sabato 11 dicembre 2010

"CUL DE S.A.C.", ovvero realizzare fin in fondo i Sistemi Ambientali e Culturali

Ci sono almeno sei fattori che hanno non stanno consentendo ai Sistemi Ambientali e Culturali una loro istituzione appropriata. Il rischio maggiore collegato all’agire di questi fattori, però, non è tanto quello di veder realizzati S.A.C. inadeguati ed impropri rispetto alle caratteristiche del territorio, quanto quello per la Regione Puglia di ripercorrere per la seconda volta l’esperienza fallimentare della pianificazione strategica di Area Vasta. Tali fattori sono:

- il Piano Pluriennale di Attuazione (P.P.A.) pone almeno 4 macro-obiettivi che sono tutti molto ambiziosi e cioè troppo grandi alle risorse stanziate ed alle possibilità degli stessi territori (sviluppo turistico, sviluppo socioeconomico locale, cooperazione territoriale internazionale e sostenibilità) e che quindi non possono essere conseguiti semplicemente con le due sole Azioni 4.2.2 e 4.4.2 del FESR;
- il bando per la manifestazione di interesse sui S.A.C. non viene tagliato su questi 4 macro-obiettivi. Tutti i documenti che sono parte integrante di questo bando insistono sulla integrazione delle risorse culturali ed ambientali e sul conseguimento del solo obiettivo della sostenibilità, ma purtroppo nulla si dice sul come questi due tipi di risorse debbono trasformarsi in sviluppo turistico, sviluppo socioeconomico locale e cooperazione territoriale internazionale;
- i vari contesti territoriali, dal loro canto, presentano dinamiche macroeconomiche e microsociali del tutto diverse e quindi del tutto inadeguate a sviluppare processi come quelli del S.A.C.; è emblematico, a tal proposito, che si sia voluto che fossero i Comuni a decidere/definire l’area del S.A.C. e ad integrare i loro beni ambientali e culturali, trascurando di coinvolgere in questo processo decisionale anche gli altri soggetti diversi dai Comuni che però sono ugulamente proprietari e/o gestori di beni ambientali e culturali;
- la Regione Puglia, dal canto suo, anche con i S.A.C., continua ad intervenire sul territorio solo con procedimenti amministrativi quando, invece, per l’utilizzo delle risorse comunitarie si devono utilizzare i "processi di policy", di cui i procedimenti amministrativi, ne sono solo una parte. Le conseguenze, pertanto, sono la farraginosità ed il rallentamento dell’impiego delle risorse comunitarie, e quindi il rischio che ad effettuare le scelte sarà, ancora una volta, quel raccordo di potere amministrazione-burocrazia-politica e non gli attori reali di questo processo;
- i sindaci dei vari comuni non hanno condiviso questo tipo di bando perché a loro non interessava per davvero avviare la gestione dei beni ambientali e culturali; in quanto privi di risorse proprie (per via del "Patto di Stabilità"), loro sarebbero stati molto più interessati ad utilizzare queste risorse per effettuare più interventi di recupero e quindi interventi di tipo strutturale, materiale, invece che gestionali ed immateriali;
- la lotta impari tra funzionari regionali e i consulenti, questa volta non si è disputata; i primi, attraverso un artifizio del diritto amministrativo, hanno opportunamente evitato di condiderare i secondi nel bando, e ciò malgrado il fatto che il P.P.A. Asse IV rende eligibili le spese di consulenza sulle azioni 4.4.2 e 4.2.2; i secondi, dal loro canto, hanno comunque ricevuto rassicurazioni dalla politica che in qualche maniera sarebbero entrati in gioco, magari a fianco di una qualche istituzione di ricerca e di studio, a sua volta fortemente sponsorizzata dai partiti e dalla politica.

Ma oltre a questi sei fattori, l’aspetto più inappropriato di tutta la realizzazione dei S.A.C. resta ancora una volta la metodologia del lavoro proposto. In linea generale, si può dire che mentre il bando insiste prevalentemente sulla necessità di integrare i beni culturali con i beni ambientali, lo stesso bando non dà alcuna indicazione di come questo debba avvenire, non consentendo ai partenariati di progettare sui problemi, sui bisogni e questioni reali, concrete, e costringendoli ad inventarsi un’idea-forza, ad immaginarsi una strategia e quindi ad elaborare su questi due elementi "fumosi ed astratti" e "per nulla contestuali", tutti i documenti di progettazione dei S.A.C. (Protocollo d’intesa, la Proposta di valorizzazione e di gestione integrata, il Piano integrato di valorizzazione e di gestione, il Programma gestionale).

Ma l’aspetto più inappropriato di tutta la progettazione dei S.A.C. resta ancora una volta la mancanza di una metodologia del lavoro proposto. Si può dire, infatti, che il quadro generale vede, sostanzialmente, il bando insistere prevalentemente sulla necessità di integrare i beni culturali con i beni ambientali, senza che questo dia alcuna indicazione di come questo debba praticamente avvenire. La mancanza di una metodologia non sta consentendo ai partenariati di progettare sui problemi reali, sui bisogni autentici e sulle questioni che sono ancora aperte, ma li sta costringendo ad inventarsi un’idea-forza, ad immaginarsi una strategia e quindi, ad elaborare interventi su elementi "fumosi, astratti e per nulla contestuali" tutti i documenti di progettazione dei S.A.C. (Protocollo d’intesa, la Proposta di valorizzazione e di gestione integrata, il Piano integrato di valorizzazione e di gestione, il Programma gestionale). In altre parole, mancano ai partenariati quelle modalità attraverso cui i beni ambientali e i beni culturali debbono essere messi a sistema per poter conseguire quegli obiettivi ambiziosi individuati dal P.P.A. (che ripeto ancora una volta sono sviluppo turistico, sviluppo socioeconomico locale, cooperazione territoriale internazionale e sostenibilità). Il tutto, poi, nella grave situazione di aver escluso conoscenza e competenze che purtroppo, in quanto rare, sono politicamente non gestibili/non manovrabili.

Da un punto di vista metodologico, un possibile ed adeguato percorso operativo lo si sarebbe potuto impostare anche in 3 punti soltanto.
1) Il punto di partenza doveva essere "l’inclusione degli enti proprietari e gestori non comunali nella definizione dei S.A.C." proprio per creare quella base comune di conoscenza nelle analisi dei vari contesti territoriali che aspiravano a diventare dei Sistemi Ambientali e Culturali.
2) Il secondo step di questo percorso doveva essere rappresentato dall'analisi dei problemi che affliggono i beni ambientali e culturali della nostra Regione, dall'analisi dei bisogni degli enti proprietari e/o di gestione dei beni ambientali e dall'analisi di quelle questioni aperte che da sempre vedono fallire, sistematicamente, ogni politica di intervento in questi due settori. Queste "analisi" averebbero permesso non solo di intervenire sulle cause e sugli effetti di tutte le precedenti disfunzioni nei settori dell'ambiente, della cultura e del turismo, ma avrebbero offerto numerosi elementi reali/concreti per elaborare l’idea-forza e la strategia che, a loro volta, sarebbero state fortemente tagliate, sia sulle esigenze dei territori, sia sui 4 macro-obiettivi del bando. Pertanto, in ogni contesto territoriale, il S.A.C. si sarebbe configurato al tempo stesso come la giusta soluzione ai problemi che affliggono i beni culturali e ambientali, il mezzo più adeguato per la soddisfazione di quei bisogni degli enti proprietari e gestori dei beni ambientali e culturali, e la risposta più efficace per chiudere quelle questioni aperte da molto tempo e che (come detto prima) fanno fallire tutte le politiche e tutti gli interventi in questi settori.
3) Il terzo step sarebbe dovuto essere il collegamento della strategia all’idea-forza. In questa fase ci sarebbe stato bisogno di "definire sui territori dei S.A.C. i cosiddetti obiettivi intermedi e/o operativi" che ci ha fornito il bando e che corrispondevano essenzialmente al Partenariato, Integrazione, Fruizione, Valorizzazione, Attrattività, Promozione, Gestione/Management, Sostenibilità/Feedback. In questo ambito, un punto rilevante sarebbe stato il taglio di questi obiettivi intermedi sulle singole attività definite eligibili dalle Azioni 4.4.2 e 4.2.2 del P.O. FESR Regione Puglia 2007-2013; in questo modo, gli obiettivi intermedi sarebbero stati profondamente dettagliati non solo da un punto di vista operativo, ma anche da un punto di vista pragmatico, funzionale e, se vogliamo, anche da un punto di vista gestionale per la maggior efficacia e la maggior efficienza che si sarebbe povuta dare all’impiego delle risorse finanziarie, così come richiesto dal bando dei S.A.C.

Però, come potete immaginare, quello che vi ho appena evidenziato sulla metodologia, ovviamente, non sarà mai fatto; il perché sta nel fatto che tutto ciò che è appropriato da un punto di vista metodologico, purtroppo, non risponde a quella logica del consenso e del potere del raccordo "amministrazione-burocrazia-politica". Però questa volta, a differenza dei Piani Strategici di Area Vasta, sono riuscito ad individuare alcuni dei personaggi che possono essere i responsabili/protagonisti di questo sicuro fallimento. Si tratta di personaggi talmente fantasmagorici che i loro nomi veri non direbbero niente ed è per questo che li indico con i nomi che secondo me risultano più appropriati:

- Trimoncino
- Mest Rokk d Valenzen
- la Z.P.S.
- la Suora Spogliata
- Feun & Feun
- Cacchettina Ina-ina-ina & Mongimi
- la Pietro Mennea degli ottanta chilometri
- Che Mi Sono Sposata a Fare
- il Sessantanove Mancato
- la Licia Colò dei poveretti
- la Topolina Gnaft & la Topolina Gnoft
- Come Lisa Simpson
- Faccio Ridere Meno di Luciano Salce
- Camomilla & Papavero
- Ero Raccomandata Ho Vinto il Concorso e Sono Felicissima
- Il Silenzio degli Innocenti
- e tanti altri personaggi ancora che spero presto di dimenticare e di non incontrare mai più.

Rileverò questi nomi ai soli diretti interessati quando e se avranno il coraggio di chiedermelo.

Pietro Perrucci