sabato 11 aprile 2009

IL FALLIMENTO DELLA PIANIFICAZIONE STRATEGICA IN PUGLIA

Il fallimento in Puglia dell’esperienza di Pianificazione Strategica collegata alla realizzazione delle 9 Aree Vaste può essere valutato almeno su due piani: quello della mancanza di una cultura e di una formazione adeguata di coloro che hanno preso parte a qualsiasi titolo alla realizzazione di questa esperienza (consulenti, politici, tecnici, burocrati, ecc…) e quello del mancato rispetto delle “Linee Guida” elaborate dal Nucleo di Valutazione (NVVIP) della Regione Puglia.

Questa esperienza di pianificazione strategica e di realizzazione delle aree vaste si sarebbe dovuta inquadrare in quel cambiamento culturale che sta interessando da oltre un decennio i cosiddetti paesi a democrazia matura, laddove sono attualissimi “la partecipazione dei cittadini e delle organizzazioni di cittadini alla definizione delle politiche pubbliche, l’uso di strumenti di democrazia deliberativa e partecipativa (governance, partnership, networking, valutazione, inclusione, policy making e policy analysis, le iniziative autonome degli stessi cittadini nel quadro soprattutto dei processi di policy making e di policy analysis, town meeting, deliberation days, le arene deliberative, info days, forum, sondaggi deliberativi, l’uso di strumenti informatici di e-democracy, gli incontri di quartiere, le passeggiate di quartiere, ecc…) e l’uso di strumenti di democrazia diretta, ovvero, processi istituzionali nei quali i cittadini, in quanto popolo sovrano, non sono soltanto degli elettori che delegano il proprio potere politico ai loro rappresentanti (democrazia rappresentativa), ma sono anche dei legislatori aventi il diritto, talvolta costituzionalmente garantito, di proporre e votare direttamente le leggi ordinarie e la Costituzione e di esercitare forme di controllo su organi di governo, istituzioni, pubbliche amministrazioni (democrazia diretta), attraverso diversi istituti di consultazione popolare (democrazia deliberativa) e di partecipazione (democrazia partecipativa).

Nel nostro contesto, mancando il riferimento a questo quadro culturale, il tentativo di realizzazione le Aree Vaste attraverso la pianificazione strategica ha manifestato molteplici aspetti negativi:


1) PROCEDIMENTI AMMINISTRATIVI INVECE DI PROCESSI DI POLICY

Le Linee Guida della Regione Puglia sulla realizzazione delle 9 Aree Vaste prevedevano un percorso articolato che esternava più le caratteristiche di un procedimento amministrativo (iniziativa, istruttoria, decisione, integrazione) che non un vero e proprio processo di policy (partecipazione, agenda, strutturazione dei problemi, soluzioni, previsioni, adozioni, raccomandazioni, implementazioni, monitoraggio, valutazione giudizio, riadattamento, rimodulazione degli obiettivi, piano della comunicazione).


2) LA CONFUSIONE TRA OBIETTIVO, STRUMENTO, PROCESSO E METODO

Della grave lacuna culturale, il riflesso più evidente è stato il fatto che, tanto nelle Linee Guida, quanto nell’operato degli organi regionali e locali, non hanno saputo specificare i 4 elementi di questo processo, e cioè:
a) l’obiettivo “migliorare la gestione e la realizzazione dei processi di governance”, come indicato nella misura 5.1 del POR Puglia 2000-2006;
b) lo strumento “le 9 Aree Vaste in cui è stato suddiviso il territorio della Regione Puglia”;
c) il processo di policy “l’articolazione dei due cicli di Policy Making e di Policy Analysis”;
d) il metodo “la pianificazione strategica”.


3) UN APPROCCIO TOP-DOWN INVECE DI UN APPROCCIO BOTTOM-UP

Nella realizzazione delle Aree Vaste, il metodo della “pianificazione strategica”, presupponeva due criteri:
1) il criterio strategico, ovvero il disegno e/o l’elaborazione di interventi in funzione degli obiettivi precedentemente individuati;
2) la partecipazione “dal basso”, “attiva”, di tipo “bottom-up”, da parte delle comunità di riferimento in tutte le fasi del processo.
Invece, nella realtà dei fatti è accaduto proprio il contrario, e cioè si è messa in atto una forma di pianificazione di tipo classico, “imposta dall’alto”, dalla Regione ai comuni e dai comuni alle comunità di riferimento, che ha relegato i cittadini a svolgere, tutt’al più, una “partecipazione passiva” e a mettere in atto un approccio allo sviluppo di tipo “top-down”, tipico delle programmazioni di tipo “centralistico” che fino agli anni ’90 partivano dal governo nazionale e si diffondevano alle regioni ed agli enti locali.


4) MANCATO CONSEGUIMENTO DEGLI OBIETTIVI DELL’UNIONE EUROPEA

Dal momento che lo scopo della realizzazione delle aree vaste col metodo della pianificazione strategica doveva essere quello di realizzare i cosiddetti “processi di governance”, (governing without government), non essendosi realizzate nei fatti le Aree Vaste, è stata gravemente pregiudicata per la programmazione dei fondi strutturali in corso (2007-2013) la possibilità di conseguire gli obiettivi della politica dell’Unione Europea (strategia di Goteborg sulla sostenibilità e la strategia di Lisbona sulla piena occupazione), ed il mancato conseguimento di questi obiettivi non consentirà, a sua volta, neanche il completamento del processo di integrazione europea e l’attuazione delle politiche di coesione economica, sociale e territoriale.


5) MINORI OPPORTUNITÀ DI SVILUPPO

Ancora una volta, la rigidità, la centralità e soprattutto l’incapacità della burocrazia regionale, non ha consentito che sul territorio della nostra regione si creassero quelle premesse, quegli strumenti e quelle condizioni fondamentali per utilizzare al meglio i fondi strutturali in funzione dei bisogni e delle esigenze de territorio pugliese. In tal modo, l’utilizzo dei fondi comunitari, anche per la pianificazione strategica delle aree vaste, vedrà con ogni probabilità il ripetersi di quella tristissima storia del ritorno delle risorse comunitarie a Bruxelles.


6) DEFICIT DI DEMOCRAZIA

La pianificazione strategica “… è un metodo gestionale che serve per sviluppare tutte le attività inerenti quei processi di policy quali sono le politiche, i piani, i programmi, i progetti e qualsiasi altra forma di intervento, azione, misura, strategia, ecc…”. Perciò, sul piano operativo, la pianificazione strategica implica l’applicazione di ulteriori processi di democrazia deliberativa e di democrazia partecipativa, ovvero processi che realizzano praticamente inclusione, condivisione e coesione. Ora, mancando di fatto le aree vaste, si comprende bene che per molti anni ancora non saranno parte del nostro modo di fare sviluppo i nuovi strumenti di democrazia deliberativa e partecipativa, e quindi quel deficit di democrazia ereditato dai precedenti governi regionali di centro-destra, anziché ridursi, continuerà ad ampliarsi.

Alla mancanza di una cultura e di una formazione ad hoc, si aggiunge il fatto che le stesse Linee Guida non sono state rispettate soprattutto nei seguenti aspetti:

1) il principio della piena coerenza programmatica tra il livello della Pianificazione Strategica ed il livello della programmazione comunitaria (strategie di Lisbona e di Goteborg), nazionale (Quadro Strategico Nazionale, Fondo Aree Sottoutilizzate e rispettivi Accordi di Programma Quadro sottoscritti con la Regione Puglia), regionale (Documento Strategico Regionale, Programmi Operativi della programmazione 2007-2013, programmazione di livello settoriale e regionale) e provinciale (soprattutto con il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale);

2) il piano ed il meccanismo di raccolta dei dati finanziari, strumento idoneo ad assicurare la disponibilità dei dati nel tempo per l’attività di monitoraggio, legata (così come riportato nelle LL.GG) all’applicazione ed al rispetto del principio di addizionalità delle risorse nazionali a quelle comunitarie;

3) il principio dell’integrazione finanziaria, che oltre a riproporre la necessità di un sistema di monitoraggio, è fondamentale per determinare il fabbisogno finanziario dei Piani Strategici e determinarne il successivo raccordo tra risorse comunitarie e risorse nazionali;

4) la realizzazione di quella massima forma possibile di sistema e di sinergia con le politiche di sviluppo locali, regionali, nazionali e comunitarie;

5) la “territorializzazione” delle prospettive di sviluppo economico e sociale per proiettarle verso le dimensioni economico-territoriali regionali e sovraregionali;

6) l’allineamento delle proposte progettuali del Piano Strategico con i documenti di programmazione regionali, ovvero con il Documento Strategico Regionale, Programmi Operativi della programmazione 2007-2013, nonché con tutti gli altri strumenti di pianificazione;

7) il ruolo della cooperazione interistituzionale e del partenariato economico e sociale, che dovevano essere strumenti operativi fondamentali da implementare anche nelle fasi successive alla pianificazione, ovvero nella traduzione in obiettivi e strumenti dell’attività di programmazione, attuazione, sorveglianza e valutazione, per poter contribuire alla cosiddetta “visione condivisa”;

8) il metodo del “tavolo di concertazione”, quale metodo di coinvolgimento del partenariato economico e sociale, che doveva essere “istituzionalizzato”;

9) la partecipazione, (partnership pubblico private, attività di animazione, indagini sociali, manifestazioni di interesse, ecc…),

10) il canale di e-democracy, strumento informatico innovativo attraverso cui attuare espressamente la partecipazione, la progettazione, la costruzione della visione comune e condivisa, l’emersione e la definizione dei problemi d’area da parte degli attori, l’individuazione delle soluzioni alternative, la definizione delle soluzioni praticabili ed infine, l’attuazione, l’implementazione, la gestione e il monitoraggio, delle valutazioni strategiche.


Bari, 09 aprile 2009

Pietro Perrucci