domenica 26 dicembre 2010

Progetto CAPIRe.

A tutti quanti operano nel Progetto CAPIRe.

Sono un valutatore alle prese con la quarta esperienza formativa nell'ambito della valutazione e del monitoraggio di piani, politiche, programmi e progetti, e vorrei ringraziare tutti Voi per avermi dato l'opportunità di partecipare al primo Convegno CAPIRe “Verso una nuova funzione di controllo delle Assemblee regionali: valutare le politiche per migliorare l'attuazione delle leggi”.

Credo, infatti, che questo convegno non sia stato soltanto una grande opportunità per fare il punto della situazione e quindi per definire “lo stato dell'arte” di tutte le esperienze in atto; penso, invece, che sia stata soprattutto una occasione per comunicare a tutti quanti operano nell'ambito della valutazione la volontà di un importante mutamento culturale che, contrariamente a quanto accaduto fino oggi, parte dall'interno delle istituzioni (in questo caso regionali) e non dall'esterno.

Al tempo stesso, non posso fare a meno di evidenziare, come il Vostro impegno rappresenti nel panorama italiano una realtà nuova e ricca di prospettive, e che pertanto sono sicuro che quello che si è tenuto a Matera il 25 e 26 giugno scorso, altro non è che il punto di partenza di un lunga e proficua attività.

Anche in funzione di ciò, è mia fortissima convinzione che si debba pensare già ad un secondo convegno, in cui trattare (magari) delle metodologie e degli strumenti di valutazione delle politiche regionali, facendo ricorso anche ad esperienze più consolidate del panorama internazionale.

E sotto questo aspetto, mi piacerebbe avere maggiori notizie sulla Vostra attività di studio e ricerca, in merito al disegno, alla valutazione ed al monitoraggio delle politiche pubbliche.

Certo di farvi cosa gradita, chiedo atresì di essere informato delle Vostre iniziative, utilizzando il medesimo indirizzo email sopra riportato.

Nel ringraziarvi dell'attenzione e del tempo concessomi, Vi saluto cordialmente.

Pietro Perrucci

martedì 14 dicembre 2010

S.A.C. L'ultima schifezza

Carissimi compagni, carissimi amici,

vi scrivo per rassicurare tutti Voi che il mio impegno contro lo schifo della pianificazione strategica non è mai venuto meno. E' vero che forse è meno evidente rispetto al passato ma non potevo continuarmela a prendere con persone che di pianificazione strategica non hanno mai saputo niente... sarebbe stato come sparare sulla Croce Rossa... Ho solo cambiato stategia, facendo in modo che la mia azione fosse innanzitutto più efficace e più condivisa da chi è competente e poi, soprattutto, facendo in modo che la mia azione raccogliesse quei consensi che purtroppo, e ripeto, purtroppo, non ho trovato ancora oggi tra gli amici ed i compagni, pur essendo questi consapevoli dello schifo combinato a Gravina.

Per cui vi voglio tranquillizzare tutti: io continuerò a lottare fino alla fine delle mie forze contro la Pianificazione Strategica e contro tutti gli altri processi di programmazione del territorio gestiti dal raccordo micidiale "amministrazione-burocrazia-politica-potere".

A tal proposito, vi invito a prendere posizione, e se volete a combattere con me nella seconda puntata di questo schifo che si chiama, vi piaccia o no, Sistemi Ambientali e Culturali.

Vi voglio bene, Pietro Perrucci

sabato 11 dicembre 2010

"CUL DE S.A.C.", ovvero realizzare fin in fondo i Sistemi Ambientali e Culturali

Ci sono almeno sei fattori che hanno non stanno consentendo ai Sistemi Ambientali e Culturali una loro istituzione appropriata. Il rischio maggiore collegato all’agire di questi fattori, però, non è tanto quello di veder realizzati S.A.C. inadeguati ed impropri rispetto alle caratteristiche del territorio, quanto quello per la Regione Puglia di ripercorrere per la seconda volta l’esperienza fallimentare della pianificazione strategica di Area Vasta. Tali fattori sono:

- il Piano Pluriennale di Attuazione (P.P.A.) pone almeno 4 macro-obiettivi che sono tutti molto ambiziosi e cioè troppo grandi alle risorse stanziate ed alle possibilità degli stessi territori (sviluppo turistico, sviluppo socioeconomico locale, cooperazione territoriale internazionale e sostenibilità) e che quindi non possono essere conseguiti semplicemente con le due sole Azioni 4.2.2 e 4.4.2 del FESR;
- il bando per la manifestazione di interesse sui S.A.C. non viene tagliato su questi 4 macro-obiettivi. Tutti i documenti che sono parte integrante di questo bando insistono sulla integrazione delle risorse culturali ed ambientali e sul conseguimento del solo obiettivo della sostenibilità, ma purtroppo nulla si dice sul come questi due tipi di risorse debbono trasformarsi in sviluppo turistico, sviluppo socioeconomico locale e cooperazione territoriale internazionale;
- i vari contesti territoriali, dal loro canto, presentano dinamiche macroeconomiche e microsociali del tutto diverse e quindi del tutto inadeguate a sviluppare processi come quelli del S.A.C.; è emblematico, a tal proposito, che si sia voluto che fossero i Comuni a decidere/definire l’area del S.A.C. e ad integrare i loro beni ambientali e culturali, trascurando di coinvolgere in questo processo decisionale anche gli altri soggetti diversi dai Comuni che però sono ugulamente proprietari e/o gestori di beni ambientali e culturali;
- la Regione Puglia, dal canto suo, anche con i S.A.C., continua ad intervenire sul territorio solo con procedimenti amministrativi quando, invece, per l’utilizzo delle risorse comunitarie si devono utilizzare i "processi di policy", di cui i procedimenti amministrativi, ne sono solo una parte. Le conseguenze, pertanto, sono la farraginosità ed il rallentamento dell’impiego delle risorse comunitarie, e quindi il rischio che ad effettuare le scelte sarà, ancora una volta, quel raccordo di potere amministrazione-burocrazia-politica e non gli attori reali di questo processo;
- i sindaci dei vari comuni non hanno condiviso questo tipo di bando perché a loro non interessava per davvero avviare la gestione dei beni ambientali e culturali; in quanto privi di risorse proprie (per via del "Patto di Stabilità"), loro sarebbero stati molto più interessati ad utilizzare queste risorse per effettuare più interventi di recupero e quindi interventi di tipo strutturale, materiale, invece che gestionali ed immateriali;
- la lotta impari tra funzionari regionali e i consulenti, questa volta non si è disputata; i primi, attraverso un artifizio del diritto amministrativo, hanno opportunamente evitato di condiderare i secondi nel bando, e ciò malgrado il fatto che il P.P.A. Asse IV rende eligibili le spese di consulenza sulle azioni 4.4.2 e 4.2.2; i secondi, dal loro canto, hanno comunque ricevuto rassicurazioni dalla politica che in qualche maniera sarebbero entrati in gioco, magari a fianco di una qualche istituzione di ricerca e di studio, a sua volta fortemente sponsorizzata dai partiti e dalla politica.

Ma oltre a questi sei fattori, l’aspetto più inappropriato di tutta la realizzazione dei S.A.C. resta ancora una volta la metodologia del lavoro proposto. In linea generale, si può dire che mentre il bando insiste prevalentemente sulla necessità di integrare i beni culturali con i beni ambientali, lo stesso bando non dà alcuna indicazione di come questo debba avvenire, non consentendo ai partenariati di progettare sui problemi, sui bisogni e questioni reali, concrete, e costringendoli ad inventarsi un’idea-forza, ad immaginarsi una strategia e quindi ad elaborare su questi due elementi "fumosi ed astratti" e "per nulla contestuali", tutti i documenti di progettazione dei S.A.C. (Protocollo d’intesa, la Proposta di valorizzazione e di gestione integrata, il Piano integrato di valorizzazione e di gestione, il Programma gestionale).

Ma l’aspetto più inappropriato di tutta la progettazione dei S.A.C. resta ancora una volta la mancanza di una metodologia del lavoro proposto. Si può dire, infatti, che il quadro generale vede, sostanzialmente, il bando insistere prevalentemente sulla necessità di integrare i beni culturali con i beni ambientali, senza che questo dia alcuna indicazione di come questo debba praticamente avvenire. La mancanza di una metodologia non sta consentendo ai partenariati di progettare sui problemi reali, sui bisogni autentici e sulle questioni che sono ancora aperte, ma li sta costringendo ad inventarsi un’idea-forza, ad immaginarsi una strategia e quindi, ad elaborare interventi su elementi "fumosi, astratti e per nulla contestuali" tutti i documenti di progettazione dei S.A.C. (Protocollo d’intesa, la Proposta di valorizzazione e di gestione integrata, il Piano integrato di valorizzazione e di gestione, il Programma gestionale). In altre parole, mancano ai partenariati quelle modalità attraverso cui i beni ambientali e i beni culturali debbono essere messi a sistema per poter conseguire quegli obiettivi ambiziosi individuati dal P.P.A. (che ripeto ancora una volta sono sviluppo turistico, sviluppo socioeconomico locale, cooperazione territoriale internazionale e sostenibilità). Il tutto, poi, nella grave situazione di aver escluso conoscenza e competenze che purtroppo, in quanto rare, sono politicamente non gestibili/non manovrabili.

Da un punto di vista metodologico, un possibile ed adeguato percorso operativo lo si sarebbe potuto impostare anche in 3 punti soltanto.
1) Il punto di partenza doveva essere "l’inclusione degli enti proprietari e gestori non comunali nella definizione dei S.A.C." proprio per creare quella base comune di conoscenza nelle analisi dei vari contesti territoriali che aspiravano a diventare dei Sistemi Ambientali e Culturali.
2) Il secondo step di questo percorso doveva essere rappresentato dall'analisi dei problemi che affliggono i beni ambientali e culturali della nostra Regione, dall'analisi dei bisogni degli enti proprietari e/o di gestione dei beni ambientali e dall'analisi di quelle questioni aperte che da sempre vedono fallire, sistematicamente, ogni politica di intervento in questi due settori. Queste "analisi" averebbero permesso non solo di intervenire sulle cause e sugli effetti di tutte le precedenti disfunzioni nei settori dell'ambiente, della cultura e del turismo, ma avrebbero offerto numerosi elementi reali/concreti per elaborare l’idea-forza e la strategia che, a loro volta, sarebbero state fortemente tagliate, sia sulle esigenze dei territori, sia sui 4 macro-obiettivi del bando. Pertanto, in ogni contesto territoriale, il S.A.C. si sarebbe configurato al tempo stesso come la giusta soluzione ai problemi che affliggono i beni culturali e ambientali, il mezzo più adeguato per la soddisfazione di quei bisogni degli enti proprietari e gestori dei beni ambientali e culturali, e la risposta più efficace per chiudere quelle questioni aperte da molto tempo e che (come detto prima) fanno fallire tutte le politiche e tutti gli interventi in questi settori.
3) Il terzo step sarebbe dovuto essere il collegamento della strategia all’idea-forza. In questa fase ci sarebbe stato bisogno di "definire sui territori dei S.A.C. i cosiddetti obiettivi intermedi e/o operativi" che ci ha fornito il bando e che corrispondevano essenzialmente al Partenariato, Integrazione, Fruizione, Valorizzazione, Attrattività, Promozione, Gestione/Management, Sostenibilità/Feedback. In questo ambito, un punto rilevante sarebbe stato il taglio di questi obiettivi intermedi sulle singole attività definite eligibili dalle Azioni 4.4.2 e 4.2.2 del P.O. FESR Regione Puglia 2007-2013; in questo modo, gli obiettivi intermedi sarebbero stati profondamente dettagliati non solo da un punto di vista operativo, ma anche da un punto di vista pragmatico, funzionale e, se vogliamo, anche da un punto di vista gestionale per la maggior efficacia e la maggior efficienza che si sarebbe povuta dare all’impiego delle risorse finanziarie, così come richiesto dal bando dei S.A.C.

Però, come potete immaginare, quello che vi ho appena evidenziato sulla metodologia, ovviamente, non sarà mai fatto; il perché sta nel fatto che tutto ciò che è appropriato da un punto di vista metodologico, purtroppo, non risponde a quella logica del consenso e del potere del raccordo "amministrazione-burocrazia-politica". Però questa volta, a differenza dei Piani Strategici di Area Vasta, sono riuscito ad individuare alcuni dei personaggi che possono essere i responsabili/protagonisti di questo sicuro fallimento. Si tratta di personaggi talmente fantasmagorici che i loro nomi veri non direbbero niente ed è per questo che li indico con i nomi che secondo me risultano più appropriati:

- Trimoncino
- Mest Rokk d Valenzen
- la Z.P.S.
- la Suora Spogliata
- Feun & Feun
- Cacchettina Ina-ina-ina & Mongimi
- la Pietro Mennea degli ottanta chilometri
- Che Mi Sono Sposata a Fare
- il Sessantanove Mancato
- la Licia Colò dei poveretti
- la Topolina Gnaft & la Topolina Gnoft
- Come Lisa Simpson
- Faccio Ridere Meno di Luciano Salce
- Camomilla & Papavero
- Ero Raccomandata Ho Vinto il Concorso e Sono Felicissima
- Il Silenzio degli Innocenti
- e tanti altri personaggi ancora che spero presto di dimenticare e di non incontrare mai più.

Rileverò questi nomi ai soli diretti interessati quando e se avranno il coraggio di chiedermelo.

Pietro Perrucci

giovedì 9 dicembre 2010

S.A.C. VALORIES, ovvero la colpa di Pietro

L’idea forza tra “turismo esperienzale e albergo diffuso”

I sistemi Ambientali e Culturali, oltre a contemplare la messa in rete di elementi ambientali e culturali, prevedono per espressa definizione della Linea 4.2 (cui fanno riferimento le due azioni 4.2.2 e 4.4.2 del P.O. FESR Regione Puglia 2007-2013) una loro utilizzazione finalizzata allo sviluppo del turismo. Dall’analisi di questo contesto territoriale è emersa dunque la possibilità di realizzare/istituire un Sistema Ambientale e Culturale, che prevede di “integrare le attività scientifico-culturali” svolte dai diversi istituti di ricerca, di formazione, di cooperazione e d’istruzione universitaria qui esistenti (Innovapuglia, Istituto Agronomico del Mediterraneo, Istituto Oceanografico del Consiglio Nazionale delle Ricerche, CARSO Istituto per la ricerca sul cancro, l’Autorità di Bacino, Facoltà di Veterinaria dell’Università degli Studi Aldo Moro, Agenzia Regionale per la Tecnologia e l’Innovazione ed altri istituti di minor importanza), con il “sistema delle lame” che si presenta essere molto interessante per la sua carica di biodiversità. Per questi due elementi, questo Sistema Ambientale e Culturale si predispone ad una forma di turismo che l’ENIT (Ente nazionale per il turismo) chiama “turismo esperienzale”. Tale formula di turismo consiste essenzialmente nella fornitura di servizi di alloggio, di ristoro, per il tempo libero e di altri servizi alla persona, per periodi più o meno lunghi di permanenza e risulta perciò essere molto appropriata per questo territorio, visto che le attività scientifico-culturali che qui vi sono insediate rappresentano nel loro complesso, una fonte di “forte di domanda potenziale di turismo esperienzale” espressa essenzialmente da studenti, ricercatori, formatori, personale amministrativo e quant’altri frequentano questi istituti per le diverse attività che qui si svolgono. Si tratta, dunque, di una domanda che può facilmente soddisfarsi attraverso un sistema di “ricettività diffusa”, basato sulla fornitura di alloggi e servizi, da connettere tra loro, che sono già disponibili nei comuni coinvolti in questo S.A.C., soprattutto nelle zone dei centri storici e delle periferie. Questo sistema di recettività diffusa, abbinato alla formula di turismo esperienzale, renderebbe possibile sviluppare un turismo che è abbastanza innovativo per questo territorio, che è al tempo stesso altamente sostenibile in quanto meno invasivo rispetto alle altre formule di turismo che sono più tradizionali, che risponde molto bene alle logiche della destagionalizzazione (i flussi si concentrerebbero essenzialmente durante i periodi autunnali ed invernali, notoriamente a più bassa presenza turistica) e in più, è un tipo di turismo che si può soddisfare con la formula dell’albergo diffuso, che vedrebbe non già la costruzione ex-novo di strutture recettive, bensì la messa a sistema di case ed alloggi non più occupati. La ricaduta socioeconomica di questo intervento può essere notevole, non solo in termini di economia turistica, ma anche in termini di sviluppo socioeconomico generale, in termini di cooperazione territoriale internazionale, in termini di sostenibilità e soprattutto in termini di “azioni e attività sinergiche” che si possono sviluppare tra i diversi istituti di ricerca qui presenti e ed i Comuni del S.A.C., nei settori dell’ambiente, della cultura e della ricerca scientifica (a tal proposito, vale la pena ricordare che esistono al momento campi sperimentali come quello già avviato della Facoltà di Agraria – Università di Bari, nel comune di Valenzano). Inoltre, questa formula di turismo può integrarsi molto bene con altre formule di turismo più tradizionali e che sono da consolidare in questo Sistema Ambientale e Culturale, e cioè quella del “turismo religioso”, quella del “turismo enogastronomico”, quella delle “attività artistiche, degli spettacoli e delle tradizioni locali”, quella del “turismo di ritorno” (legato ai fenomeni dell’emigrazione ed, oggi, anche a quelli della immigrazione) ed infine, quella del “turismo ambientale ed ecosostenibile” per via delle presenza di aree naturali del “sistema delle lame” (Lama di San Giorgio, Lama Giotta Mosca, ecc…). Da un punto di vista strategico, poi, occorre tener presente che questa idea forza (turismo esperenziale e albergo diffuso) dà la possibilità a questo territorio di godere di una sorta di “vantaggio competitivo”, sia per il fatto di non poter essere facilmente ripetuta in altri S.A.C. pugliesi, sia per il fatto che le attività culturali e scientifiche di quei istituti di ricerca potranno essere determinanti nel garantire nel tempo la ricaduta di impatti positivi, non solo sul turismo, ma su tutto il sistema socioeconomico coinvolto nel S.A.C. Perciò, rispetto a questa idea forza, è altresì importante che l’attuale partenariato possa contare anche sugli stessi istituti di ricerca che, come partner, potrebbero svolgere un ruolo attivo sia nell’ambito dell’Organismo decisionale, sia nella compagine del Soggetto Gestionale.

Strategia

La strategia possibile per questo Sistema Ambientale e Culturale è stata elaborata a diversi livelli, ovvero sulle due azioni 4.2.2 e 4.4.2 del P.O. FESR Regione Puglia 2007-2013, su ognuno dei macro-obiettivi individuati dal P.P.A. che sono sviluppo turistico, sviluppo socioeconomico locale, cooperazione territoriale internazionale e sostenibilità, ed infine sugli obiettivi intermedi che pure debbono essere parte integrante della strategia.

Azione 4.4.2 - Promozione e valorizzazione del patrimonio naturale del sistema regionale per la Conservazione della Natura a fini turistici

A. Redazione di una Carta di qualità per la ricettività diffusa. Finanziamento di interventi di sensibilizzazione e divulgazione ai fini della adesione alla Carta di qualità.

B. Promozione di prodotti/territori di qualità (attraverso strumenti come la Carta della Qualità Sostenibile) per produzioni agroalimentari rivenienti dai siti della Rete Natura 2000 e/o dalle Aree Protette (filiere di prodotti di agricoltura biologica, aziende artigianali legate alle identità locali, ecc…).

C. Azioni volte ad elevare gli standard di prodotto (produzioni agroalimentari) e di servizio (ricettività e ospitalità diffusa) attraverso la creazione di Carte/marchi di qualità (sul modello della Carta del turismo sostenibile).

D. Realizzazione e promozione di marchi di qualità in Aree Parco, sia per quanto attiene alla ricettività e ospitalità diffusa che all’offerta di prodotto (Parco di Lama San Giorgio, come da L.R. n. 19/1997).

E. Produzione e diffusione di materiali informativi, didattici e divulgativi, di attività tecnico-scientifiche e di ricerca, ivi compresi programmi ed iniziative di comunicazione, informazione ed educazione ambientale, anche finalizzate alla messa in rete di risorse locali e alla promozione di percorsi/itinerari di fruizione.

F. Azioni di messa in rete e di supporto agli Enti Parco nella predisposizione di servizi materiali e immateriali a sostegno del territorio e della sua valorizzazione; costruzione di siti web dedicati, finalizzati ad una migliore gestione (rilascio di autorizzazioni e nulla osta, con cartografia tecnica e divulgativa, studi ed indagini conoscitive, costruzione di sistemi di controllo e gestione normativa, buone pratiche) o alla valorizzazione turistica dei territori protetti.

Azione 4.2.2 - Azioni di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale in grado di

mobilitare significativi flussi di visitatori e turisti di cui sia valutata la domanda

potenziale, anche ai fini di destagionalizzazione dei flussi di visita, dell’allungamento della stagione e di una maggiore attrazione di differenti segmenti di domanda.

A. Interventi di promozione e messa in rete dei sistemi culturali del territorio.

A.1 interventi di costituzione o consolidamento di reti ed itinerari territoriali di offerta culturale;

A.2 in progetti di valorizzazione e gestione innovativa dei sistemi di beni culturali presenti nel territorio;

A.3 analisi, studi, ricerche ed indagini preliminari di fattibilità (in ambito A.2);

A.4 potenziamento dell’offerta di servizi culturali, creazione di produzioni multimediali (in ambito A.2);

A.5 analisi e studi per la valorizzazione di beni ed itinerari, ecc… (in ambito A.2);

A.6 azioni di integrazione funzionale tra beni culturali presenti nel territorio;

A.7 lo sviluppo e l’implementazione di processi innovativi di integrazione, anche attraverso l’adozione di tecnologie avanzate;

A.8 la realizzazione di specifici processi di integrazione gestionale,

A.9 la realizzazione di progetti pilota per la promozione di reti “culturali” avanzate;

A.10 la fattibilità di processi avanzati di integrazione nell’ambito dell’intera filiera regionale della cultura.

Sviluppo turistico

Le attività scientifico-culturali di codesti istituti, oltre ad essere oggetto specifico delle due azioni P.O. FESR di riferimento per i S.A.C., sono in sé attività fortemente attrattive di questi luoghi, che in tal modo, oltre alla ospitalità e ad una facile connessione alle reti di trasporto, possono offrire opportunità per la sperimentazione di nuovi modelli di impresa turistica (ovviamente tagliati sulla formula del turismo esperienzale) utilizzando quel sapere o quei saperi qui disponibili.

Sviluppo socioeconomico locale

Le attività culturali di questi istituti sono anche attività ad elevato valore aggiunto e la loro implementazione nell’ambito del S.A.C. può determinare un nuovo ed ulteriore impulso all’offerta di beni e servizi di altri settori economici strategici per questo territorio. Immaginare, quindi, un sistema basato su Ricerca e Innovazione, oltre a Turismo Culturale, Turismo Ambientale, Artigianato artistico, Enogastronomia di qualità, ed altri ancora, rende altresì possibile immaginare ricadute per tutto il sistema economico locale, in termini di nuova impresa e di “nuovi posti di lavoro”. L’impulso del Sistema Ambientale e Culturale, dunque, finirebbe così per generare effetti connotabili come “sviluppo endogeno” che, fruendo a sua volta anche di un considerevole “vantaggio localizzativo” del S.A.C. (centrale sia rispetto alla Provincia di Bari, sia rispetto a tutta la Regione Puglia), potrà ulteriormente incrementare quelle ricadute in termini sviluppo endogeno, di nuova impresa e in termini di nuovi posti di lavoro. Il tutto senza trascurare gli effetti e le opportunità offerte dal S.A.C. nel razionalizzare e qualificare l’offerta di quelle formule turistiche più tradizionali che, come si sa, sono pure presenti in questo territorio.

Cooperazione Territoriale Internazionale

Il territorio dei questo SAC presenta una forte vocazione alla cooperazione territoriale internazionale. Su tutto, il territorio fa prevalere il fatto che quasi tutte le attività scientifico-culturali degli istituti di ricerca qui esistenti hanno una valenza fortemente internazionale. A ciò si aggiunge il fatto che esiste anche un rilevante attivismo civico, fatto di organismi associativi che operano nel settore del “non-profit”, che supera in un certo qual modo la questione centrale e conflittuale per la cooperazione del rapporto tra Locale/Globale ed offre supporto, sostegno, opportunità e risorse a tutto ciò che c’è di extraterritoriale.

Sostenibilità

In una strategia come quella del SAC vi sono due diversi obiettivi che sostanziano il concetto di sostenibilità: il primo, un po’ più immediato, che è quello che richiama l’idea di ecocompatibilità, di sensibilità e di identità, che nel nostro contesto è strettamente connesso la religione e la fede; e il secondo, un po’ meno immediato del primo, che vede nella sostenibilità la possibilità che si possano realizzare visioni che contemplano la ricaduta di effetti positivi nel lungo periodo, magari in un ambiente sicuramente più organizzato di quanto non lo sia ora. Ebbene, per tutte le risorse materiali e soprattutto immateriali che possono essere messe a sistema in questo S.A.C., è qui possibile conseguire entrambi i due obiettivi che sostanziano il concetto di sostenibilità.

Obiettivi intermedi

In una strategia finalizzata allo sviluppo turistico, così come emerge dalla linea 4.2 del P.O. FESR Regione Puglia 2007-2013, si deve necessariamente partire dai bisogni, dai problemi e dalle questioni aperte di un territorio, per poi arrivare al conseguimento dei quattro macro-obiettivi sopra evidenziati, attraverso uno strumento complesso come quello del S.A.C. Pertanto, in un processo così schematizzato non si può prescindere dal contemplare nella tutta una serie di obiettivi intermedi e/o operativi, di cui di dovrà necessariamente tener conto nel Programma Gestionale. Per questo territorio, gli obiettivi intermedi che al momento si sono individuati sono:

- Partenariato

- Integrazione

- Fruizione

- Valorizzazione

- Attrattività

- Promozione

- Gestione/Management

- Sostenibilità/Feedback

Nome del SAC

Ragionando essenzialmente sui 4 macro-obiettivi del P.P.A. e ordinando le parole che sono state scritte per ciascuno di essi è possibile ottenere la parola “VALORIES”, anagrammata in modo diverso per ognuno dei 4 macro-obiettivi:

TURISMO

Valenze

Attrattività

Luoghi

Ospitalità

Reti

Impresa turistica

Esperenzialità

Sapere & Saperi

SVILUPPO

Valore

Artigianato

Lavoro

Offerta

Ricerca

Innovazione

Enogastronomia

Sviluppo endogeno

COOPERAZIONE

Vocazione

Attivismo

Locale/Globale

Opportunità

Risorse

Internazionalità

Extraterritorialità

Supporto/Sostegno

SOSTENIBILITÀ

Visioni

Ambiente

Lungo periodo

Organizzazione

Religione

Identità

Ecocompatibilità

Sensibilità

Per questo è possibile attribuire al S.A.C. il “titolo spot” di “V.A.L.O.R.I.E.S.”, che potrebbe essere anche un titolo facile da ricordare, qualificante del territorio e opportunamente utilizzabile nell’ambito della futura ed eventuale commercializzazione turistica di un eventuale “marchio del territorio”.

S.A.C.

V

A

L

O

R

I

E

S

TURISMO

Valenze

Attrattività

Luoghi

Ospitalità

Reti

Impresa turistica

Esperenzialità

Sapere & Saperi

SVILUPPO

Valore

Artigianato

Lavoro

Offerta

Ricerca

Innovazione

Enogastronomia

Sviluppo endogeno

COOPERAZIONE

Vocazione

Attivismo

Locale/Globale

Opportunità

Risorse

Internazionalità

Extraterritorialità

Supporto/Sostegno

SOSTENIBILITÀ

Visioni

Ambiente

Lungo periodo

Organizzazione

Religione

Identità

Ecocompatibilità

Sensibilità

domenica 5 dicembre 2010

S.A.C. Dettaglio delle Azioni 4.4.2 e 4.2.2 del PPA Asse IV PO FESR 2007-2013 Regione Puglia

Provo a specificare meglio le attività eligibili a finanziamento sulle azioni 4.4.2 e soprattutto 4.2.2.

Azione 4.4.2 - Promozione e valorizzazione del patrimonio naturale del sistema regionale per la Conservazione della Natura a fini turistici

A. Redazione di una Carta di qualità per la ricettività diffusa. Finanziamento di interventi di sensibilizzazione e divulgazione ai fini della adesione alla Carta di qualità.
B. Promozione di prodotti/territori di qualità (attraverso strumenti come la Carta della Qualità Sostenibile) per produzioni agroalimentari rivenienti dai siti della Rete Natura 2000 e/o dalle Aree Protette (filiere di prodotti di agricoltura biologica, aziende artigianali legate alle identità locali, ecc…).
C. Azioni volte ad elevare gli standard di prodotto (produzioni agroalimentari) e di servizio (ricettività e ospitalità diffusa) attraverso la creazione di Carte/marchi di qualità (sul modello della Carta del turismo sostenibile).
D. Realizzazione e promozione di marchi di qualità in Aree Parco, sia per quanto attiene alla ricettività e ospitalità diffusa che all’offerta di prodotto.
E. Produzione e diffusione di materiali informativi, didattici e divulgativi, di attività tecnico-scientifiche e di ricerca, ivi compresi programmi ed iniziative di comunicazione, informazione ed educazione ambientale, anche finalizzate alla messa in rete di risorse locali e alla promozione di percorsi/itinerari di fruizione.
F. Azioni di messa in rete e di supporto agli Enti Parco nella predisposizione di servizi materiali e immateriali a sostegno del territorio e della sua valorizzazione; costruzione di siti web dedicati, finalizzati ad una migliore gestione (rilascio di autorizzazioni e nulla osta, con cartografia tecnica e divulgativa, studi ed indagini conoscitive, costruzione di sistemi di controllo e gestione normativa, buone pratiche) o alla valorizzazione turistica dei territori protetti.

Azione 4.2.2 - Azioni di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale in grado di mobilitare significativi flussi di visitatori e turisti di cui sia valutata la domanda potenziale, anche ai fini di destagionalizzazione dei flussi di visita, dell’allungamento della stagione e di una maggiore attrazione di differenti segmenti di domanda. Interventi di promozione e messa in rete dei sistemi culturali del territorio.

A.1 interventi di costituzione o consolidamento di reti ed itinerari territoriali di offerta culturale;

A.2 in progetti di valorizzazione e gestione innovativa dei sistemi di beni culturali presenti nel territorio;

A.3 analisi, studi, ricerche ed indagini preliminari di fattibilità (in ambito A.2);

A.4 potenziamento dell’offerta di servizi culturali, creazione di produzioni multimediali (in ambito A.2);

A.5 analisi e studi per la valorizzazione di beni ed itinerari, etc… (in ambito A.2);

A.6 azioni di integrazione funzionale tra beni culturali presenti nel territorio;

A.7 lo sviluppo e l’implementazione di processi innovativi di integrazione, anche attraverso l’adozione di tecnologie avanzate;

A.8 la realizzazione di specifici processi di integrazione gestionale,

A.9 la realizzazione di progetti pilota per la promozione di reti "culturali" avanzate;

A.10 la fattibilità di processi avanzati di integrazione nell’ambito dell’intera filiera regionale della cultura.

mercoledì 24 novembre 2010

Sistemi Ambientali e Culturali (S.A.C.). Attività

Carissimi colleghi,

le attività che sicuramente si dovranno sviluppare nell'ambito dei S.A.C. sono:

1) PARTENARIATO

2) INTEGRAZIONE

3) FRUIZIONE

4) VALORIZZAZIONE

5) ATTRATTIVITÀ

6) PROMOZIONE

7) GESTIONE/MANAGEMENT

8) SOSTENIBILITÀ


Pietro Perrucci

Sistemi Ambientali e Culturali (S.A.C.). Interventi strutturali

Cari colleghi,

ebbene sì, sono ammissibili anche interventi strutturali. A differenza di quello che dicono gli organismi accreditati presso la Regione, ovvero quelli che svolgeranno il controllo e la valutazione delle Proposte di S.A.C., nel bando è prevista la possibilità di fare interventi strutturali sia pur finalizzati alla valorizzzazione, attrattività ed integrazione. Ciò è desumibile dalla pagina 9 del Bando e, soprattutto, dalle pagine 1, 3, 5 e 8 del Disciplinare.

Ciò che non è assolutamente previsto sono i compensi ai consulenti, che restano a carico dei comuni, e questo malgrado il Piano Pluriennale di Attuazione (Asse IV azioni 4.2.2 e 4.4.2) li contempla come spese ammissibili.

Pietro Perrucci

venerdì 5 novembre 2010

Le imperfezioni del bando sul Sistemi Ambientali e Culturali (S.A.C.)

Carissimo Antonio Cucco Fiore,

purtroppo sono costretto a dirti che non ho intenzione di proporti niente sui S.A.C. e anzi sto pensando seriamente di ritirare anche la mia collaborazione con alcuni enti cui mi ero proposto a seguito della campagna di informazione e comunicazione avviata dalla Regione Puglia.

Devi sapere che il bando previsto in uscita per il 30 settembre viene pubblicato soltanto in data 3 novembre 2010 e, ciononostante, si presenta essere pieno di imperfezioni le più importanti delle quali vengono qui riportate:

- il bando, pur facendo i dovuti richiami alle azioni 4.2.2 e 4.4.2, sembra quasi rifuggire dagli obiettivi riposti in queste due azioni soprattutto in riferimento allo sviluppo turistico, allo sviluppo locale e allo sviluppo della cooperazione territoriale internazionale;

- rispetto invece a quanto è stato detto in fase di comunicazione prima dell’uscita del bando, si è spinto notevolmente sulla valorizzazione e sulla gestione come obiettivi e non si è tenuto conto di collegare questi due obiettivi con gli altri obiettivi inerenti lo sviluppo del turismo, lo sviluppo socioeconomico, la sostenibilità;

- dal punto di vista metodologico, poi, si ripropone le grande confusione/ignoranza sui metodi e sui processi di policy, tant’è che i termini "progetto", "piano" e "programma" vengono utilizzati in maniera del tutto impropria;

- in riferimento alla gestione, vengono utilizzati i termini di programma e piano quando in sede di comunicazione si è chiaramente detto che si sarebbe dovuto parlare di “progetto di gestione”;

- non è stata indicata la metodologia di valutazione, né la tecnica e/o gli strumenti di riferimento. Anche per questo, la tabella che indica i criteri e gli indicatori di valutazione, non propone scale di valori per i parametri qualitativi ed il punteggio assegnabile ad ogni paramentro di valutazione dispone solo di due range (0-3 e 0-6) che sono troppo stretti per consentire valutazioni appropriate e soprattutto per consentire valutazioni, stime e confronti attendibili tra le diverse proposte di SAC. Per questo, si può dire che la valutazione risponderà più ad elementi soggettivo/discrezionali che non ad elementi oggettivo/normativi;

- punto 1, art. 4 bando, si sostiene che i vari partenariati debbono dotarsi di un adeguate competenze gestionali e tecniche, ma non spiega come dovrebbero essere finanziate;

- lettera c), punto 2, art. 4, propone come criterio di valutazione la varietà del partenariato, senza tener conto che i comuni che decidono la formazione del SAC andranno a contrastare con gli altri soggetti proprietari/gestori di altri beni culturali e ambientali;

- non è molto razionale definire solo un limite minimo di comuni che possono fare un SAC (tre) e un massimo di finanziamento (2 milioni di euro); sarebbe molto più logico dare indicazione sul minimo di comuni e quindi anche un limite minimo di finanziamento, oppure un limite massimo di comuni con un limite massimo di finanziamento, o ancora, dare indicazioni su entrambi i limiti minimi e massimi;

- la logica della costituzione dei SAC doveva contare più della volontà dei comuni, cioè si dovevano considerare un numero minimo di beni da mettere a sistema, numero a sua volta affiancato anche da indicatore minimo del grado di varietà di questi beni nell’ambito di un SAC. Questa logica sembra essere molto più coerente con la filosofia dell’intervento che sta a monte dei SAC;

- la Carta dei Beni Culturali della Regione Puglia (punto 3, art. 4) non è facilmente accessibile a tutti;

- lo stesso punto 3, art. 4, del bando, da la possibilità di includere nei SAC i beni ambientali delle aree dei parchi nazionali e questa è l’unica volta che il bando considera i parchi nazionali; da questo momento in poi, infatti, si parla solo di parchi regionali e questo aspetto è quantomeno inconcepibile;

- lettera (i), art. 5, chiede la coerenza dei SAC con il PPTR, senza che questo sia stato ancora approvato (al momento, infatti, è stata approvata solo la bozza provvisoria);

- ultimo aspetto dell’elenco tratteggiato del punto 1, art. 6, chiede di proporre in fase negoziale progetti a valere su altre misure del FESR. Sarebbe stato più logico richiederle in fase progettuale, ma in fase negoziale questa richiesta pare essere molto incoerente con la logica e l’articolazione dei finanziamenti comunitari e per certi aspetti anche pretestuosa;

- il bando non spiega cosa si deve intendere per sostenibilità territoriale, finanziaria, economica, amministrativa ed istituzionale (lettera (e), punto 3, art. 6), né spiega cosa si deve intendete della sostenibilità quando viene citata come obiettivo, come metodo progettuale, come strumento e anche come funzione.

In generale, dunque, del bando sui SAC si può sostenere che è stato elaborato senza tener conto di taluni aspetti sociologici, territoriali ed ambientali specifici e in più non si comprendono le logiche di alcune disposizioni che sono del tutto scollegate con quanto divulgato durante l'attività di comunicazione prima dell'uscita del bando. Il tutto, perciò, mi porta a pensare che, ancora una volta, si sia elaborato un bando più su elementi soggettivi e/o procedurali che non su elementi oggettivi e pragmatici. In altre parole, per gestire i finanziamenti europei si è andati più sulla logica del procedimento amministrativo invece che sulla logica dei processi di policy. Pertanto ancora una volta siamo in presenza di un processo che già in fase di concepimento parte malissimo e che di conseguenza, con ogni probabilità, farà la stessa fine di tutti gli altri processi di programmazione del territorio che sono stati avviati fino ad oggi.

Per questo l'unica cosa che mi sento di proporre è l'istituzione di una Task-Force fatta di pochi esperti ma altamente competenti (non come quella per i Piani Strategici). Se la costituiranno, io vorrei essere tra quelli, lavorando anche gratis.


Pietro Perrucci

mercoledì 27 ottobre 2010

Sistemi Ambientali e Culturali (S.A.C.)

Una domanda per i S.A.C.

In quasi tutti i comuni ci sono beni appartenenti e/o gestiti da enti e/o soggetti diversi dal Comuni che risultano essere tutti ugualmente eligibili come soggetti beneficiari dell’intervento (Enti ecclesiastici, Fondazioni, Soggetti di diritto pubblico, Sovrintendenze, Enti parco, ecc…). Dovendo il Comune aderire ad un solo SAC, cosa succede tra questo soggetto e gli altri enti/soggetti proprietari e/o gestori di beni culturali ed ambientali in caso di mancato accordo e/o di disaccordo sul SAC? L’adesione di un comune al SAC dovrà necessariamente prevedere l’implementazione in questo SAC anche di beni di non sua proprietà/gestione, oppure è possibile che questi beni non vengano implementati, o ancora, che vengano inclusi in altre reti e/o sistemi?

martedì 26 ottobre 2010

Sistemi Ambientali e Culturali (S.A.C.)

Gli obiettivi di cui si terrà conto nella realizzazione dei Sistemi Ambientali e Culturali (S.A.C.) sono:

1) attrazione di flussi turistici a livello di singolo bene, a livello di S.A.C. e di territorio
2) miglioramento della fruibilità
3) sviluppo turistico
4) percorsi innovativi di sviluppo locale
5) percorsi innivativi di cooperazione territoriale internazionale (anche se questo aspetto non è ancora stato trattato nei vari incontri formali ed informali)


Pietro Perrucci

lunedì 24 maggio 2010

Origini e fondamento giuridico della Politica di Coesione. Principali riferimenti, storici, filosofici e metodologici

Metodo. Il tema è stato sviluppato tenendo conto di due aspetti, quello storico e quello filosofico del diritto, in piena conformità allo spirito ed ai contenuti del master Pegaso.

Scelta dell’argomento. La “politica di coesione” si presta molto bene a sviluppare sia aspetti storici che filosofico-giuridici; inoltre, da un punto di vista più professionale, è possibile essere parte di un Programma Operativo Nazionale sulla “Sicurezza per lo Sviluppo” di cui l’Autorità di Gestione è il Ministero degli Interni.

Riferimenti storici
- 1951 Nasce la CECA (Comunità Europea per il Carbone e l’Acciaio).
- 1957 Nasce l’Euroatom (Comunità Europea per l’Energia Atomica) e la CEE (Comunità Economica Europea) dove si trovano le origini della politica di coesione (interessamento per le aree deboli nel preambolo del Trattato Istitutivo della CEE, istituzione del Fondo Sociale Europeo – FSE – e della Banca Europea degli Investimenti – BEI).
- 1962 Istituzione del Fondo Europeo di Orientamento e Garanzia in Agricoltura (FEOGA).
- 1972 Vertice Europeo di Parigi, si statuì per la prima volta la volontà degli Stati membri di coordinare a livello europeo le loro politiche interne di sviluppo regionale, per meglio utilizzare le risorse della BEI, del FSE e del FEOGA.
- 1973 Allargamento della CEE a Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca.
- 1975 Istituzione del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR).
- 1981 Ingresso della Grecia nella CEE e adozione del Programmi Integrati Mediterranei (PIM), ovvero i primi interventi di politica di coesione
- 1985 Vertice Europeo di Milano dove si decise che i tre fondi FSE FESR FEOGA, oltre a creare il mercato unico europeo, dovevano diventare i principali strumenti per il superamento delle disparità economiche tra le regioni europee e il cambio del metodo di ripartizione dei finanziamenti FESR (metodo delle forcelle).
- 1986 Allargamento della CEE a Spagna e Portogallo
- 1987 Adozione Atto Unico Europeo (AUE), modifiche al Trattato CEE mediante l’introduzione del Titolo V “Coesione economica e sociale” che costituisce il fondamento giuridico della politica di coesione e modifiche ai tre fondi europei FSE FESR FEOGA che acquisiscono valenza strutturale (nell’eliminare i divari e le disparità tra le regioni incidono anche sulla struttura e sul meccanismo del mercato).

Riferimenti filosofico-giuridici (Principi della politica di coesione)
- Preambolo Trattato istitutivo della CEE, nel cui fu scritto che gli Stati membri volevano “… rafforzare l’unità delle loro economie e … assicurare il loro sviluppo armonioso riducendo le disparità esistenti tra le differenti regioni e il ritardo di quelle meno favorite”;
- Programmi Integrati Mediterranei, il partenariato di responsabilità, tra i vari livelli istituzionali partecipanti alla preparazione e all’attuazione dei programmi, la responsabilità gestionale primaria delle regioni, il cofinanziamento nazionale ai vari progetti, la valutazione delle previsioni e dei risultati realizzati;
- Titolo V “Coesione economica e sociale” dell’Atto Unico Europeo che modifica il Trattato CEE del 1957 e costituisce con i suoi articoli il fondamento giuridico della politica di coesione (Artt. 130 A, 130 B, 130 C, 130 D e 130 E);
- Rafforzamento delle politiche regionali, con il raddoppio delle risorse destinate ai tre fondi FSE, FEOGA e FESR, riforma della Politica Agricola Comune (PAC), e riforma del bilancio comunitario con nuove entrate legate al Prodotto Interno Lordo (PIL) dei singoli Stati membri;
- Ulteriori principi la concentrazione degli interventi in obiettivi, la programmazione, con strategie pluriennali di sviluppo stabilite attraverso un procedimento di concertazione/negoziazione a varie tappe e con sistemi di monitoraggio e di valutazione dei vari interventi, partenariato verticale ed orizzontale e il principio dell’addizionalità, che prevedeva la partecipazione dello Stato membro ai programmi europei con risorse proprie.

Sintesi discorsiva
La politica di coesione ha ad obiettivo il superamento dei divari e delle disparità economiche e sociali esistenti tra le varie regioni d’Europa. Essa è un campo di studi molto vasto e molto articolato, nel quale è abbastanza facile incorrere in errori ed imprecisioni e un errore che si compie di frequente è quello di attribuire le origini della politica di coesione all’Atto Unico Europeo, atto sottoscritto nel 1986 ed entrato in vigore nel luglio del 1987, nel quale la politica di coesione trova sicuramente il suo fondamento giuridico, ma non per questo anche le sue origini.
Francia, Germania, Italia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo affrontarono per la prima volta la questione delle aree deboli nell’ambito del Trattato istitutivo della CEE (Roma, 1957) e una testimonianza di questo interessamento per le aree deboli la si trova proprio nel preambolo di questo Trattato, dove fu scritto che gli Stati membri volevano “… rafforzare l’unità delle loro economie e … assicurare il loro sviluppo armonioso riducendo le disparità esistenti tra le differenti regioni e il ritardo di quelle meno favorite”. In questo contesto, dunque, tutti gli Stati Membri erano convinti che la riduzione delle disparità (tra le regioni europee) poteva essere ottenuta indirettamente con l’istituzione di un mercato comune, in conseguenza del quale vi sarebbe stato anche un progressivo allineamento delle politiche economiche dei singoli Stati membri. Sempre in questo ambito si istituì Banca Europea degli Investimenti (BEI) e il Fondo Sociale Europeo (FSE), cioè due degli attuali strumenti della politica di coesione, cui seguì poi nel 1962 l’istituzione di un altro strumento della politica di coesione, ossia il Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e Garanzia (FEOGA).
Successivamente, durante il Vertice europeo di Parigi del 1972, oltre a discutere dell’allargamento della CEE a Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca, si statuì per la prima volta la volontà degli Stati membri di coordinare a livello europeo le loro politiche interne di sviluppo regionale, per meglio utilizzare le risorse della BEI, del FSE e del FEOGA. Inoltre, a seguito di questo vertice, nel 1975 fu istituito anche il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), e ciò rappresenta la seconda importante conseguenza del Trattato CEE del 1957.
Nel 1981, la Grecia diventa Stato membro della Comunità europea e con l’ingresso di questo paese fu decisa l’adozione dei primi programmi pluriennali di sviluppo socioeconomico regionale, denominati appunto “Programmi Integrati Mediterranei” (PIM). I PIM si caratterizzavano soprattutto per un nuovo approccio metodologico, basato sulla programmazione a medio termine e sull’uso coordinato dei diversi strumenti di finanziamento che sostituì il vecchio sistema di finanziamento indirizzato solo sui singoli progetti. Perciò, sul piano giuridico i PIM introdussero dei principi innovativi che sono ancora oggi alla base dell’attuale politica di coesione, e cioè:
- il partenariato di responsabilità, tra i vari livelli istituzionali partecipanti alla preparazione e all’attuazione dei programmi;
- la responsabilità gestionale primaria delle regioni;
- il cofinanziamento nazionale ai vari progetti;
- la valutazione delle previsioni e dei risultati realizzati.
Questo modo di elaborare gli interventi si consolidò poi con l’entrata nella CEE di Spagna e Portogallo (1986). Decisivo, a tal proposito, fu soprattutto l’esito del Consiglio europeo di Milano del 1985, dove l’allora Presidente della Commissione europea J. Delors, oltre a ribadire l’impegno ad eliminare tutte le barriere ancora esistenti al commercio ed alla mobilità dei fattori produttivi all’interno della Comunità, indicò che i tre fondi europei creati fino a quel momento (FSE, FEOGA, FESR) dovevano diventare i principali strumenti, sia per completare la realizzazione del mercato unico europeo, sia per superare le disparità regionali. Lo stesso Presidente Delors, inoltre, modificò anche il sistema di ripartizione dei finanziamenti del FESR, introducendo il cosiddetto “metodo delle forcelle” (a margini definiti), che sostituiva il vecchio sistema di ripartizione dei finanziamenti basato su “quote nazionali”, e ciò allo scopo di concentrare maggiormente gli interventi nelle regioni meno sviluppate.
Quindi, al momento della stipula dell’Atto Unico Europeo (AUE), la politica di coesione era già in atto da 20 anni ormai; per cui, in questo contesto non si fece altro che sancire formalmente il superamento dell’idea di una comunità intesa esclusivamente come mercato comune, e quindi come area di libero scambio, e riconoscere così che la coesione economica e sociale doveva essere, al tempo stesso, obiettivo importante della Comunità Economica Europea e strumento essenziale per il completamento del mercato unico. Pertanto, i cinque articoli dell’AUE che introdussero il Titolo V nel Trattato CEE di Roma del 1957 non fecero altro che elevare a diritto comunitario tutti quegli interventi, quelle scelte e quelle politiche economiche, che erano già state intraprese dalla CEE, già prima dell’AUE, per superare le disparità tra le aree deboli e le aree più sviluppate della Comunità europea, dando finalmente quel fondamento giuridico che mancava alla politica di coesione della Comunità europea.

Lotta al lavoro sommerso e piano per l’occupazione

Grazie ad un percorso di studi nell’ambito del lavoro sommerso si è potuto constatare che nel nostro ordinamento giuridico si sono succeduti fino ad ora almeno quattro modelli di emersione - tutti posti a fondamento delle varie politiche di contrasto al fenomeno del lavoro irregolare - e che nessuno di questi è riuscito a risolvere questo problema. Infatti, la quota di economia sommersa resta sempre molto elevata rispetto all’economia ufficiale (20-25% del PIL) e questo malgrado sia la molteplicità di soggetti istituzionali coinvolti nel definire le azioni di contrasto (Unione europea, Parlamento, Governo e regioni), sia la notevole produzione legislativa che è stata messa in atto.
Sulla inefficacia di tali modelli di emersione, vi sarebbe un doppio livello di inefficienza. Il primo riguarda l’effettività delle norme formalmente in vigore nella lotta al lavoro irregolare: sotto questo aspetto, è possibile parlare di un consistente sfasamento tra diritto e realtà dei fatti, che farebbe emergere la necessità di continuare a razionalizzare e/o ottimizzare le politiche di contrasto al lavoro prestato irregolarmente e ciò intervenendo sia sul piano più strettamente giuridico-legislativo, sia sul piano più strettamente sanzionatorio. Il secondo, riguarda l’efficacia del diritto vigente, laddove le politiche di contrasto al lavoro sommerso non sembrano essere adeguate, vicine, alla realtà sociale in cui vengono calate.
Da questo doppio livello di inefficienza è possibile ricavare una riflessione e cioè che in Italia, la lotta al lavoro regolare la si è affrontata più da un punto di vista giuridico legislativo e meno da un punto di vista politico-sociale. Infatti, possiamo dire che alla luce di quanto osservato, tutti i modelli di emersione adottati sono carenti di una “analisi di contesto” e di approcci strategici; per cui, pur arrivando ad indicare nuove elaborazioni filosofico-concettuali (come nel caso del concetto di “lavoro dignitoso” dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro), è mancato un vero e proprio piano strategico che affrontasse contemporaneamente sia la lotta al lavoro sommerso, sia la lotta al grave problema della disoccupazione che, come si sa, è il principale fattore che genera lavoro sommerso.
In altre parole, se si è compreso che da un punto di vista legislativo per sconfiggere il lavoro regolare c’è bisogno della più ampia e corretta logica della promozione all’adempimento contributivo e fiscale, da un punto di vista più politico più sociale c’è bisogno di interventi che incidano più direttamente sulle cause che generano lavoro sommerso e quindi su interventi alla lotta per la disoccupazione.
Per questo, mi auspico che le istituzioni che operano in questo settore comprendano finalmente che ciò che manca nel nostro paese non è tanto un nuovo modello di emersione dal lavoro e dall’economia sommersa, quanto è un vero e proprio “Piano per l’occupazione”.
Sotto questo aspetto, dunque, l’emersione non si identificherebbe più soltanto come una questione meramente giuridica e quindi non si esplicherebbe più come un processo di migliore approssimazione (sotto il profilo qualitativo) a quelli che sono i principi della legalità e della sicurezza sociale del nostro ordinamento, ma si identificherebbe soprattutto come politica sociale (come già detto), nell’obiettivo più ampio della coesione economica e sociale, obiettivo cui dovrebbe finalizzarsi ogni modello giuridico-legislativo di contrasto al lavoro sommerso.

La crisi greca. Cause, barzellette, previsioni, conclusione

LE CAUSE. Gli Stati membri dell’Unione Europea decisero con il Trattato di Maastricht del 1992 di puntare a rigide e severe politiche monetarie e finanziarie in grado di mantenere elevato e di accrescere nel tempo il valore dell’euro. Sebbene lo scopo di tali scelte era quello di dare all’Europa uno strumento in grado di farla diventare la più grande potenza nell’economia della globalizzazione, di contro la scienza economica ci dice che per realizzare un obiettivo di questo tipo è necessario che l’economia di ogni Stato membro deve avere un andamento, un trend, sempre positivo nel tempo e, soprattutto, è necessario che il sistema del mercato non deve essere affetto da distorsioni. Pertanto, in assenza di queste due condizioni, è verosimile che politiche monetarie e finanziarie come quelle adottate per l’Euro comportino enormi sacrifici economici e sociali, che a loro volta possono inficiare le performance del PIL dei vari paesi, innescando meccanismi perversi con deficit di bilancio e aumenti di debito pubblico. La crisi della Grecia è conseguenza proprio di questa seconda eventualità: infatti, la mancanza di una efficiente economia di mercato e l’adozione di rigide politiche monetarie e finanziarie per sostenere l’Euro come moneta, hanno spinto questo paese a fare notevoli sacrifici economici e sociali che, a loro volta, hanno inficiato la performance del loro PIL, hanno aumentato il deficit di bilancio e quindi hanno aumentato il debito pubblico. Sicché, in prossimità della scadenza di un prestito obbligazionario di Stato, il Governo greco si è trovato nella impossibilità di pagare questo debito ed aveva chiesto perciò aiuto agli altri paesi europei, che sono intervenuti con una somma di 14,5 miliardi di euro.

LE BARZELLETTE. Nel consentire l’intervento degli stati europei in favore della Grecia, l’UE non è stata affatto convincente nel spiegare come mai un suo Stato membro si fosse ridotto in queste condizioni; anzi, per essere più precisi, sulla crisi greca, organi e istituzioni UE non si sono pronunciati in maniera univoca: è stato detto che non avrebbero potuto prevedere un simile fatto, oppure che il governo greco aveva volutamente occultato i conti economici pubblici, o ancora, fatto più grave, è stato detto persino di non aver voluto controllare i conti pubblici e di aver invece voluto continuare a dare fiducia al governo greco, così semplicemente sulla parola.
Come cittadino europeo sono abbastanza sbalordito per queste affermazioni e mi sento letteralmente preso per i fondelli: oltre al fatto che non è assolutamente accettabile che l’UE tenti di spiegare le cause della crisi greca con delle barzellette, va rilevato che era risaputo che, da molto tempo, la Grecia non era in grado di dar vita ad una economia di mercato e quindi era anche risaputo che non poteva essere in grado di dar vita a processi economici virtuosi, reali e soprattutto efficienti, al pari di quelle di altre economie mature di altri paesi dell’Euro. E questo, anche alla luce dell’esito negativo che ha dato l’impiego delle enormi risorse dei fondi strutturali, da 25 anni a questa parte. Pertanto, la mia opinione sulla crisi greca è che quasi tutti i maggiori paesi europei (Francia e Germania soprattutto) sapevano che si era in presenza di un paese economicamente in seria difficoltà, con grosse inefficienze e che quindi aveva poche probabilità di riuscire a costruire una economia di mercato, ovvero che aveva pochissime probabilità di mantenere a lungo nel tempo rigide politiche monetarie per sostenere l’Euro, se non a prezzo di grossi sacrifici economici e sociali che, poi, avrebbero finito per mettere in crisi la sua stessa economia. Di conseguenza, viene molto facile pensare che la crisi greca sia stata appositamente provocata, in maniera da permettere un intervento degli altri stati europei che, nell’aiutare il governo greco, lo costringeranno, prima o poi, a privatizzare le sue imprese pubbliche, a vendere beni pubblici/demaniali, a cedere loro quote di mercato, insomma a svendere le proprie ricchezze ai paesi che sono corsi in suo aiuto.

LA PREVISIONE. l’aspetto più preoccupante di questa crisi è che quanto accaduto in Grecia possa ripetersi anche in Portogallo, in Spagna, in Italia (forse qui è già accaduto e nessuno ha detto niente), e nei paesi di nuova adesione (ex paesi dell’Est), di cui dubito fortemente che le loro economie possano marciare in maniera efficiente con il meccanismo del mercato e con rigide politiche monetarie in sostegno dell’Euro. Infatti, vorrei far presente che il mercato non è un meccanismo perfetto: di per sé, tende a produrre delle distorsioni – in maniera quasi fisiologica – quali sono ad esempio la concentrazione delle attività produttive in poche imprese e l’aumento dei prezzi che così non saranno più definiti dalla libera contrattazione tra domanda e offerta, ma saranno definiti da accordi o da cartelli tra imprese. Pertanto, se già il mercato di uno Stato membro è destinato a non funzionare in maniera efficiente, è molto probabile che questo paese, per sostenere rigide politiche monetarie e finanziarie come quelle decise dalla Banca Centrale Europea, ricorrerà ai sacrifici dei propri cittadini, esponendo così il paese a pericolose crisi, ovvero, alla necessità di interventi finanziari dei maggiori paesi europei, Francia e Germania prima di tutti. Ebbene, se questo è il trend, se questa è la tendenza, vorrà dire che si è scoperto il trucco dell’Unione Europea: aggregare quanti più paesi possibili, fargli adottare l’euro, spingerli ad adottare rigide politiche monetarie e finanziarie, mandarli in crisi e finalmente appropriarsi delle loro economie e delle loro risorse. Per questo obiettivo, andrebbe bene anche soltanto aggregare paesi, senza che questi adottino l’Euro, tanto è sufficiente introdurre il meccanismo del mercato che con le sue fisiologiche distorsioni, prima o poi, manderebbe in crisi le economie di questi Paesi, dando così la possibilità a Francia e Germania di intervenire con il loro aiuto, ovvero di appropriarsi delle loro economie e delle loro ricchezze.

UNA CONCLUSIONE. Alla luce di quanto emerso dalla crisi greca, posso sostenere che l’Unione Europea, più che una forma di cooperazione tra i suoi Stati membri, è uno strumento creato per dare finalmente la possibilità a Francia e Germania di realizzare il loro sogno di egemonia sull’Europa; inoltre, stando a quello che si è visto in 60 anni di Comunità europea è vero che questa funziona anche come loro comune strumento di pace, però funziona sopratutto per la Francia e la Germania che così possono spartirsi i mercati e le ricchezze degli altri paesi europei, evitando che si facciano guerra tra loro e che i loro contrasti possano generare nuove guerre mondiali, così come già accaduto per la Prima e per la Seconda Guerra Mondiale.

Principali voci di costo e di ricavo per il business plan di un asilo.

- LOCALI: acquisto o fitto, lavori di ristrutturazione, progettazione lavori, licenze e permessi, certificazioni, tasse (Tarsu, INVIM, ecc…), pratiche di mutui e interessi su mutui, manutenzione ordinaria e straordinaria, pulizia, assicurazione, sicurezza sul lavoro,

- IMPIANTI (idrico-sanitario, elettrico e di illuminazione, antincendio, telefono e internet, stereo-video, supporti per diversamente abili): Progettazione, installazione, materiale, certificazione, manutenzione ordinaria e straordinaria, costo di funzionamento (orario, giornaliero o mensile), assicurazione, pratiche di mutui e interessi su mutui,

- PRONTO SOCCORSO/INFERMERIA: Attrezzi ed apparecchiature elettromedicali per pronto soccorso, arredi, personale specializzato o formazione per pronto soccorso, materiale di consumo monouso o monodose, presidi farmaceutici e sanitari, detergenti, assicurazione per bambini, dipendenti e terzi,

- AUTOMEZZI: (auto di servizio e scuolabus): acquisto o noleggio, assicurazione, bollo, custodia, carburanti, manutenzione ordinaria e straordinaria, pratiche di mutui e interessi su mutui, certificazione, autista, formazione per patenti particolari,

- CUCINA: attrezzature ed apparecchiature, posateria, personale e formazione HACCP, sicurezza, presidi per detersivi, arredi e costi per sala mensa, acquisto detersivi, manutenzione ordinaria e straordinaria, pratiche di mutui e interessi su mutui, certificazione, acquisto alimenti,

- SALA STUDIO/LETTURA: mobili e arredi, pulizia, personale per docenza, materiale didattico, manutenzione ordinaria e straordinaria, pratiche di mutui e interessi su mutui, certificazione asilo, eventuali ulteriori adeguamenti impianti, sicurezza,

- SALA GIOCHI: mobili e arredi, pulizia, personale, giochi e materiale ludico-didattico, manutenzione ordinaria e straordinaria, pratiche di mutui e interessi su mutui, certificazione asilo, eventuali ulteriori adeguamenti impianti, sicurezza,

- SALA RIPOSO (opzionale): lettini, cucine, culle, lenzuola, certificazione, eventuali ulteriori adeguamenti impianti, sicurezza,

- AMMINISTRAZIONE: contabilità, consulenze varie, apparecchiature d’ufficio e arredi, spese di impianto azienda, formazione personale.

+ RETTE MENSILI (scuola materna, nido, baby park, doposcuola, mininido)

+ PROVENTI DA PROGETTI E PROGRAMMI (sport, cultura, turismo, cooperazione, programmi medico-preventivi e/o didattico-educativi)

+ SPONSOR

+ EVENTI E MANIFESTAZIONI

+ PROGRAMMI DI STUDIO E DI RICERCA (in collaborazione con enti locali, università, istituti specializzati, grandi aziende, centri studio e ricerca)

+ SERVIZIO SOCIALE (prestazioni per particolari utenti di centri sociali o per bambini di famiglie con gravi problemi di integrazione/inserimento sociale, case alloggio, servizi notturni/diurni).