mercoledì 18 luglio 2012

Manifesto politico di ALBA e l'illegalismo della classe dirigente italiana

Si sa: il più grande problema dell'Italia di oggi è l'illegalismo delle sua classe dirigente, sia essa politica, economica, culturale. Ogni attività che viene svolta da qualsiasi soggetto (istituzione, politico, partito, impresa, imprenditore, amministratore, cittadino, ecc...), in qualsiasi ambito del paese (istituzionale, politico, economico, sociale, culturale, Pubblica Amministrazione, ecc...) è affetta da una o più violazioni alle regole giuridiche vigenti. In occasione della  mobilitazione della "due giorni di Parma" per discutere la nascita di un Nuovo Soggetto Politico (ALBA), ad una amica confirmataria di questo manifesto ho avuto modo di esprimere un pensiero, affinché lo portasse all'attenzione di questa due giorni di dibattito. Il mio pensiero fu formulato nel seguente modo: COMBATTERE CON OGNI FORMA E OGNI MEZZO L'ILLEGALISMO DELLA NOSTRA CLASSE DIRIGENTE, SIA ESSA POLITICA, ECONOMICA, INTELLETTUALE, COSTITUISCE PER ME LA PRIMA PRIORITA' , IL NOCCIOLO INTORNO AL QUALE UN MOVIMENTO CHE NASCE OGGI DEVE ERGERSI, VISTA LA SITUAZIONE DI GRAVE EMERGENZA CHE VIVE IL NOSTRO PAESE (A SEGUITO DEL FALLIMENTO DEL NOSTRO SISTEMA DEMOCRATICO). In questa sede, quindi, provo ad esprimere in maniera più ampia le ragioni di questo pensiero e la riflessione da cui esso scaturisce.

Per grandi linee, la versione che ho letto del manifesto del Nuovo Soggetto Politico ALBA, si muove su due livelli: quello relativo al fallimento del nostro sistema democratico e quello relativo al suo ruolo politico. Sul piano politico, la scelta di polarizzare il consenso intorno a questioni come il lavoro, i beni comuni, l'ambiente, la visione ecologista del sistema economico nazionale, internazionale e locale, è abbastanza condivisibile, tant'è che i consensi che si stanno raccogliendo provengono da oltre l'80% del mondo intellettuale e culturale del nostro paese. Invece, sul piano del fallimento del nostro sistema democratico, tanto l'analisi, quanto le proposte circa le modalità di superamento di questo fallimento, sembrano davvero fuori luogo.

Innanzitutto, nel manifesto del Nuovo Soggetto Politico ALBA, la crisi del nostro sistema democratico non viene colta come grave conseguenza DELL'ILLEGALISMO DELLA NOSTRA CLASSE DIRIGENTE, e pertanto non viene affatto affrontata neanche quella PERDURANTE CONDIZIONE DI ILLEICITA' DELLA VITA PUBBLICA E PRIVATA NEL NOSTRO PAESE.

Ora, a mio modo di vedere, un partito che nasce oggi non può non affrontare il problema dell'illegalismo della classe dirigente di questo paese e della conseguente illeicità della sua vita pubblica e privata, ed è per questo che io al momento non aderisco al Nuovo Soggetto Politico ALBA.

Il fatto che non si affronti né il problema dell'illegalismo della classe dirigente, né quello dell'illeicità della vita pubblica e privata, è per me un duplice motivo di meraviglia: da un lato, perché ho constatato la presenza tra i sottoscrittori del manifesto di questo nuovo soggetto politico dell'economista Guido Viale, ovvero di un intellettuale che affronta in profondità la questione dell'illegalismo della classe dirigente del nostro paese (io l'ho ascoltato nel suo intervento alla manifestazione sul tema del "Cambiamento" nei "Dialoghi Tranesi" dello scorso giugno 2012); dall'altro, perché il manifesto politico di ALBA, pur cogliendo il bisogno di riscrivere le regole del nostro sistema democratico per abolire la concentrazione del potere nei partiti, per cambiare le istituzioni e per dar vita ad una politica radicalmente diversa, non denuncia e non condanna l'illegalismo e l'illeicità del nostro sistema socio-politico.

Inoltre, il manifesto politico di ALBA, per tutta la parte che parla del nostro sistema socio-politico, si rileva essere possibilista circa il cambiamento del nostro sistema democratico, una volta che nasce ALBA; questo per me rappresenta un grave errore di valutazione perché non ci si rende assolutamente conto che l'attuale sistema, in quanto basato sull'illegalità e sull'illeicità, non gli darà alcuna possibilità di riuscire in questo intento.

In quanto poi all'analisi che fa dell'attuale crisi della democraticità del nostro sistema cosio-politico, il manifesto politico di ALBA è vero che ne denuncia i diversi aspetti negativi, come il distacco dei cittadini dai partiti, la crisi dei partiti, la crisi del sistema della rappresentanza democratica, però poi non pone soluzioni coerenti con la gravità di questo problema; anzi, da una sua lettura nel suo complesso, appare confuso e spesso in forte contraddizione come quando affronta la questione della  rappresentazione democratica nel nostro paese.

Infatti, se da una parte il manifesto politico di ALBA denuncia il fallimento del sistema della rappresentanza, dall'altra lo sostiene per le seguenti ragioni:
- è l'unico sistema che garantisce a tutti i cittadini l'espressione di voto segreto (cosa assolutamente non vera);
- ha bisogno solo di piccole modifiche;
- gli si devono affiancare forme di democrazia partecipativa;
- in altre parole, che non può essere sostituito.

Ebbene, io su questo aspetto non concordo assolutamente; se in 60 anni di Repubblica e di finta democrazia, si è visto che il sistema della rappresentanza, così come quello dei partiti e della rappresentanza dei partiti all'interno delle istituzioni, è degenerato in una crisi che è irreversibile, al punto da non potersi più percepire più il senso democratico e della legalità delle istituzioni e della vita pubblica del paese. Per questo, è inutile modificarlo... va solo abrogato e sostituito.

Bisogna prendere atto, purtroppo, che la democrazia rappresentativa in Italia non ha mai funzionato; anzi, spesso è stato lo strumento atttraverso il quale sono state fomentate quelle forme di dittatura che tutti conosciamo col nome di mafia, tangentopoli, immoralità della vita pubblica e privata, controllo e manipolazione dell'opinione pubblica con tv e stampa, sperpero e utilizzo non democratico e non legale delle risorse pubbliche, crisi economica, sociale e culturale.

Questi fenomeni non hanno permesso quelle riforme necessarie per il tanto auspicato cambiamento del nostro sistema sociopolitico, ovvero questi fenomeni hanno sempre impedito che il cambiamento si concretizzasse, si realizzasse. Pertanto, chi vuole davvero cambiare le cose, ed io credo che ALBA voglia davvero cambiare le cose, deve mettere in atto tutta una serie di iniziative, che da un lato vanno a demolire letteralmente il sistema della rappresentanza, e dall'altro impediscano l'alimentarsi ed il rinvigorirsi del sistema della rappresentanza, ovvero che chiudano i rubunetti dei soldi pubblici ai partiti, ai giornali di partito ed ai rappresentanti politici.

Una volta demolito quel sistema di democrazia a chiacchiere, bisognerebbe intervenire immediatamente sull'ordinamento giuridico per garantire legalità, giustizia e "the last but non the least" ripristinare la certezza del diritto. Poi si deve proseguire con l'introduzione di un sistema di democrazia diretta, cioè di una forma di democrazia che sia realmente partecipativa, davvero inclusiva, sia in senso orizzontale che verticale, e non come fa il manifesto politico di ALBA che ne prevede solo la forma di inclusione di tipo orizzontale.

Contestualmente, si debbono poi introdurre tutte le possibili forme di condivisione delle scelte, che perciò stesso debbono essere le più ampie possibili e quindi, che si realizzino soprattutto al di fuori dei partiti, visto che secondo me questi hanno storicamente esaurito la loro funzione democratica.

Il tutto deve poi essere finalizzato al conseguimento di quell'obiettivo della coesione sociale ed economica, aspetto quest'ultimo del tutto ignorato dal manifesto politico di ALBA.

Per me è chiaro che questo cambiamento lo si realizza anche con altri due strumenti che sono la cittadinanza attiva e la sussidiarietà verticale, quest'ultima prevista anche dal comma 4 dell'art. 118 della Costituzione.

In conclusione, quindi, voglio dire che sarebbe del tutto inutile parlare di costituzione di nuovi soggetti politici con brillanti intenti quando poi non vengono proposte efficaci soluzioni ai reali problemi del paese, e cioè quando poi non si interviene direttamente su quello che è il maggiore dei problemi del nostro paese, ovvero dell'illegalismo della classe dirigente di questo paese e la conseguente illeicità della sua vita pubblica e privata. In altre parole, se si vuole davvero un cambiamento, occorre intervenire direttamente sul nostro falso sistema democratico con le sue false regole mettendo in atto ogni sforzo per demolirlo. Se non si facesse così, ogni sforzo, ogni iniziativa, ogni impegno, per quanto brillante possa essere, sarebbe sempre inutile e perciò tutta la buona volontà di un movimento come quello di ALBA risulterebbe vanificato.


Pietro Perrucci

giovedì 5 luglio 2012

Le Aree Programma di Basilicata come strumenti per la programmazione dei fondi UE 2014-2020

Il fallimento delle sette Aree Programma nate nella Regione Basilicata a seguito della chiusura delle 14 Comunità montane, risolleva il problema della programmazione e delle sue modalità applicative. Ovviamente, il punto dolente resta sempre la metodologia, anche se credo che in questo caso – stando almeno agli articoli della stampa regionale e nazionale – il fallimento sia dovuto più ad un “vuoto programmatico”, alla “mancanza di contenuti”, che non ad una questione metodologica. Pertanto, in questo mio breve articolo, proverò a evidenziare quali sarebbero potuti essere i contenuti intorno ai quali implementare le Aree Programma.

L'analisi della rassegna stampa mi porta a delineare un quadro in cui, a seguito della chiusura delle 14 Comunità Montane della Regione Basilicata, le 7 Aree Programma si sono caratterizzate per un forte immobilismo, per guerre di campanile tra i vari comuni, per la mancanza di norme chiare sulla loro gestione, per la mancanza di strutture operative dedicate, per l'incapacità dei territori di fare sistema e per la ripetizione delle funzioni amministrative già in carico dell'Ente Provincia. A ciò si deve aggiungere anche il fatto saliente che le 14 Comunità Montane non sono state completamente chiuse per la rimanenza in carica dei loro ex-presidenti col ruolo di commissari liquidatori di questi enti, cariche che continuano a comportare una consistente spesa annua in seno al bilancio regionale.

Rispetto a questa situazione, però, non credo che sia utile parlare di mancata riduzione di spesa pubblica regionale, anche perché con la chiusura delle 14 Comunità Montane, di fatto, la spesa si è considerevolmente ridotta, anche se magari si puntava ad un loro completo azzeramento. Invece, l'aspetto che mi sembra più opportuno rimarcare è il mancato efficientamento della spesa pubbica, obiettivo che doveva essere raggiunto, non solo col l'eliminazione delle Comunità Montane, ma soprattutto con l'introduzione delle Aree programma.

Se non vi è stato efficientamento della spesa pubblica per il fatto che le Aree Programma non hanno funzionato, io credo che il fulcro della questione debba essere il loro grande vuoto programmatico con cui si sono caratterizzate. E credo anche, in tutta franchezza, che ciò non doveva essere una cosa possibile dal momento che l'Ente Regione, che è l'ente istituzionalmente deputato a svolgere funzione di programmazione, tanto sulla spesa degli enti locali, quanto sul del territorio, avrebbe dovuto intervenire sin dal primo momento coadiuvando i comuni e le popolazioni locali ad implementare questo strumento. 

Per questo, credo che si possa dire che le 7 Aree Programma sono nate e sono state gestite senza un minimo di programmazione e senza un minimo di programma da realizzare. Quello che si doveva realizzare e che non è stato realizzato, era un semplice ciclo di programmazione, tagliato sui problemi, sui bisogni, sulle carenze, sulle questioni aperte e sulle aspirazioni dei comuni e delle popolazioni locali... e nulla di più.

Comuni e popolazioni locali dovevano essere i veri attori di questo processo di programmazione, in modo da attuare i principali cardini di una moderna programmazione, “cosiddetta dal basso"; in altre parole, dovevano essere i comuni, affiancati da regione e province, a decidere tutto quel pacchetto di principi e di regole da mettere alla base della programmazione delle Aree Programma, in modo da dar vita ad una programmazione che al tempo stesso fosse concertante, condivisa, inclusiva, sostenibile ed autosostenibile”.

Ovviamente, sarebbe spettato anche ai comuni, assistiti sempre dalla Regione e dalle Province,  scegliere come spendere i soldi pubblici e decidere verso quali bisogni/obiettivi indirizzarli. Questa indicazione, non solo avrebbe evitato il formarsi di doppioni di funzioni amministrative, ma avrebbe avuto il vantaggio di indirizzare la programmazione verso la soluzione di problemi reali dei piccoli comuni e quindi, avrebbe permesso di dar seguito a quell'approccio strategico di una moderna attività di programmazione, che contempla la elevazione dei problemi delle comunità locali ad obiettivi programmatici”.

Per esempio, le sette Aree Programma avrebbero potuto essere:
a) il luogo privilegiato della concertazione e della programmazione ex-ante in-itinere ed ex-post sui fondi strutturali e sugli altri fondi dell'Unione Europea; 
b) un momento decisionale sullo sviluppo socioeconomico, sulla tutela ambientale, sulla sostenibilità;
c) lo strumento per il superamento del grado di marginalizzazione geografica della regione rispetto alle storiche triettorie dello sviluppo del nostro paese;
d) la salvaguardia dei beni storici, culturali e paesaggistici;
e) il rilancio dell'agricoltura lucana e dei prodotti tipici;
f) la gestione delle risorse idriche ed energetiche;
g) il completamento delle reti di trasporto nazionali ed internazionali;
h).... e così via...
Pertanto, per salvarle basterebbe dar loro un minimo di contenuto programmatico... In altre parole, basterebbe affidare loro anche uno solo dei temi che ho elencato.

A questo punto, però, credo che "tutto il potere decisionale" sia nelle mani della Regione. Unica speranza per i comuni, è quella di riuscire ad organizzarsi per superare quelle dannose questioni di campanile, per ragionare per orizzonti più lunghi del loro stesso naso, nonché per chiedere e/o pretendere che la Regione Basilicata attivi un ciclo di programmazione sulle "Aree Programma". Per esempio, sei io fossi un sindaco, chiederei alla Regione di trasformarle in stabili tavoli di concertazione, ovvero di farle diventare il punto di partenza della nuova programmazione 2014-2020 dei fondi UE. Se invece fossi addirittura il programmatore della Regione Basilicata, cioè, se dovevo essere io a decidere del loro destino, avrei assegnato proprio alle 7 Aree Programma la funzione di Agenzia di Sviluppo dei vari territori lucani, concentrando in esse tutta l'attività di programmazione dei fondi Strutturali, degli altri fondi comunitari, nonché delle politiche europee, connesse con il prossimo ciclo di programmazione 2014-2020.

Pietro Perrucci

Innovazione, tecnologia e ricerca. La metodologia nella proposta operativa.

Grazie a tutti Voi per l'interesse mostrato verso il mio articolo del 4 luglio 2012... E nell'accogliere tutte le vostre richieste di informazioni sulla metodologia utilizzata, cercherò qui di fare un breve discorso sulla metodologia che deve essere utilizzata secondo la mia esperienza.

Il punto di partenza sulle metodologie di progettazione da utilizzare è rappresentato da quella regola che non può esistere un unico modo di progettare, così come quasi mai è possibile impiegare le tecniche più classiche di europrogettazione, dal momento che le aziende presentano condizioni, problemi, fabbisogni, contesti operativi, ampiamente variegati tra loro. Pertanto, a causa di ciò, quando si parla di metodologie occorre fare una netta differenziazione in relazione a quei quattro livelli diversi con cui ci si confronta a livello progettuale:
1) a livello teorico;
2) a livello di analisi contestuale;
3) a livello della proposta di consulenza e/o collaborazione e/o lavoro;
4) a livello operativo.

A livello teorico, la metodologia a cui sto facendo riferimento è davvero molto distante dalla GOP, dalla LFA, dalla calssica "europrogettazione", perché in genere queste metodologie, pur essendo richieste dai bandi e dai regolamenti dei fondi strutturali, purtroppo non riescono a soddisfare tutta la variegata gamma di condizioni, problemi, fabbisogni, contesti operativi, che (come detto prima) risultano essere ampiamente variegati tra loro. Pertanto, a livello teorico il punto di partenza della mia metodologia di lavoro risulta essere sempre quell'insieme di cambiamenti che ho avuto modo di indicare nel mio precedente articolo "I cambiamento in atto nel nostro tempo: ambiti, fattori, cause e dinamiche di fondo" pubblicato in data 11 maggio 2012.

A livello di analisi contestuale (analisi di contesto), come avete potuto vedere dall'articolo "Innovazione, tecnologia e ricerca, nei fondi strutturali della Regione Puglia", nel mio caso ho ravvisato l'esigenza di lavorare su 10 livelli di sviluppo progettuale (rispetto ai 12 che ne sono generalmente previsti) e questo perché - come è stato detto - l'idea progettuale è stata già sviluppata sul piano tecnico e pertanto i 10 livelli di progettazione sono stati i seguenti:
1) PIANO OPERATIVO-STRATEGICO
2) IDEA-PROGETTO
3) ANALISI DI CONTESTO
4) PIANO DI LAVORO
5) ATTIVITA'
6) STRUTTURAZIONE
7) MANAGEMENT
8) ASSESMENT
9) RIMODULAZIONE
10) COMUNICAZIONE


A livello della proposta di consulenza e/o collaborazione e/o lavoro, qui dipende molto da azienda ad azienda. Nel mio caso mi sono orientato con la seguente articolazione:
1) ANALISI DI CONTESTO
2) IDEA-PROGETTO
3) IDEA DI BUSINESS
4) PIANO DI LAVORO (qui articolato solo sui fabbisogni e non anche sui processi, obiettivi, ecc...)
5) ATTIVITA'
6) CORRELAZIONE TRA PIANO DI LAVORO E ATTIVITA' (fondamentale sul piano del metodo)
7) STRUTTURA OPERATIVA
8) PROPOSTA DI COLLABORAZIONE

A livello operativo vero e proprio, invece, il metodo non lo si può determinare a priori, dal momento che sarà grazie all'esperienza di progettazione e di realizzazione del progetto in sé, che si evidenzierà la metodologia impegata.

Pertanto, concludo ancora una volta invitandovi a seguire gli articoli su Innovazione, tecnologie a ricerca, per completare l'analisi sulle metodologie utilizzate.

Pietro Perrucci

mercoledì 4 luglio 2012

Innovazione, tecnologia e ricerca, nei fondi strutturali della Regione Puglia

Si... purtroppo concordo con tutti voi... Voi che girate l'Italia e (da qualche tempo) anche i nuovi paesi membri dell'UE, per ricercare bandi "onesti", "puliti", in cui si rispettano tanto le regole della programmazione dei fondi strutturali (crescita dell'occupazione e lotta alla disoccupazione), quanto le priorità da essa determinate. In Italia, purtroppo non è così... Non è così neanche per la Regione Puglia che per l'ennesima volta ha individuato come soggetti eligibili a fare consulenza sui temi della innovazione, tecnologia e ricerca, le solite organizzazioni di sempre... le baronie universitarie, i centri di ricerca sponsorizzati da partiti e politici, e soprattutto i grandi studi di progettazione, cioè quei soggetti che da 30 anni (ormai) mungono dalla vacca delle burocrazie regionali. Niente di nuovo sotto il sole.... è il caso di dire: ormai, chi è eligibile a fare consulenza sono (e saranno) sempre quelle organizzazioni che sono parte stabile del circuito "tangentista": io politico ti garantisco con i regolamenti regionali l'assegnazione delle consulenze sui fondi strutturali e tu, soggetto eligibile di consulenza, giri parte dei soldi delle consulenze agli stessi politici che hanno permesso di ricevere l'eligibilità sulle consulenze. Pertanto, l'unica cosa che ci resta da fare è quella di continuare a lavorare sulla metodologia, dal momento che da ora in poi non possiamo neanche più fare europrogettazione... E pensare che doveva essere "diverso"... Mah... ma vaffanculo...

PIANO OPERATIVO-STRATEGICO
- Visione a livello di sistema socioeconomico di riferimento
- Missione a livello aziendale
- Obiettivi operativi del progetto

IDEA-PROGETTO
- Sviluppo tecnico
- Sviluppo imprenditoriale

ANALISI DI CONTESTO
- Fabbisogni
- Condizioni di pre-fattibilità tecnica, finanziaria, economica

PIANO DI LAVORO
- Sviluppo progettuale
- Integrazione dei fabbisogni
- Fattibilità

ATTIVITA'
- Articolazione dell'intervento
- Sviluppo operativo

STRUTTURAZIONE
- Comunicazione interna
- Sistema di gestione dell'informazione
- Base comune di conoscenza

MANAGEMENT
- Implementazione dell'informazione
- Gestione dei processi

ASSESMENT
- Monitoraggio e valutazione
- Implementazione dei giudizi valutativi

RIMODULAZIONE
- Livello aziendale
- Livello progettuale

COMUNICAZIONE
- Interna (Benchmarking)
- Esterna (Best-practice, bandi, premi, concorsi, advertising, ecc...)

Debbo sottolineare un aspetto metodologico molto importante: i punti che sono riportati non rappresentano in sé gli elementi del mio metodo di progettazione, che tra l'altro sarebbero 12 invece di 10. Bensì, ne sono il risultato operativo (se così si può dire) di un'attività di analisi di un contesto aziendale che ho avuto modo di analizzare recentemente sia pur in maniera non troppo approfondita (overall), finalizzata alla elaborazione di una proposta di collaborazione. Tuttavia, dal momento che l'azienda si sta apprestando al lancio sul mercato un'innovazione nel settore delle Information and Comunication Technology (I.T.C.), nel caso la proposta di collaborazione dovesse essere accettata, questo progetto potrà rappresentare un caso-studio molto significativo per testare la validità del mio metodo di progettazione. Ecco perché vi invito tutti a seguire i prossimi articoli su Innovazione, Tecnologia e Ricerca.

Pietro Perrucci