista del sistema economico nazionale, internazionale e locale, è abbastanza condivisibile, tant'è che i consensi che si stanno raccogliendo provengono da oltre l'80% del mondo intellettuale e culturale del nostro paese. Invece, sul piano del fallimento del nostro sistema democratico, tanto l'analisi, quanto le proposte circa le modalità di superamento di questo fallimento, sembrano davvero fuori luogo.

Innanzitutto, nel manifesto del Nuovo Soggetto Politico ALBA, la crisi del nostro sistema democratico non viene colta come grave conseguenza DELL'ILLEGALISMO DELLA NOSTRA CLASSE DIRIGENTE, e pertanto non viene affatto affrontata neanche quella PERDURANTE CONDIZIONE DI ILLEICITA' DELLA VITA PUBBLICA E PRIVATA NEL NOSTRO PAESE.

Ora, a mio modo di vedere, un partito che nasce oggi non può non affrontare il problema dell'illegalismo della classe dirigente di questo paese e della conseguente illeicità della sua vita pubblica e privata, ed è per questo che io al momento non aderisco al Nuovo Soggetto Politico ALBA.

Il fatto che non si affronti né il problema dell'illegalismo della classe dirigente, né quello dell'illeicità della vita pubblica e privata, è per me un duplice motivo di meraviglia: da un lato, perché ho constatato la presenza tra i sottoscrittori del manifesto di questo nuovo soggetto politico dell'economista Guido Viale, ovvero di un intellettuale che affronta in profondità la questione dell'illegalismo della classe dirigente del nostro paese (io l'ho ascoltato nel suo intervento alla manifestazione sul tema del "Cambiamento" nei "Dialoghi Tranesi" dello scorso giugno 2012); dall'altro, perché il manifesto politico di ALBA, pur cogliendo il bisogno di riscrivere le regole del nostro sistema democratico per abolire la concentrazione del potere nei partiti, per cambiare le istituzioni e per dar vita ad una politica radicalmente diversa, non denuncia e non condanna l'illegalismo e l'illeicità del nostro sistema socio-politico.

Inoltre, il manifesto politico di ALBA, per tutta la parte che parla del nostro sistema socio-politico, si rileva essere possibilista circa il cambiamento del nostro sistema democratico, una volta che nasce ALBA; questo per me rappresenta un grave errore di valutazione perché non ci si rende assolutamente conto che l'attuale sistema, in quanto basato sull'illegalità e sull'illeicità, non gli darà alcuna possibilità di riuscire in questo intento.

In quanto poi all'analisi che fa dell'attuale crisi della democraticità del nostro sistema cosio-politico, il manifesto politico di ALBA è vero che ne denuncia i diversi aspetti negativi, come il distacco dei cittadini dai partiti, la crisi dei partiti, la crisi del sistema della rappresentanza democratica, però poi non pone soluzioni coerenti con la gravità di questo problema; anzi, da una sua lettura nel suo complesso, appare confuso e spesso in forte contraddizione come quando affronta la questione della  rappresentazione democratica nel nostro paese.

Infatti, se da una parte il manifesto politico di ALBA denuncia il fallimento del sistema della rappresentanza, dall'altra lo sostiene per le seguenti ragioni:
- è l'unico sistema che garantisce a tutti i cittadini l'espressione di voto segreto (cosa assolutamente non vera);
- ha bisogno solo di piccole modifiche;
- gli si devono affiancare forme di democrazia partecipativa;
- in altre parole, che non può essere sostituito.

Ebbene, io su questo aspetto non concordo assolutamente; se in 60 anni di Repubblica e di finta democrazia, si è visto che il sistema della rappresentanza, così come quello dei partiti e della rappresentanza dei partiti all'interno delle istituzioni, è degenerato in una crisi che è irreversibile, al punto da non potersi più percepire più il senso democratico e della legalità delle istituzioni e della vita pubblica del paese. Per questo, è inutile modificarlo... va solo abrogato e sostituito.

Bisogna prendere atto, purtroppo, che la democrazia rappresentativa in Italia non ha mai funzionato; anzi, spesso è stato lo strumento atttraverso il quale sono state fomentate quelle forme di dittatura che tutti conosciamo col nome di mafia, tangentopoli, immoralità della vita pubblica e privata, controllo e manipolazione dell'opinione pubblica con tv e stampa, sperpero e utilizzo non democratico e non legale delle risorse pubbliche, crisi economica, sociale e culturale.

Questi fenomeni non hanno permesso quelle riforme necessarie per il tanto auspicato cambiamento del nostro sistema sociopolitico, ovvero questi fenomeni hanno sempre impedito che il cambiamento si concretizzasse, si realizzasse. Pertanto, chi vuole davvero cambiare le cose, ed io credo che ALBA voglia davvero cambiare le cose, deve mettere in atto tutta una serie di iniziative, che da un lato vanno a demolire letteralmente il sistema della rappresentanza, e dall'altro impediscano l'alimentarsi ed il rinvigorirsi del sistema della rappresentanza, ovvero che chiudano i rubunetti dei soldi pubblici ai partiti, ai giornali di partito ed ai rappresentanti politici.

Una volta demolito quel sistema di democrazia a chiacchiere, bisognerebbe intervenire immediatamente sull'ordinamento giuridico per garantire legalità, giustizia e "the last but non the least" ripristinare la certezza del diritto. Poi si deve proseguire con l'introduzione di un sistema di democrazia diretta, cioè di una forma di democrazia che sia realmente partecipativa, davvero inclusiva, sia in senso orizzontale che verticale, e non come fa il manifesto politico di ALBA che ne prevede solo la forma di inclusione di tipo orizzontale.

Contestualmente, si debbono poi introdurre tutte le possibili forme di condivisione delle scelte, che perciò stesso debbono essere le più ampie possibili e quindi, che si realizzino soprattutto al di fuori dei partiti, visto che secondo me questi hanno storicamente esaurito la loro funzione democratica.

Il tutto deve poi essere finalizzato al conseguimento di quell'obiettivo della coesione sociale ed economica, aspetto quest'ultimo del tutto ignorato dal manifesto politico di ALBA.

Per me è chiaro che questo cambiamento lo si realizza anche con altri due strumenti che sono la cittadinanza attiva e la sussidiarietà verticale, quest'ultima prevista anche dal comma 4 dell'art. 118 della Costituzione.

In conclusione, quindi, voglio dire che sarebbe del tutto inutile parlare di costituzione di nuovi soggetti politici con brillanti intenti quando poi non vengono proposte efficaci soluzioni ai reali problemi del paese, e cioè quando poi non si interviene direttamente su quello che è il maggiore dei problemi del nostro paese, ovvero dell'illegalismo della classe dirigente di questo paese e la conseguente illeicità della sua vita pubblica e privata. In altre parole, se si vuole davvero un cambiamento, occorre intervenire direttamente sul nostro falso sistema democratico con le sue false regole mettendo in atto ogni sforzo per demolirlo. Se non si facesse così, ogni sforzo, ogni iniziativa, ogni impegno, per quanto brillante possa essere, sarebbe sempre inutile e perciò tutta la buona volontà di un movimento come quello di ALBA risulterebbe vanificato.


Pietro Perrucci

giovedì 5 luglio 2012

Le Aree Programma di Basilicata come strumenti per la programmazione dei fondi UE 2014-2020

Il fallimento delle sette Aree Programma nate nella Regione Basilicata a seguito della chiusura delle 14 Comunità montane, risolleva il problema della programmazione e delle sue modalità applicative. Ovviamente, il punto dolente resta sempre la metodologia, anche se credo che in questo caso – stando almeno agli articoli della stampa regionale e nazionale – il fallimento sia dovuto più ad un “vuoto programmatico”, alla “mancanza di contenuti”, che non ad una questione metodologica. Pertanto, in questo mio breve articolo, proverò a evidenziare quali sarebbero potuti essere i contenuti intorno ai quali implementare le Aree Programma.

L'analisi della rassegna stampa mi porta a delineare un quadro in cui, a seguito della chiusura delle 14 Comunità Montane della Regione Basilicata, le 7 Aree Programma si sono caratterizzate per un forte immobilismo, per guerre di campanile tra i vari comuni, per la mancanza di norme chiare sulla loro gestione, per la mancanza di strutture operative dedicate, per l'incapacità dei territori di fare sistema e per la ripetizione delle funzioni amministrative già in carico dell'Ente Provincia. A ciò si deve aggiungere anche il fatto saliente che le 14 Comunità Montane non sono state completamente chiuse per la rimanenza in carica dei loro ex-presidenti col ruolo di commissari liquidatori di questi enti, cariche che continuano a comportare una consistente spesa annua in seno al bilancio regionale.

Rispetto a questa situazione, però, non credo che sia utile parlare di mancata riduzione di spesa pubblica regionale, anche perché con la chiusura delle 14 Comunità Montane, di fatto, la spesa si è considerevolmente ridotta, anche se magari si puntava ad un loro completo azzeramento. Invece, l'aspetto che mi sembra più opportuno rimarcare è il mancato efficientamento della spesa pubbica, obiettivo che doveva essere raggiunto, non solo col l'eliminazione delle Comunità Montane, ma soprattutto con l'introduzione delle Aree programma.

Se non vi è stato efficientamento della spesa pubblica per il fatto che le Aree Programma non hanno funzionato, io credo che il fulcro della questione debba essere il loro grande vuoto programmatico con cui si sono caratterizzate. E credo anche, in tutta franchezza, che ciò non doveva essere una cosa possibile dal momento che l'Ente Regione, che è l'ente istituzionalmente deputato a svolgere funzione di programmazione, tanto sulla spesa degli enti locali, quanto sul del territorio, avrebbe dovuto intervenire sin dal primo momento coadiuvando i comuni e le popolazioni locali ad implementare questo strumento. 

Per questo, credo che si possa dire che le 7 Aree Programma sono nate e sono state gestite senza un minimo di programmazione e senza un minimo di programma da realizzare. Quello che si doveva realizzare e che non è stato realizzato, era un semplice ciclo di programmazione, tagliato sui problemi, sui bisogni, sulle carenze, sulle questioni aperte e sulle aspirazioni dei comuni e delle popolazioni locali... e nulla di più.

Comuni e popolazioni locali dovevano essere i veri attori di questo processo di programmazione, in modo da attuare i principali cardini di una moderna programmazione, “cosiddetta dal basso"; in altre parole, dovevano essere i comuni, affiancati da regione e province, a decidere tutto quel pacchetto di principi e di regole da mettere alla base della programmazione delle Aree Programma, in modo da dar vita ad una programmazione che al tempo stesso fosse concertante, condivisa, inclusiva, sostenibile ed autosostenibile”.

Ovviamente, sarebbe spettato anche ai comuni, assistiti sempre dalla Regione e dalle Province,  scegliere come spendere i soldi pubblici e decidere verso quali bisogni/obiettivi indirizzarli. Questa indicazione, non solo avrebbe evitato il formarsi di doppioni di funzioni amministrative, ma avrebbe avuto il vantaggio di indirizzare la programmazione verso la soluzione di problemi reali dei piccoli comuni e quindi, avrebbe permesso di dar seguito a quell'approccio strategico di una moderna attività di programmazione, che contempla la elevazione dei problemi delle comunità locali ad obiettivi programmatici”.

Per esempio, le sette Aree Programma avrebbero potuto essere:
a) il luogo privilegiato della concertazione e della programmazione ex-ante in-itinere ed ex-post sui fondi strutturali e sugli altri fondi dell'Unione Europea; 
b) un momento decisionale sullo sviluppo socioeconomico, sulla tutela ambientale, sulla sostenibilità;
c) lo strumento per il superamento del grado di marginalizzazione geografica della regione rispetto alle storiche triettorie dello sviluppo del nostro paese;
d) la salvaguardia dei beni storici, culturali e paesaggistici;
e) il rilancio dell'agricoltura lucana e dei prodotti tipici;
f) la gestione delle risorse idriche ed energetiche;
g) il completamento delle reti di trasporto nazionali ed internazionali;
h).... e così via...
Pertanto, per salvarle basterebbe dar loro un minimo di contenuto programmatico... In altre parole, basterebbe affidare loro anche uno solo dei temi che ho elencato.

A questo punto, però, credo che "tutto il potere decisionale" sia nelle mani della Regione. Unica speranza per i comuni, è quella di riuscire ad organizzarsi per superare quelle dannose questioni di campanile, per ragionare per orizzonti più lunghi del loro stesso naso, nonché per chiedere e/o pretendere che la Regione Basilicata attivi un ciclo di programmazione sulle "Aree Programma". Per esempio, sei io fossi un sindaco, chiederei alla Regione di trasformarle in stabili tavoli di concertazione, ovvero di farle diventare il punto di partenza della nuova programmazione 2014-2020 dei fondi UE. Se invece fossi addirittura il programmatore della Regione Basilicata, cioè, se dovevo essere io a decidere del loro destino, avrei assegnato proprio alle 7 Aree Programma la funzione di Agenzia di Sviluppo dei vari territori lucani, concentrando in esse tutta l'attività di programmazione dei fondi Strutturali, degli altri fondi comunitari, nonché delle politiche europee, connesse con il prossimo ciclo di programmazione 2014-2020.

Pietro Perrucci

Innovazione, tecnologia e ricerca. La metodologia nella proposta operativa.

Grazie a tutti Voi per l'interesse mostrato verso il mio articolo del 4 luglio 2012... E nell'accogliere tutte le vostre richieste di informazioni sulla metodologia utilizzata, cercherò qui di fare un breve discorso sulla metodologia che deve essere utilizzata secondo la mia esperienza.

Il punto di partenza sulle metodologie di progettazione da utilizzare è rappresentato da quella regola che non può esistere un unico modo di progettare, così come quasi mai è possibile impiegare le tecniche più classiche di europrogettazione, dal momento che le aziende presentano condizioni, problemi, fabbisogni, contesti operativi, ampiamente variegati tra loro. Pertanto, a causa di ciò, quando si parla di metodologie occorre fare una netta differenziazione in relazione a quei quattro livelli diversi con cui ci si confronta a livello progettuale:
1) a livello teorico;
2) a livello di analisi contestuale;
3) a livello della proposta di consulenza e/o collaborazione e/o lavoro;
4) a livello operativo.

A livello teorico, la metodologia a cui sto facendo riferimento è davvero molto distante dalla GOP, dalla LFA, dalla calssica "europrogettazione", perché in genere queste metodologie, pur essendo richieste dai bandi e dai regolamenti dei fondi strutturali, purtroppo non riescono a soddisfare tutta la variegata gamma di condizioni, problemi, fabbisogni, contesti operativi, che (come detto prima) risultano essere ampiamente variegati tra loro. Pertanto, a livello teorico il punto di partenza della mia metodologia di lavoro risulta essere sempre quell'insieme di cambiamenti che ho avuto modo di indicare nel mio precedente articolo "I cambiamento in atto nel nostro tempo: ambiti, fattori, cause e dinamiche di fondo" pubblicato in data 11 maggio 2012.

A livello di analisi contestuale (analisi di contesto), come avete potuto vedere dall'articolo "Innovazione, tecnologia e ricerca, nei fondi strutturali della Regione Puglia", nel mio caso ho ravvisato l'esigenza di lavorare su 10 livelli di sviluppo progettuale (rispetto ai 12 che ne sono generalmente previsti) e questo perché - come è stato detto - l'idea progettuale è stata già sviluppata sul piano tecnico e pertanto i 10 livelli di progettazione sono stati i seguenti:
1) PIANO OPERATIVO-STRATEGICO
2) IDEA-PROGETTO
3) ANALISI DI CONTESTO
4) PIANO DI LAVORO
5) ATTIVITA'
6) STRUTTURAZIONE
7) MANAGEMENT
8) ASSESMENT
9) RIMODULAZIONE
10) COMUNICAZIONE


A livello della proposta di consulenza e/o collaborazione e/o lavoro, qui dipende molto da azienda ad azienda. Nel mio caso mi sono orientato con la seguente articolazione:
1) ANALISI DI CONTESTO
2) IDEA-PROGETTO
3) IDEA DI BUSINESS
4) PIANO DI LAVORO (qui articolato solo sui fabbisogni e non anche sui processi, obiettivi, ecc...)
5) ATTIVITA'
6) CORRELAZIONE TRA PIANO DI LAVORO E ATTIVITA' (fondamentale sul piano del metodo)
7) STRUTTURA OPERATIVA
8) PROPOSTA DI COLLABORAZIONE

A livello operativo vero e proprio, invece, il metodo non lo si può determinare a priori, dal momento che sarà grazie all'esperienza di progettazione e di realizzazione del progetto in sé, che si evidenzierà la metodologia impegata.

Pertanto, concludo ancora una volta invitandovi a seguire gli articoli su Innovazione, tecnologie a ricerca, per completare l'analisi sulle metodologie utilizzate.

Pietro Perrucci

mercoledì 4 luglio 2012

Innovazione, tecnologia e ricerca, nei fondi strutturali della Regione Puglia

Si... purtroppo concordo con tutti voi... Voi che girate l'Italia e (da qualche tempo) anche i nuovi paesi membri dell'UE, per ricercare bandi "onesti", "puliti", in cui si rispettano tanto le regole della programmazione dei fondi strutturali (crescita dell'occupazione e lotta alla disoccupazione), quanto le priorità da essa determinate. In Italia, purtroppo non è così... Non è così neanche per la Regione Puglia che per l'ennesima volta ha individuato come soggetti eligibili a fare consulenza sui temi della innovazione, tecnologia e ricerca, le solite organizzazioni di sempre... le baronie universitarie, i centri di ricerca sponsorizzati da partiti e politici, e soprattutto i grandi studi di progettazione, cioè quei soggetti che da 30 anni (ormai) mungono dalla vacca delle burocrazie regionali. Niente di nuovo sotto il sole.... è il caso di dire: ormai, chi è eligibile a fare consulenza sono (e saranno) sempre quelle organizzazioni che sono parte stabile del circuito "tangentista": io politico ti garantisco con i regolamenti regionali l'assegnazione delle consulenze sui fondi strutturali e tu, soggetto eligibile di consulenza, giri parte dei soldi delle consulenze agli stessi politici che hanno permesso di ricevere l'eligibilità sulle consulenze. Pertanto, l'unica cosa che ci resta da fare è quella di continuare a lavorare sulla metodologia, dal momento che da ora in poi non possiamo neanche più fare europrogettazione... E pensare che doveva essere "diverso"... Mah... ma vaffanculo...

PIANO OPERATIVO-STRATEGICO
- Visione a livello di sistema socioeconomico di riferimento
- Missione a livello aziendale
- Obiettivi operativi del progetto

IDEA-PROGETTO
- Sviluppo tecnico
- Sviluppo imprenditoriale

ANALISI DI CONTESTO
- Fabbisogni
- Condizioni di pre-fattibilità tecnica, finanziaria, economica

PIANO DI LAVORO
- Sviluppo progettuale
- Integrazione dei fabbisogni
- Fattibilità

ATTIVITA'
- Articolazione dell'intervento
- Sviluppo operativo

STRUTTURAZIONE
- Comunicazione interna
- Sistema di gestione dell'informazione
- Base comune di conoscenza

MANAGEMENT
- Implementazione dell'informazione
- Gestione dei processi

ASSESMENT
- Monitoraggio e valutazione
- Implementazione dei giudizi valutativi

RIMODULAZIONE
- Livello aziendale
- Livello progettuale

COMUNICAZIONE
- Interna (Benchmarking)
- Esterna (Best-practice, bandi, premi, concorsi, advertising, ecc...)

Debbo sottolineare un aspetto metodologico molto importante: i punti che sono riportati non rappresentano in sé gli elementi del mio metodo di progettazione, che tra l'altro sarebbero 12 invece di 10. Bensì, ne sono il risultato operativo (se così si può dire) di un'attività di analisi di un contesto aziendale che ho avuto modo di analizzare recentemente sia pur in maniera non troppo approfondita (overall), finalizzata alla elaborazione di una proposta di collaborazione. Tuttavia, dal momento che l'azienda si sta apprestando al lancio sul mercato un'innovazione nel settore delle Information and Comunication Technology (I.T.C.), nel caso la proposta di collaborazione dovesse essere accettata, questo progetto potrà rappresentare un caso-studio molto significativo per testare la validità del mio metodo di progettazione. Ecco perché vi invito tutti a seguire i prossimi articoli su Innovazione, Tecnologia e Ricerca.

Pietro Perrucci
  

martedì 26 giugno 2012

3) Differenze tra piano e programma

Facendo riferimento all'evoluzione storica dei due processi di "programmazione" e "pianificazione", è possibile scoprire ulteriori ed interessanti differenze. Del processo di programmazione si fa riferimento agli anni '90, mentre per la pianificazione strategica si fa riferimento al 2003-2005.


Secondo i cardini della programmazione dello sviluppo degli anni '90, il doppio ciclo della programmazione dello sviluppo socioeconomico vedeva da un lato i “fondamenti” e dall'altro il “procedimento”. 
La ciclicità legata ai fondamenti vedeva il susseguirsi dei seguenti step:
  • PRINCIPI DELLO SVILUPPO SOCIOECONOMICO
  • ATTORI
  • DOCUMENTI DI PPROGRAMMAZIONE
  • STRUMENTI
  • INCENTIVI
  • RIFERIMENTO AL TERRITORIO
La ciclicità legata al procedimento, vedeva invece il susseguirsi dei seguenti step:
  • INIZIATIVA DEGLI ENTI PUBBLICI LOCALI
  • GERARCHIA DECISIONALE
  • CONCERTAZIONE POLITICO-ISTITUZIONALE
  • ARTICOLAZIONE (assi, misure, azioni, sub-azioni)
  • AGENZIA DI SVILUPPO
  • RENDICONTAZIONE

Secondo i cardini della pianificazione “strategica” (2003-2005), la doppia ciclicità era legata ai “requisiti” ed ai “livelli” di pianificazione.

La ciclicità legata ai requisiti, vedeva i seguenti step:
  • PARTECIPAZIONE
  • COERENZA INTERNA
  • COERENZA ESTERNA
  • BASE COMUNE DI CONOSCENZA
  • COMUNICAZIONE
  • FLESSIBILITÀ  

Invece, la ciclicità legata ai livelli della pianificazione strategica vedeva i seguenti step:
  • SCOPING
  • OBIETTIVI GENERALI E SPECIFICI
  • AZIONI DIRETTE E AZIONI ALTERNATIVE
  • ATTUAZIONE/ESECUTIVITÀ
  • MONITORAGGIO E VALUTAZIONE
  • RIMODULAZIONE/RIORIENTAMENTO


Pietro Perrucci

    lunedì 25 giugno 2012

    Il ruolo del metodologo per l'attività di valutazione

    Sempre più di frequente mi ritrovo a sentir parlare di valutatori ed anche di aspiranti valutatori che si ergono a metodologi della valutazione. La cosa non può che farmi piacere, se non fosse per il fatto che quasi nessuno sa chi realmente sia un metodologo e cosa faccia nell'ambito dei processi di valutazione. Ebbene, in questa sede provo a sintetizzare - per elementi davvero molto generali - cosa sia un metodologo per la valutazione è quali sono le sue funzioni.

    Un metodologo della è una figura altamente professionale, dotata di elevatissime competenze che gli consentono di utilizzare tutte le possibili metodologie, i diversi strumenti ed le varie tecniche di valutazioni esistenti, nell'ambito dei vai processi e contesti valutativi. Cosìcché, mentre un normale valutatore si occupa di rilevare i dati del monitoraggio, eseguire le stime, elaborare i giudizi valutativi ed effettuare l'attività di reporting, il metodologo...

    1. SCEGLIE I METODI, LE TECNICHE E GLI STRUMENTI, DI VALUTAZIONE

    2. PREPARA I PIANI DI VALUTAZIONE IN FUNZIONE DEL CONTESTO, DEGLI OBIETTIVI E DEL TIPO DI PROCESSO

    3. GESTISCE TUTTA L'ATTIVITA' DI VALUTAZIONE

    4. EFFETTUA LA METAVALUTAZIONE

    5. INDIVIDUA GLI OGGETTI DELLA VALUTAZIONE, GLI ELEMENTI DA VALUTARE, I CRITERI DI VALUTAZIONE

    6. FORMULA LE DOMANDE VALUTATIVE

    7. PREPARA QUELLA BASE COMUNE DI CONOSCENZA, OVVERO IL LINGUAGGIO DELLA VALUTAZIONE

    8. STRUTTURA IL PROCESSO DI VALUTAZIONE IN FUNZIONE DELLA IMPLEMENTAZIONE DEI SUOI ESITI

    9. ASSISTE E COORDINA L'ESECUZIONE DELLE ATTIVITA' DI VALUTAZIONE

    10. SUPPORTA L'ATTIVITA' DEL POLICY MAKER NELLA GESTIONE DI UN PROCESSO DI POLICY



    Pietro Perrucci

    giovedì 21 giugno 2012

    Il Progetto Bibliomurgia come best-practice e benchmarking

    Mi sembra ormai affermato che le tecniche di europrogettazione che vengono di solito utilizzate (GOPP, GCP, LFA, ecc...) non riescono ad essere quasi mai esaustive della portata di un progetto da mettere a finanziamento con i fondi strutturali e altri fondi comunitari. Quelle tecniche di europrogettazione, ormai, sono scadute a pura prassi nella compilazione delle istruttorie e quindi, per poter meglio rispondere alle esigenze di una più moderna e complessa attività di progettazione, si deve ricorrere, invece, a strumenti, tecniche e metodologie, più spinte come quelle che ho utilizzato per il Progetto Bibliomurgia. Non è un caso, che il Progetto Bibliomurgia, a tre anni esatti dalla sua presentazione, è ancora oggi oggetto di discussione e confronto; di questo progetto, infatti, mi si continuano a chiedere degli elementi cardini di quella progettazione articolata sui bisogni, problemi, soggetti diversi, nonché sulle difficoltà per la sua implementazione nelle attività dell'Ente Parco Nazionale dell'Alta Murgia. Quindi, per rispondere alle molteplici e diversificate richieste di informazioni che ricevo, ho pensato di rendere noti alcuni di quei elementi progettuali con la speranza che possano servirvi, soprattutto per la valutazione di best-practice e/o benchmarking nell'ambito della vostra attività di europrogettazione.

    1) RICERCA DELL'INFORMAZIONE
    In rappresentanza di tre soggetti di cittadinanza attiva (una cooperativa sociale, un'associazione ecologista ed un'associazione culturale), mi ritrovai ad essere investito del compito di proporre una iniziativa in seno alla "Commissione per la biodiversità", commissione che si era istituita nel settembre del 2008 nel Parco Nazionale dell'Alta Murgia, per elaborare un calendario di eventi per la successiva primavera del 2009. In quel momento, presso la sede del Parco, era in atto l'elaborazione del Piano per il Parco ed i pianificatori che vi stavano lavorando stavano incotrando non poche difficoltà nell'acquisire alcune informazioni storico-culturali sulla condizione socio-antropologica del territorio del Parco, perché le biblioteche entro cui potevano essere ricercate tali informazioni erano affetti da numerosi problemi (mancanza del personale, impossibilità di fruire del loro patrimonio librario, mancanza di archivi informatizzati, scarsità di risorse, ecc...) Fu così, che maturai l'idea di proporre un convegno sulla condizione delle biblioteche esistenti nei comuni del territorio del Parco dell'Alta Murgia, convinto che questo convegno potesse essere utile sia al Parco, per il fabbisogno di informazioni sulle sue attività di pianificazione, sia alle stesse biblioteche che in questo modo potevano trovare nella collaborazione con il Parco quelle risorse e quei strumenti di cui avevano bisogno. L'esito del convegno fu straordinario, soprattutto per la disponibilità delle biblioteche e del Parco a fare sinergia per risolvere i loro rispettivi problemi. Grazie a questa duplice disponibilità, quindi, l'Ente parco decise di dar seguito ad un'analisi di contesto: mi mise a disposizione un'auto di servizio, un autista e un rappresentante del Consiglio dei Comuni del Parco, ed attraverso questi riuscii a ricavare tutti quei dati e tutte quelle informazioni “preziose” ai fini dello sviluppo del Progetto Bibliomurgia.

    2) ANALISI DI CONTESTO
    a) individuazione dei problemi delle biblioteche;
    b) strutturazione dei problemi;
    c) analisi dei rapporti di causa-conseguenza su ogni problema rilevato;

    3) OPERATIVITÀ
    a) elevazione dei problemi di contesto ad obiettivi del Progetto Bibliomurgia;
    b) analisi dei fabbisogni;
    c) prefattibilità sui fabbisogni;

    4) INTERVENTO
    a) elaborazione/articolazione dell'intervento;
    b) ricerca delle possibili fonti di finanziamento;
    c) modalità di implementazione del progetto per Ente Parco e biblioteche;

    5) LOGICA
    a) Partecipazione;
    b) Conoscenza;
    c) Coerenza;
    d) Implementazione;
    e) Flessibilità;
    f) Comunicazione;

    6) FUNZIONI
    a) Studio, ricerca e sviluppo;
    b) Management;
    c) Assistenza tecnica;

    7) COMPETENZE
    a) Policy maker
    b) Analista statistico-contabile;
    c) Archivisti;
    d) Operatori informatici;

    8) ATTIVITÀ DA PIANIFICARE
    a) Azioni su Parco e biblioteche;
    b) Tempo;
    c) Budget;
    d) Monitoraggio;
    e) Valutazione;
    f) Reporting

    9) METODOLOGIA
    a) strutturazione dell'intervento a doppia ciclicità;
    b) elaborazione teorica ed esecutività;
    c) consequenzialità verticale;
    d) consequenzialità interciclica;
    e) Masterplan e piani dettagliati di intervento;
    f) Rispondenze metodologiche con le tecniche di europrogettazione;

    10) PROGETTAZIONE
    a) Proposta progettuale elaborata in termini di vision e mission;
    b) Disponibilità e fattibilità su competenze, strumenti tecnologici, dotazione finanziaria;
    c) Disegno e framework;
    d) Monitoraggio e valutazione;
    e) Assistenza tecnica e rendicontazione;
    f) Comunicazione.


    Pietro Perrucci

    mercoledì 13 giugno 2012

    Il nucleo di valutazione nei comuni

    Emerge, oggi più che mai, la necessità di operare un intervento sulle inefficienze della Pubblica Amministrazione (P.A.) e un valido strumento sarebbe quello dei "nuclei di valutazione". Ovviamente, la più imporrtante prerogativa affinché un nucleo di valutazione possa funzionare è la completa indipendenza dei suoi valutatori, elemento questo che purtroppo, ancora oggi, stenta ad affermarsi. Ed è proprio di questi giorni la notizia che nell'ambito della formazione dei nuclei di valutazione valutazione dei comuni italiani, l'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (A.N.C.I.) sta formando e costituendo una lista di valutatori che potranno essere impiegati dai vari comuni per le loro attività. Come si può facilmente intuire, un valutatore proposto dall'A.N.C.I., non potrà mai essere libero ed imparziale nel valutare le attività di un comune, per il semplice fatto che è doppiamente legato ad esso dal compenso che gli darà il comune e dalla sponsorizzazione dell'A.N.C.I. Sarebbe come chiedere alle varie associazioni di imprese di far valutare dai propri consulenti le "performance" delle aziende iscritte... O ancora, sarebbe come chiedere ai sindacati di valutare la produttività del lavoro dei propri iscritti... Dunque, come si può facilmente intuire, se non è possibile svolgere oggettivamente un'attività valutazione nei confronti di chi ci paga lo stipendio e di chi, al tempo stesso, ci sponsorizza per lavorare, occorre innanzitutto rifuggire da questa ennesima contraddizione all'italiana, ed in secondo luogo, occorre impostare quanto prima meccanismi di selezione che consentano "efficacemente" di selezionare valutatori realmente indipendenti. In funzione di ciò, provo a dare qualche generica indicazione sul "cosa fanno", sul "come dovrebbero costituirsi" e sul "come dovrebbero operare" i nuclei di valutazione in seno alle amministrazioni comunali.

    Funzione: valutano tutti i processi in atto, conclusi ed in divenire, presso l'Ente comunale.

    Scopo: eseguono misurazioni, stime e giudizi valutativi, al fine di gestire, ottimizzare e rendere efficienti ed efficaci tutte le attività del Comune presso cui si sta operando.

    Costituzione: devono essere composti da valutatori selezionati e quindi, non sponsorizzati, patrocinati o raccomandati, sulla base delle loro competenze e sulla base della loro indipendenza dall'Ente.

    Competenze: devono esservi valutatori con adeguata e documentata formazione, dal momento che in Italia, il criterio dell'esperienza non è purtroppo un affidabile criterio di selezione e di indipendenza... (si sa che lavorano solo e sempre gli sponsorizzati dei partiti e/o politici di turno).

    Conoscenze a supporto della valutazione: analista statistico, ingegnere gestionale, sociologo, economista, legale, esperto di comunicazione, policy maker.

    Operatività per fasi:
    1. Individuazione dei processi da valutare.
    2. Creazione di una base comune di conoscenza su obiettivi, funzioni, strumenti, metodi, tecniche e linguaggio della valutazione.
    3. Predisposizione dei sistemi di monitoraggio (almeno fisico, procedurale e finanziario), scelta degli indicatori e definizione delle modalità di gestione e trattamento dei dati.
    4. Rilevazione e interpretazione dei dati per poi passare alla elaborazione dei report valutativi.
    5. Pubblicazione/Comunicazione degli esiti della valutazione.
    6. Implementazione dei risultati della valutazione nei vai processi dell'Ente comunale.

    Modalità di valutazione: ex-ante, on-going, ex-post, e per tutte il doppio livello "overall" & "in-depth"

    Tipologie di processi da valutare:
    - l'attuazione delle politiche, programmi, piani e progetti, del governo locale;
    - la gestione dei processi amministrativi e amministrativo-contabili dell'Ente comunale;
    - i servizi e le funzioni comunali offerti al pubblico, alle famiglie, alle imprese e ad altri enti/istituzioni;
    - l'osservanza di leggi e norme, nonché di politiche, programmi, piani e progetti, derivanti da organismi sovraordinati al Comune, di tipo comunitario, nazionale, regionale, provinciale e sovracomunale (coerenza esterna);
    - le dinamiche in atto e problemi storici/aperti/irrisolti nella realtà sociale, economica e culturale della comunità locale;

    Metodologie di lavoro: P.E.S.T., P.E.S.T.A.C., P.E.S.T.A.C. + I.G.A., per il supporto a tutte le attività dell'Ente comunale, alla sua compagine governativa ed alla sua organizzazione amministrativa.

    Pietro Perrucci

    martedì 12 giugno 2012

    2) Altre differenze tra Piano e Programma

    Sinteticamente, provo a darvi altre differenze tra Piano e Programma. Ovviamente, chi vorrà potrà contattarmi alla mail pietroperrucci@yahoo.it
    Differenze
    Programmazione
    Pianificazione
    Output/Esito del processo
    Programma
    Piano
    si ragiona in termini di ...
    Risorse, strumenti, tempo e spazio
    Operatività, Azioni dirette, indirette e alternative
    Obiettivi
    Generali
    Operativi
    Cosa si deve fare...
    Articolazione degli Obiettivi
    Contestualizzazione dell'operatività
    Livello dell’intervento
    Settore e/o sottosettore macroeconomico     
    Ripartizioni dei settori e/o sottosettori macroeconomici
    Approccio
    Organizzativo
    Esecutivo

    Pietro Perrucci

    venerdì 11 maggio 2012

    I cambiamenti in atto nel nostro tempo: ambiti, fattori, cause e dinamiche di fondo

    Eccovi presentata quella che dovrebbe essere la "matrice culturale" del tempo che stiamo vivendo, e cioè della nostra contemporaneità. Gli ambiti ed i contesti di intervento, i fattori e le cause di cambiamento, nonché le dinamiche oggi in atto, altro non sono che una parte di quel grande quadro culturale entro il quale ho sviluppato migliorato ed ottimizzato, la metodologia che è alla base dell'agire dei policy maker e dei policy analyst.




    Ambiti e
    contesti di intervento
    CAMBIAMENTI IN ATTO
    Fattori e cause
    Dinamiche di fondo
    Politica
    - Caduta del muro di Berlino;
    - Tangentopoli;
    - Unificazione europea;
    - Crescente ruolo politico delle OO.GG e O.N.G.;
    - Riforme amministrative;
    - Dal “top-down” al “bottom-up”.
    Dalla democrazia rappresentativa, alla democrazia deliberativa, partecipata, diretta
    Cultura
    - Multiculturalismo;
    - Programmazione;
    - Rivoluzione informatico-digitale;
    - Cultura del limite;
    - Evoluzione Linguaggio;
    - Nuovi strumenti di comunicazione (ICT);
    - Modelli organizzativi reticolari;
    - Destrutturazione della famiglia, del tempo e dello spazio;
    - Sistemi aperti e dinamici;
    - Sostenibilità-Autosostenibilità/Ecologia-Ecocompatibilità
    Postmodernismo
    Economia
    - Internazionalizzazione;
    - Globalizzazione e crisi della globalizzazione;
    - Emersione della dimensione locale;
    - Specializzazione produttiva;
    - Innovazione (processo e prodotto);
    - Liberalizzazioni e privatizzazioni;
    - Nascita del settore “no profit”;
    - Neoliberismo.
    Dall'economia dualistica, all'economia matura.
    Ambiente
    - Disastri ambientali (Chernobyl, Fukushima, BP OIL, ecc...);
    - Inquinamento globale (effetto serra, buco nell'ozono, isola di plastica);
    - Crescita demografica planetaria;
    - Nuove attenzioni e nuove sensibilità ambientali;
    - Sviluppo sostenibile;
    - Protocollo di Kyoto.
    Dallo sviluppo incontrollato, alla ottimizzazione nell'uso delle risorse.
    Società
    - Boom socioeconomico degli anni '60 e '80;
    - Emancipazione sociale e femminile;
    - Crisi degli anni '70;
    - Società dei consumi;
    - Primato della politica su altri ambiti di potere;
    - Crisi della politica e crescita delle forme di dissenso;
    - Organizzazione dei sistemi urbani e territoriali;
    - Secolarizzazione;
    - Individualismo;
    - Rapidità dei cambiamenti e capacita di adattamento.
    Dalla società preindustriale, alla società postindustriale
    Tecnologia
    - Computer, informatica, W.E.B.;
    - Telecomunicazioni e nuovo ruolo dei m.c.m.;
    - Telematica, Cibernetica e sistemi intelligenti;
    - Passaggio dall'analogico al digitale;
    - Progressi in tutti settori ricerca (mappatura del genoma umano, fisica dei materiali, fisica della materia).
    Rivoluzione informatica e digitale



    Pietro Perrucci

    venerdì 4 maggio 2012

    Cosa fare per ridurre tasse e sprechi

    Eccovi il testo della mail che ho inviato al Governo quale contributo per ridurre sprechi e tasse.


    Gentilissimi inoccupati membri del Governo italiano,

    per poter ridurre gli sprechi basta fare 7 semplici cose:

    1) pubblicare il bilancio dello stato italiano, rendendolo leggibile a tutti;

    2) monitoraggio giornaliero e divulgazione dei dati monitorati su i tre principali ambiti del bilancio dello Stato, ovvero spesa pubblica, entrate fiscali e debito pubblico;

    3) riforma delle retribuzioni della P.A. e semplificazione a 6 fasce retributive, cioè:
    I - 1000 euro lordi tutto compreso da dare a categorie tipo tirocinanti/praticanti/stagisti/corsisti/ecc...;
    II - 2000 euro lordi tutto compreso da dare a categorie tipo volontari, lavoratori occasionali e lavoratori a progetto;
    III- 3000 euro lordi tutto compreso da dare a categorie tipo lavoratori e dipendenti che svolgono mansioni di tipo non qualificato e/o generico;
    IV - 4000 euro lordi tutto compreso da dare a categorie tipo lavoratori e dipendenti che svolgono mansioni di tipo qualificato e/o tecnico;
    V - 5000 euro lordi tutto compreso da dare a categorie tipo dirigenti e funzionari;
    VI - 6000 euro lordi tutto compreso da dare a categorie tipo manager, e cariche istituzionali, da darsi senza ulteriori benefici e solo dopo aver conseguito gli obiettivi previsti all'atto dell'affidamento dell'incarico.

    4) riforma delle pensioni a sole due fasce pensionistiche chi ha versato poco tipo disoccupati ed inoccupati 1500 euro netti; chi ha versato molto tipo funzionari e manager 2000 euro netti.

    5) applicare il prezzo più basso esistente nel mercato a chi fa forniture di materiali, medicinali, servizi, ecc..., anche se il prezzo fatto nella gara di appalto che hanno vinto era più alto.

    6) riforma del finanziamento pubblico ai partiti:
    I - riconoscere la carica di dipendente pubblico qualificato e/o tecnico (che così riceveranno uno stipendio di 4000 euro lordi per tutta la durata del loro mandato) ai soli segreterari nazionali, regionali, provinciali e comunali di tutti i partiti che riescono ad essere rappresentati rispettivamente nei vari consigli di Camera/Senato, Consiglio regionale, Consiglio provinciale, Consiglio comunale;
    II - riconoscere rimborso spese "una tantum" da darsi una volta e solo in caso di durata massima della legislatura, per ogni partito rappresentato nei vari consigli, e cioè: 100.000 euro per partiti rappresentati in Camera e Senato; 50.000 euro per partiti rappresentati in Consiglio regionale; 25.000 euro per partiti rappresentati in Consiglio provinciale; e 12.500 euro per partiti e/o liste civiche rappresentate nel Consiglio comunale.
    III - riconoscimento di un vitalizio di 1500 euri netti a tutti coloro che ricoprono cariche di deputato, senatore e consigliere regionale, provinciale e comunale, a tutti coloro che hanno rivestito per un minimo di 5 anni (ovvero che portano a termine la legislatura) nei vari consigli di Camera/Senato, Consiglio regionale, Consiglio provinciale, Consiglio comunale;

    7) Piano per l'occupazione su 5 milioni tra disoccupati, inoccupati, mobilitati esodati.

    Vorrei informarvi altresì che questo testo sarà contemporaneamente pubblicato altrove.

    Cordialità

    giovedì 26 aprile 2012

    PROGRAMMA POLITICO, PROGRAMMA ELETTORALE

    Cari colleghi, è con immenso dispiacere che debbo comunicarvi l'impossibilità di non poter esprimere nessun parere sui programmi presentati dai quattro candidati sindaci alle prossime elezioni comunali della mia città, dal momento che come ben sapete, io non mi occupo di programmi elettorali ma bensì di programmi politici. La differenza tra i due tipi di programmi è tanto semplice quanto notevole, ovvero, mentre un programma elettorale è pieno di promesse, un programma politico è pieno di problemi. Oltre a non essere un programma elettorale, i programmi politici sono anche diversi per forma e contenuti ed è per questo che vorrei darvi dei suggerimenti, nel caso vi troviate un giorno a scrivere dei programmi politici.

    Un programma politico non è un'autobiografia di un candidato sindaco, né una sua lettera di presentazione, né un Curriculum Vitae, né una cosa privata, personale, come un soprannome, utilizzati al solo scopo di far parlare di sé... nel bene e nel male.

    Un programma politico non è uno slogan di banalità e di retorica, non è una propria foto, non è un proprio book fotografico e neanche una foto “fotomontata”, pubblicati su un volantino, una brochure, un manifesto pubblicitario, un flyer. Di conseguenza, un programma politico non può essere un sito web e neanche un profilo Facebook.

    Un programma politico, poi, non è...una cosa autoreferenziale, come una discrasia, un dramma psicoanalitico, né tantomeno quello che dice lo psicoanalista e/o lo psichiatra... (qui dipende dalla gravità della malattia).

    Un programma politico non è quindi, un discorso sui massimi sistemi per poi dare 100 euro per ogni componente della tua famiglia, o peggio ancora scadere nel promettere posti di lavoro, e dimenticarsi così di essere in quel momento padri e madri, fratelli e sorelle, figli e nonni.

    Un programma politico non è un compito d'italiano di seconda media, né una lettera d'amore, una poesia d'amore, una canzone d'amore, così come non può mai essere né una battuta o una barzelletta.

    Un programma politico non è un l'uso dei colori, disegni, grafiche pubblicitarie, o luci psichedeliche di una discoteca, utilizzati forse per far dimenticare il grigiore e la tristezza della politica che non riesce più a risolvere i problemi dell vita quotidiana.

    Un programma politico non è quello che dice, l'associazione, il partito, la legge, l'istituzione, la religione, l'ideologia, la televisione.

    Un programma politico non è neanche un prato verde, un fiore e più di ogni altra cosa, un programma politico non può essere un rossetto mostrato con fallica allusione alle armi ed alla violenza/pornografia del potere.

    E poi, in fondo in fondo, un programma politico non è... neanche leggersi tutte stè cazzate...

    Bensi, un programma politico è... NU STUZZOUN D F-KAZZ P LA MUTATELL E L BOCCONGEIN, MANGIET ALL SEI D MATIN, PRIM D SCI' A FUNGE SOUP ALLA MURGE... Ci l'à capit ebbun... ci s-no so cazz touwe...

    Un programma politico è... UN GROSSO PEZZO DI FOCACCIA CON LA MORTADELLE E I BOCCONCINI, MANGIATO ALLE SEI DEL MATTINO, PRIMA DI ANDARE A FUNGHI SULLA MURGIA. Se l'hai capito bene... altrimenti sono problemi tuoi...

    A policy agenda is... A BIG PIECE OF FOCACCIA PIZZA WITH MORTADELLA SAUSAGE AND BOCCONCINI FRESH CHEESE, EATING/EATED AT SIX IN THE MORNING, BEFORE TO LOOKING FOR MUSHROOMS ON THE MURGIA HILLS... Do you understand?

    Une programme politique est … UN GRANDE PIÉCE/MORSEAU DE FOCACCIA AVEC DE LA MORTADELLE ET DES BOCCONCINI, MANGÈ À SIX HEURE DANS LE MATIN, AVANT D'ALLER À LA RECHERCHE DES CHAMPIGNONS SUR LES COTEAUX DE MURGIA. As-tu compris?

    Pietro Perrucci

    mercoledì 18 aprile 2012

    COMIC COMEDIANS ARE THE MOST SERIOUS PERSON IN ITALY....

    Comics are the most serious, clever and cute, person in Italy. That's because I suggest to all european diplomacies to work for these eligible person in Italian Government Team:

    President of Republic of Italy Mr. ROBERTO BENIGNI


    Prime Minister Mr. BEPPE GRILLO















    Deputy Prime Minister Mrs. PAOLA CORTELLESI


    Minister of Foreign Affair Mr. DARIO FO'




    Minister of the Interior Mr. ENZO IACHETTI




    Minister for Human Rights and Direct Democracy Mrs. LUCIANA LITIZZETTO















    Minister of Health Mr. DANIELE LUTTAZZI


    Minister of Justice Mrs. SABRINA GUZZANTI


    Minister of Defence Mr. CORRADO GUZZANTI


    Minister of Environment Mr. DARIO VERGASSOLA



    Minister of Education Mr. MAGO FOREST


    Minister of Labour Mr. PAOLO ROSSI


    Minister of Economic Development Mr. CHECCO ZALONE


    Minister of Agricolture Mr. ROSARIO FIORELLO


    Minister for Food and International Aid Mr. GIOBBE COVATTA


    Minister of Public Administration Mr. GENE GNOCCHI


    Minister of Regional Affair Mr. ANTONIO ALBANESE


    Minister of Social Affair and Family Mrs. FRANCA RAME


    Minister of Tourism Mr. ANTONIO CORNACCHIONE


    Minister of Industrial Policy Mrs. GEPPI CUCCIARI


    Minister of Relation to Parliament Mr. CLAUDIO BISIO


    Minister of Cultural Heritage Mrs. CARLA SIGNORIS


    Minister of Power and Energy Policy Mrs. TERESA MANNINO


    Minister of Transport Mrs. DEBORA VILLA


    Minister of National and International Commerce Mr. ENRICO BERTOLINO


    Minister of Public Works and Facilities Mrs. SERENA DANDINI


    Minister of Cohesion Mrs. FRANCESCA REGGIANI



    Minister of Governance Mrs. MARINA MASSIRONI


    Minister of Welfare Mrs. MARGHERITA ANTONELLI
    antonelli


    Minister of Comunication Mrs. ALESSANDRA FAIELLA
    Alessandra Faiella La Mia Milano

    Minister of Research and Innovation Mrs. LELLA COSTA


    Minister For Corruption and Bribery Struggling Mr. MAURIZIO CROZZA



    Minister for Gender's Parity Mrs. ROSALIA PORCARO


















    Chief/President of Camera Mrs. GIOVANNI STORTI










    Chief/President of Senato Mr. GIACOMO PORETTI


    Government Secretary and Spokesman Mr. ALDO BAGLIO



    Please, help italian people to keep smiling for ever...

    Pietro Perrucci




    mercoledì 28 marzo 2012

    S.A.C. una scheda di sintesi

    In sintesi, quello che ho inviato a tutti i colleghi pugliesi nel gennaio 2011 sui Sistemi Ambientali e Culturali, ovvero sull'ennesimo fallimento della programmazione dello sviluppo dei sistemi territoriali.

    1. Obiettivi del SAC

    1. Migliorare l’attrattività del singolo bene, del SAC e di tutto il territorio di riferimento;
    2. Ampliare le possibilità di fruizione a livello di singolo bene, del SAC e del territorio;
    3. Sviluppare il settore del turismo;
    4. Favorire percorsi avanzati di sviluppo locale;
    5. Favorire percorsi avanzati di cooperazione territoriale internazionale (mai trattato);
    6. Sostenibilità
    2. Azioni del SAC

    1. Coordinare gli interventi;
    2. Potenziare le relazioni esistenti e le “relazioni potenziali”;
    3. Individuare e gestire le risorse del Sistema Ambientale e Culturale;
    4. Coniugare l’offerta infrastrutturale con le dinamiche territoriali complessive;
    5. Coinvolgimento dei soggetti;
    6. Promozione del turismo;
    7. Organizzazione delle attività di coordinamento, animazione del partenariato, informazione e comunicazione in un soggetto unico referente per la Regione;
    8. Riferimento alle Aree Vaste ed ai Sistemi Turistici Locali;
    9. Messa in rete dei sistemi culturali;
    10. Mettere in atto una Gestione innovativa;
    11. Elaborare progetti territoriali di valorizzazione integrata ambientale e culturale con riferimento alle linee 4.2, 4.3, 4.4;
    12. Integrazione funzionale, territoriale e distrettuale, di valorizzazione e fruizione;
    13. Inserimento dei beni all’interno di una rete di fruizione;
    14. Coinvolgimento dei privati nella fase di gestione ed organizzazione delle attività;
    15. Incremento dei visitatori in un’ottica di destagionalizzazione e/o di diversificazione;
    16. Interventi di valorizzazione e di fruizione: a) sistemi di connessione; attrezzature multimediali (per attività didattiche, laboratori e promozionali); c) servizi di accoglienza, assistenza, intrattenimento per l’infanzia, informazione, guida, assistenza didattica e centri d’incontro; d) promozione e comunicazione dell’offerta culturale, marketing, piani e programmi, indagini e ricerche di mercato, consulenza tecnica ed organizzativa per la gestione dei servizi, eventi culturali e integrazione; e) spese editoriali, cataloghi, sussidi cartacei audiovisivi informatici, produzioni culturali; f) acquisizione di Sotfware;

    3. Metodo del SAC

    1. Progetto generatore di entrate;
    2. Modalità di gestione innovativa in merito alla utilizzazione dei servizi offerti e alle condizioni di sostenibilità ambientale finanziaria ed organizzativa;
    3. La sostenibilità diventa criterio della progettazione e obiettivo delle misure 4.2.2 e 4.4.2;
    4. Domande da riportare SAC

    1. In quasi tutti i comuni ci sono beni appartenenti e/o gestiti da enti e/o soggetti diversi dal Comune che risultano essere tutti ugualmente eligibili come soggetti beneficiari dell’intervento (Enti ecclesiastici, Fondazioni, Soggetti di diritto pubblico, Sovrintendenze, Enti parco, ecc…). Dovendo il Comune aderire ad un solo SAC, cosa succede tra questo soggetto e gli altri enti/soggetti proprietari e/o gestori di beni culturali ed ambientali in caso di mancato accordo e/o di disaccordo sul SAC? L’adesione di un comune al SAC dovrà necessariamente prevedere l’implementazione in questo SAC anche di beni di non sua proprietà/gestione, oppure è possibile che questi beni non vengano implementati, o ancora, che vengano inclusi in altre reti e/o sistemi?
    2. Per le spese si andrà a preventivo o a consultivo (rendicontazione)?

    Pietro Perrucci


    Il S.A.C. del Parco Nazionale dell'Alta Murgia

    Ai miei colleghi baresi e non, per ricordarvi che fu alla riunione del partenariato al Parco dell'Alta Murgia il momento esatto in cui appresi che la consulenza tecnica andò al Politecnico.

    Ero seduto ad uno dei 4 tavoli tecnici che si erano formati (Idea-Forza e Strategia) e se si esclude la formazione dei tavoli tecnici ricordo perfettamente che nessun altro elemento di una normale attività di programmazione fu considerato nell'ambito di quel SAC.

    Ricordo anche in maniera particolarte che il tavolo tecnico Idea-Forza e Strategia era presieduto dalla responzabile del Politecnico di Bari, la quale non volle né discutere, né mettere a verbale tutte le proposte che erano emerse in quel contesto e di conseguenza, non accettò né di discutere, né di confrontarsi, su una particolare proposta/modello di SAC Murgiano, che si basava sulla caratteristica della "ruralità" di questo parco naturale.

    Ovviamente, non furono considerate neanche altre due proposte che pure mi sembravano altrettanto interessanti e cioè quella della "gastronomia", proposta da un docente della Facoltà di Agraria dell'Università di Bari, e la mia proposta che era basata sulla "messa a sistema delle manifestazioni formative, ambientali, culturali ed artistiche, con le altre attività turistiche" del Parco, proposta che aveva pure ricevuto il supporto e la condivisione della maggior parte dei soggetti che erano presenti intorno a quel tavolo, in quanto rispecchiava in pieno le indicazioni del Piano Pluriennale di Attuazione dell'Asse IV, del FESR della Regione Puglia 2007-2013.

    Per cui l'idea-forza che passò fu una teorica quanto indefinita "idea di lentezza del paesaggio" che in quanto teorica ed indefinita, era quindi tutta da progettare/pianicicare/programmare.

    La mia contrarietà a questa idea fu manifestata molto chiaramente ed in maniera diretta alla rappresentante del Politecnico, dicendo ad essa e a tutti i soggetti seduti intorno a quel tavolo quanto segue: "Facendomi portavoce di almeno 5 soggetti seduti a questo tavolo, esprimo la contrarietà alla Vostra idea di lentezza del paesaggio, della quale non si condivide nulla di tutto ciò che si è detto, per i seguenti motivi: 1) Idea-Forza e Strategia del SAC Murgiano, non dovrebbero andare su cose campate in aria, ma devono essere tagliate sugli obiettivi del PPA, ovvero sviluppo turistico, sviluppo socioeconomico locale endogeno, cooperazione territoriale internazionale e sostenibilità"; 2) non si condivide il suo atteggiamento arrogante di non voler verbalizzare le altre proposte che pure sono emerse in questo tavolo, così come non si condivide il suo atteggiamento di non voler neanche discuterle, così come invece le viene richiesto dai soggetti seduti al tavolo". 

    Come se non bastasse, nella seduta pomeridiana, dove i 5 tavoli del partenariato erano riuniti in un unico tavolo, la rappresentante del Politecnico non riferì nulla di tutto quello che si era discusso e riferì cose di cui non si era affatto discusso, né deciso, rilevandosi per questo molto falsa e intellettualmente disonesta.

    Molto probabilmente, la sua incondivisa ed indiscussa idea di SAC la si doveva approvare a tutti i costi, ovvero si doveva approvare un modello di SAC che molto probabilmente, la rappresentante del Politecnico aveva  predisposto al di fuori di quel tavolo.

    La cosa peggiore di questa disavventura, però, fu il fatto che nessuno dei rappresentanti istituzionali del Parco Naturale dell'Alta Murgia presenti a quel tavolo, si oppose a questo sua atteggiamento per nulla concertativo, per nulla intenzionato a discutere ed a confrontarsi.

    A sto punto, cari colleghi, non credo che oggetto delle nostre riunioni debba essere soltanto l'atteggiamento arrogante dei rappresentanti istituzionali che "dirottano" i proccessi di programmazione nella regione Puglia, ma si deve considerare questo fenomeno in funzione degli altri elementi della programmazione che vengono puntualmente disattesi, paventando non chiari rapporti tra Regione, Politechico, parchi e comuni pugliesi.

    Inoltre, mi preme altresì proporvi di insistere con maggior forza sull'importanza dei tavoli di "partenariato" e di "concertazione" nell'ambito dei processi di programmazione, dal momento che senza di essi è impossibile generare quel consenso necessario affinché un processo programmazione possa andare a buon fine.

    Pietro Perrucci



    Pietro Perrucci

    lunedì 26 marzo 2012

    Rete Europea della Pietra a Secco

    1. Presentazione

    Il progetto REPS (Rete Europea della Pietra a secco) è stato concepito per creare una rete di informazione europea che consolida la cooperazione internazionale in favore dello sviluppo locale, iniziando proprio dal patrimonio in pietra a secco.

    Questa antica eredità si estende lungo tutta una considerevole quantità di regioni continentali ed insulari dell'Unione Europea, senza dimenticare la sua presenza in molte regioni europee extracomunitarie.

    E' sufficiente osservare il paesaggio delle zone agricole delle regioni Europee, per rendersi conto dell'importanza di tale patrimonio: i terrazzamenti per le coltivazioni, le caselle per il riparo di uomini ed animali, le strutture per gli allevamenti, i muretti per delimitare le proprietà o le zone coltivate, i sistemi di drenaggio e le condotte dell'acqua per evitare l'inondazione delle aree coltivate, etc.

    Le ripercussioni sull'ambiente sono anche notevoli. Si può sottolineare il ruolo come "habitat" di specie animali e vegetali ed il controllo dei processi d'erosione mediante i terrazzamenti.

    Oggi il patrimonio in pietra a secco subisce una degradazione molto forte a causa dei problemi delle zone agricole: l'abbandono, il declino demografico, gli usi incompatibili con la conservazione di questo patrimonio, la perdita di elementi culturali...

    Il patrimonio in pietra a secco può diventare un elemento di rivalutazione ed un motore di sviluppo per queste zone.

    Bisogna dunque trovare delle alternative che permetteranno allo stesso tempo, di salvare un patrimonio estremamente prezioso e di mantenere uno sviluppo duraturo di questi luoghi.

    Si sono avute molteplici iniziative a livello europeo in materia di pietra a secco, dopo gli anni ottanta, che hanno riunito ricercatori, costruttori, amministrativi, gestori....

    Oggi, si sente il bisogno di raggruppare, trasmettere e diffondere le esperienze acquisite affinchè il patrimonio in pietra a secco, diventi questo motore di sviluppo locale. Ed è proprio per tale motivo che è nato il progetto REPS.


    1. Scopi
    L'obiettivo globale del progetto REPS è quello di creare una rete europea della pietra a secco, al fine di consolidare la cooperazione europea internazionale per lo sviluppo locale attraverso la promozione e la riabilitazione del mestiere di costruttore in pietra a secco, la rivalutazione delle costruzioni già esistenti , dei paesaggi e delle attività tradizionali, applicando innovazioni di utizzo.
    L'obiettivo finale è quello di stabilire e divulgare strategie improntate a riattivare economicamente le zone agricole delle regioni europee che possiedono un congruo patrimonio in pietra a secco, a partire dalla divulgazione e scambio di eperienze che hanno appunto come traguardo, la formazione, la ricerca e lo sviluppo locale.

    Per raggiungere questo obiettivo generale, occorre portare a termine i seguenti sotto-obiettivi:
    • Divulgare e scambiare le esperienze sulla formazione dei muratori in pietra a secco per raggiungere l'accordo sul metodo di lavoro più appropriato, in modo da trasmetterlo come mestiere per creare una nuova forma di occupazione.
    • Scambiarsi ed integrare le esperienze per la creazione di un sistema di qualificazione che assicuri appunto la qualità a livello europeo.
    • Proporre modelli nuovi per la classificazione delle costruzioni.
    • Accordarsi per divulgare le tecniche di riabilitazione e ristrutturazione.
    • Scambiarsi le esperienze sullo sviluppo locale per rinforzare la promozione dei mestieri al fine di riutilizare le strutture.
    • Creare dei sistemi permanenti di scambio di esperienze e dibattiti sul tema della pietra a secco.

    Pietro Perrucci

    Corso di formazione didattica su Responsabilità sociale d'impresa, per studenti di teologia e/o morale cattolica

    1. Introduzione
    Per Responsabilità Sociale d'Impresa (o Corporate Social Responsibility, CSR) si intende l'integrazione di preoccupazioni di natura etica all'interno della visione strategica d'impresa: per certi aspetti, essa rappresenta un insieme di regole e comportamenti a cui devono attenersi le grandi, piccole e medie imprese, al fine di gestire efficacemente le problematiche derivanti dalle loro attività economico-aziendali per via degli impatti sociali ed etici che le imprese riversano sia al loro interno, sia all'esterno (ovvero, nelle zone in cui operano).

    Il principale riferimento per questo corso sarà il “Libro Verde: Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese, Commissione Europea 18/7/2001", strumento con il quale l'Unione Europea definisce espressamente la Responsabilità Sociale d'Impresa come “un’azione volontaria volta integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”.

    La Responsabilità Sociale d'Impresa trova nella Costituzione italiana due importanti riferimenti:

    - per l’attività economica, si fa riferimento all'articolo 41, che recita: "L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.";
    - come percorso di cittadinanza attiva, si fa riferimento all'articolo 118, comma 4, che recita: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni, favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli ed associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”.

    La Responsabilità Sociale d'Impresa trova poi importanti punti di convergenza con i principi e con i valori dell'etica, della morale e della dottrina della chiesa, per via di alcuni importanti principi a cui si informano si suoi contenuti, ovvero:

    • rispetto e dignità della persona umana;
    • beni comuni e comunanza dei beni;
    • socialità;
    • universalità dei beni;
    • universalità dei beni comuni;
    • sussidiarietà;
    • solidarietà/fratellanza;
    • cooperazione.
    2. I Contenuti

    a) Lo standard SA 8000

    La Social Accountability International (SAI), organizzazione internazionale nata nel 1997, ha emanato la norma SA 8000 per assicurare nelle aziende condizioni di lavoro che rispettino la responsabilità sociale, un approvvigionamento giusto di risorse ed un processo indipendente di controllo per la tutela dei lavoratori: lo standard SA 8000 (Social Accountability ovvero Rendicontazione Sociale) è lo standard più diffuso a livello mondiale per la responsabilità sociale di un’azienda ed è applicabile ad aziende di qualsiasi settore, per valutare il rispetto da parte delle imprese ai requisiti minimi in termini di diritti umani e sociali. In particolare, lo standard prevede otto requisiti specifici collegati ai principali diritti umani ed un requisito relativo al sistema di gestione della responsabilità sociale in azienda:

    • escludere il lavoro minorile ed il lavoro forzato
    • il riconoscimento di orari di lavoro non contrari alla legge
    • corrispondere una retribuzione dignitosa per il lavoratore
    • garantire la libertà di associazionismo sindacale
    • garantire il diritto dei lavoratori di essere tutelati dalla contrattazione collettiva
    • garantire la sicurezza sul luogo di lavoro
    • garantire la salubrità del luogo di lavoro
    • impedire qualsiasi discriminazione basata su sesso, razza, orientiamento politico, sessuale, religioso

    b) Lo standard AA1000


    Lo standard AA1000 (o AccountAbility 1000) è uno standard di processo elaborato per valutare i risultati delle imprese nel campo dell'investimento etico e sociale e dello sviluppo sostenibile.

    Creato nel 1999 dalla britannica ISEA (Institute of Social and Ethical Accountability) si tratta di uno standard nato per consentire, alle organizzazioni che lo vogliano adottare, la promozione della qualità dei processi di "social and ethical accounting, auditing and reporting" in modo da garantire il miglioramento della responsabilità sociale dell’impresa. Attraverso la AA1000 si può dimostrare l’impegno per il rispetto dei valori etici attraverso strumenti oggettivi, imparziali e trasparenti. I benefici che l’azienda ottiene adottando questo standard consistono soprattutto nel rafforzamento del rapporto con gli stakeholder, migliorando la partecipazione, la fiducia e il mantenimento di buone relazioni nel tempo; può inoltre derivarne un miglioramento del dialogo con le Istituzioni e la Pubblica Amministrazione, riducendo le conflittualità ed instaurando un rapporto di mutua collaborazione ed arricchimento.

    c) Lo standard ISO 26000


    Dal 26 al 30 settembre 2005 si svolse a Bangkok la seconda riunione del gruppo ISO sulla Responsabilità sociale delle imprese (Working Group Social Responsibility), nel corso della quale sono stati fatti notevoli progressi verso una nuova norma sulla responsabilità sociale: la ISO 26000.

    Uno dei principali successi del meeting di Bangkok è stato quello di stabilire una prima struttura del documento per la ISO 26000. Il gruppo ISO ha infatti raggiunto un accordo sull'organizzazione dei contenuti della norma, la cui pubblicazione definitiva è avvenuta a novembre del 2010.

    Perché la norma sia frutto del contributo di tutti gli interessati alla responsabilità sociale, il processo di definizione della ISO 26000 prevede la collaborazione dei rappresentanti di ben sei categorie di stakeholders: imprese, governi, lavoratori, consumatori, organizzazioni non governative e altri.

    La futura norma è inoltre anche una risposta all'istanza presentata dalComitato economico e sociale europeo (CESE) secondo l'opinione al riguardo "strumenti di misura e di informazione sulla responsabilità sociale delle imprese in un’economia globalizzata": la responsabilità sociale delle imprese dovrà divenire una forza di impulso nel quadro di una strategia planetaria sullo sviluppo sostenibile.

    d) La Responsabilità Sociale del Territorio


    Nell'ultimo periodo è nata una nuova declinazione della responsabilità sociale, non solo riferita alla singola impresa, ma a tutta la collettività. Questa declinazione è particolarmente indirizzata e calzante per la realtà italiana a causa della composizione territoriale (Piccole-medie imprese, tendenzialmente raggruppate in distretti industriali collegati in forma reticolare).

    La strategia della Responsabilità Sociale D'impresa per stimolare le imprese ad assumere comportamenti responsabili, viene ora calata in un nuovo contesto, dove il soggetto promotore è tutta la comunità, tutto il territorio nel quale vivono e operano i diversi portatori di interesse.

    Il passaggio da una "responsabilità singola e/o individuale" ad una "responsabilità collettiva" ha l'obiettivo di accompagnare le istituzioni e le organizzazioni (pubbliche e private; profit e non profit) in un percorso di costruzione condivisa dove le giuste istanze economiche vanno coniugate con le attenzioni sociali e ambientali nell'ottica di uno sviluppo sostenibile.

    La CSR Territoriale ha come scopo quello di migliorare la qualità della vita della comunità.



    3. Gli obiettivi e le finalità confessionali e religiose del corso

    Per ciascuno dei contenuti che sono stati individuati le seguenti valenze religiose:


    Lo standard SA 8000

    Contenuti
    Valore/principio religioso
    1. escludere il lavoro minorile ed il lavoro forzato
    DIGNITA’ DELLA PERSONA UMANA
    1. il riconoscimento di orari di lavoro non contrari alla legge
    DIGNITA’ DELLA PERSONA UMANA
    1. corrispondere una retribuzione dignitosa per il lavoratore
    DIGNITA’ DELLA PERSONA UMANA
    1. garantire la libertà di associazionismo sindacale
    SOCIALITÀ
    1. garantire il diritto dei lavoratori di essere tutelati dalla contrattazione collettiva
    DIGNITA’ DELLA PERSONA UMANA
    1. garantire la sicurezza sul luogo di lavoro
    DIGNITA’ DELLA PERSONA UMANA   
    1. garantire la salubrità del luogo di lavoro
    DIGNITA’ DELLA PERSONA UMANA
    1. impedire qualsiasi discriminazione basata su sesso, razza, orientiamento politico, sessuale, religioso
    DIGNITA’ DELLA PERSONA UMANA




    Lo standard AA1000

    Contenuti
    Valore/principio religioso
    1. valutare i risultati delle imprese nel campo dell'investimento etico e sociale e dello sviluppo sostenibile.
    BENE COMUNE,
    COMUNANZA DI BENI,
    1. la promozione della qualità dei processi di "social and ethical accounting, auditing and reporting"
    BENE COMUNE,
    COMUNANZA DI BENI,
    1. l miglioramento della responsabilità sociale dell’impresa
    BENE COMUNE,
    COMUNANZA DI BENI,
    1. l’impegno per il rispetto dei valori etici attraverso strumenti oggettivi, imparziali e trasparenti
    BENE COMUNE,
    COMUNANZA DI BENI,
    1. rafforzamento del rapporto con gli stakeholder
    BENE COMUNE,
    COMUNANZA DI BENI,
    1. partecipazione,
    SOCIALITÀ
    1. fiducia,
    SOCIALITÀ
    1. mantenimento di buone relazioni nel tempo
    SOCIALITÀ
    1. dialogo con le Istituzioni e la Pubblica Amministrazione,
    SUSSIDIARIETÀ
    1. riduzione delle conflittualità.
    SOCIALITÀ



    Lo standard ISO 26000


    Contenuti
    Valore/principio religioso
    1. 1. collaborazione con imprese,
                  SOLIDARIETÀ,    
    1. 2. collaborazione con governi,
    SUSSIDIARIETÀ,
    1. 3. collaborazione con lavoratori,
    SOCIALITÀ,
    1. 4. collaborazione con consumatori,
    FRATELLANZA
    1. 5. collaborazione con organizzazioni non governative,
    COOPERAZIONE
    1. 6. collaborazione con altri soggetti.
    SOLIDARIETÀ,




    La Responsabilità Sociale del Territorio

    Contenuti
    Valore/principio religioso
    1. Territorio
    UNIVERSALITÀ DEI BENI,
    BENI COMUNI
    2. Ambiente
    UNIVERSALITÀ DEI BENI,
    BENI COMUNI
    3. Ecosistema
    UNIVERSALITÀ DEI BENI,
    BENI COMUNI
    4. Materie prime
    UNIVERSALITÀ DEI BENI,
    BENI COMUNI
    5. Sostenibilità
    UNIVERSALITÀ DEI BENI,
    BENI COMUNI
    6. Ecosostenibilità
    UNIVERSALITÀ DEI BENI,
    BENI COMUNI
    7. Ecocompatibilità
    UNIVERSALITÀ DEI BENI,
    BENI COMUNI
    8. Leggi e regole sullo smaltimento dei rifiuti da attività industriali e manifatturiere
    UNIVERSALITÀ DEI BENI,
    BENI COMUNI


    4. Metodo

    La metodologia di apprendimento prevede, nella maggior parte delle ore del corso, delle lezioni frontali cui seguiranno anche alcune ore di esercitazione pratica per comprendere la portata professionale dei vari standards proposti.


    5. Soggetti elegibili alla frequentazione del corso

    Studenti dell'Istituto.



    6. I Proponenti

    Dr. Francesco Paterno

    Dr. Pietro Perrucci