martedì 20 maggio 2008

5° Contributo al Piano Strategico di Area vasta: “La Città Murgiana della Qualità del Benessere”

5° Contributo. Pianificazione Strategica ed Area Vasta

Discutendo della mancata presentazione delle “Analisi di contesto” del Piano Strategico di Area vasta: “La Città Murgiana della Qualità del Benessere”, ho rilevato quanto poco conosciuto fosse il significato stesso di “pianificazione strategica”, anche tra coloro che per livello di formazione ed affinità professionale, dovrebbero essere abbastanza informati su questa tematica. Pur attribuendo questo deficit di conoscenze fatto che non tutti sanno quali e quante trasformazioni sono intervenute in Italia, negli ultimi venti anni di “programmazione dello sviluppo socioeconomico locale”, ritengo comunque che questa carenza di informazione non è certo una cosa positiva per la "nostra" attività di pianificazione strategica dal momento che questa necessita di un certo livello di articolazione, per poter essere adeguata ad un contesto di “Area Vasta” e per riuscire a realizzare quella “Città Murgiana” che sia condizione di “Qualità” e di “Benessere”. Per questa ragione, in questo mio contributo vorrei provare a definire alcuni dei significati che dovrebbero essere propri di questo processo, ovvero quello di "pianificazione strategica" e quello di "Area Vasta".

Per semplificare le cose, proverei a partire dalla stessa intitolazione di questo processo:

Piano Strategico di Area vasta: “La Città Murgiana della Qualità del Benessere”

Come si può vedere, in questa intitolazione si mettono insieme cinque elementi, tra strumenti, ambito territoriale di riferimento ed obiettivi, che sono nell’ordine:

il Piano Strategico - l’Area Vasta - la Città Murgiana - la Qualità - il Benessere.

Focalizzando l’attenzione sui primi due di questi elementi, occorre dire che per poter definire correttamente il concetto di “piano strategico”, si deve necessariamente partire da almeno quattro delle principali definizioni di “pianificazione strategica” (quelle a cui mi sono riferito sono: la legge urbanistica inglese del 1968, l’attività di “corporate planning” eseguita negli Stati Uniti nella prima metà degli anni ’80, la definizione dell’ “Institute for Operational Research” di Coventry, in Gran Bretagna, e quella del sociologo Lindblom, del 1975), dalle quali si ricava che per piano strategico si è portati ad intendere un percorso di “costruzione sociale e politica” che non è solo di “governance”, ma che è, al tempo stesso, anche di “partnership” e di “networking”, volto alla ricerca della coesione dei cittadini e dei loro interessi, con il fine ultimo di elaborare, mediante la loro partecipazione ed il loro consenso, determinate strategie e/o politiche di sviluppo di un territorio.

Se questo concetto di piano strategico sembra essere abbastanza condiviso, più difficile è capire cosa si debba intendere per “area vasta”. In alcuni documenti di pianificazione e di programmazione territoriale della Regione Puglia (che ho utilizzato nei miei studi sull’Area Metropolitana di Bari, oggi anch’essa alle prese con la realizzazione di un piano strategico), ho potuto accertare che per area vasta si intende generalmente “… una entità territoriale, a dimensionamento intermedio tra quello comunale e quello provinciale, generata dall’aggregazione di comuni che, per ragioni geomorfologiche, di contiguità territoriale, di integrazione socioeconomica ed anche per comunanza di obiettivi e di interessi, decidono di mettersi insieme per produrre e gestire in maniera associata, conveniente e funzionale, servizi e strutture amministrative che altrimenti risulterebbero economicamente sconvenienti da gestire o da produrre in maniera autonoma, perché troppo costosi”. Stando a questa definizione, per Area Vasta non dovrebbe intendersi l’istituzione di un nuovo governo intermedio del territorio, anche se le indicazioni che emergono da molti degli addetti ai lavori, per Area Vasta deve invece intendersi proprio l'istituzione di un ulteriore livello di governo, posto al di sopra dei comuni e al dì sotto della Provincia.
In attesa di specifche indicazioni della Regione Puglia, ho fatto una ricerca sulle pregresse esperienze di area vasta in Francia, Gran Bretagna e Olanda, laddove è emerso che quelle esperienze ispirate a una “concezione strutturalista” del termine di area vasta, cioè quelle che prevedevano la costruzione di un nuovo livello di governo del territorio (magari strutturato su un doppio livello di funzioni), sono state tutte fallimentari, perché questo modello di area vasta è risultato essere sia finanziariamente molto dispendioso di risorse pubbliche, sia concettualmente inconciliabile con quegli “approcci partecipativi alle politiche di sviluppo socioeconomico locale”. Al contrario, laddove invece l’istituzione di area vasta si è ispirata ad una “concezione funzionale” del termine di area vasta, cioè basata su quei modelli che prevedevano l'istituzione di un sistema gestionale “snello e flessibile” e la partecipazione diretta dei cittadini ai vari processi decisionali, l’esperienza di area vasta ha avuto successo per il fatto di essere sia meno costosa, sia più affine agli approcci partecipativi allo sviluppo locale.

In funzione di ciò, per il nostro contesto di pianificazione strategica anch’io vedo con molto favore non già l'istituzione di un nuovo governo del territorio, bensì un sistema di gestione comune di servizi e funzioni, sicuro del fatto che una concezione strutturalista di area vasta, mal si concilierebbe con lo spirito e con il significato della pianificazione strategica, che non è certo quello creare nuovi livelli di governo del territorio, bensì quello di favorire la partecipazione dei cittadini, delle comunità, delle associazioni e dei soggetti svantaggiati, anche perché questi nostri territori, per molto tempo, hanno fatto registrare deficit di democrazia e di rappresentanza, proprio per il prevalere degli interessi e dei poteri politicamente rappresentati nei vari governi dei nostri enti locali.

Quindi, a prescindere da come si esprimerà la regione Puglia e dai modelli di area vasta “giuridicamente contemplati ed istituzionalmente possibili” del nostro ordinamento sulle Autonomie Locali, “attraverso lo strumento della pianificazione strategica, più che istituire un nuovo governo del territorio, si dovrà invece restituire alle nostre comunità quella capacità di "autodeterminarsi", ovvero si dovrà restituire quella la possibilità che siano le nostre stesse comunità a decidere del proprio territorio, dopo tanti anni in cui le politiche territoriali venivano imposte dall’alto, o dal governo nazionale, o dal governo regionale”. Cosicché, lo scopo della nostra area vasta diventa duplice: da una parte, dovrà realizzare economie di scala nella produzione e nella erogazione di molteplici servizi e funzioni, sia mediante un ampliamento della domanda di questi servizi e funzioni a tutti i comuni che ne fanno parte, sia mediante un esercizio associato, congiunto, coordinato ed organizzato di questi servizi e funzioni che si vogliono mettere a sistema; e dall’altra, dovrà dotarsi di un sistema gestione di questi servizi e funzioni, che sia espressione della nostra volontà, che sia “snello e flessibile”, che consenta di risparmiare e di liberare risorse di spesa pubblica per altri impieghi di bilancio e per altre politiche, e che abbia ad oggetto proprio il conseguimento di quegli obiettivi di “qualità” e di “benessere” della “Città Murgiana” che, in pratica, sostanzierebbero gli obiettivi di un moderno e contemporaneo concetto di sviluppo socioeconomico.

Inoltre, dal momento che debbono conseguirsi degli obiettivi di sviluppo socioeconomico, torno a ripetere che è altresì necessario che tutta l’attività di pianificazione strategica, oltre a sottrarsi alla politica (intesa quale insieme di decisioni che vengono imposte alle nostre comunità locali) debba improntarsi sia alla più ampia partecipazione dei cittadini, sia ad un rigore metodologico che significhi elaborazione ed articolazione condivisa di un vero e proprio processo di policy (Policy Making e Policy Analysis) e garanzia di successo contro il rischio che la politica scippi alla partecipazione tutto il processo di pianificazione strategica, che per definizione deve essergli proprio.

Putroppo, il ritardo nella presentazione delle "Analisi di Contesto", la mancata attivazione degli strumenti della partecipazione e la mancanza di specifiche figure professionali, sono tutti segnali che vanno nella direzione opposta a quella che invece dovrebbe essere propria di questo processo.

Sempre disponibile a collaborare a tempo pieno e a titolo gratuito.

Pietro Perrucci

giovedì 8 maggio 2008

4° Contributo Pianificazione Strategica di Area Vasta: "La Città Murgiana della Qualità e del Benessere"

4° Contributo. Buona governance a tutti

In previsione del trittico di incontri che state per compiere, a Voi attori istituzionali, principali artefici del Piano Strategico di Area Vasta "La Città della Qualità e del Benessere", auguro "Buona Governance" a tutti. Questo augurio perché state per compiere finalmente un passaggio fondamentale nella pianificazione strategica di riferimento.
È notorio, infatti, che a prescindere dalle varietà di soluzioni organizzative della produzione che sono riscontrabili nel nostro variegato panorama nazionale e regionale, il radicamento territoriale ha da sempre rappresentato per l’impresa, per le amministrazioni locali e per ogni il sistema socioeconomico locale, una rilevante risorsa in termini di competitività, lo strumento per la salvaguardia della coesione sociale, lo strumento per conseguire l’obiettivo della sostenibilità ambientale, una strategia per consolidare le società locali economicamente più dinamiche e per promuovere la crescita di altre società locali più arretrate.
Per questo, nel passaggio da un tipo sviluppo locale top-down, esogeno, imposto dall’alto, ad uno di tipo bottom-up, endogeno, che parte dal basso, lo sviluppo non è stato più concepito soltanto come un portato di attori esterni che rompono la logica di dipendenza o comunque di stagnazione della periferia, ma anche come una "costruzione sociale e politica", in cui il gioco degli attori endogeni è una componente molto importante.
Questa "costruzione sociale e politica" si chiama "governance" e si fonda essenzialmente sulla concertazione che non riguarda solo l’allocazione delle risorse, ma anche una serie di elementi che gli sono propri, ovvero un processo di tipo incrementale e concreto, una durata di lungo periodo, obiettivi non solo economico-sociali ma anche culturali, interessi endogeni proiettati su scala sovralocale, interventi integrati e multidimensionali, inclusività di tutti i soggetti economici istituzionali e sociali, finalità di sviluppo sostenibile e quindi di sviluppo autopropulsivo, la partecipazione di tutti attori locali ed un loro ruolo propositivo e recettivo.
In funzione di questi elementi, vorrei ricordarvi che i soggetti coinvolti nella governance non sono solo i comuni, ma tendono a coincidere con l’intera cittadinanza, anche se un ruolo strategico è comunemente riconosciuto ai soggetti istituzionali, pubblici e privati (amministratori locali, responsabili dei progetti di sviluppo, rappresentanti delle parti sociali e delle realtà associative ecc.), ossia alla classe dirigente locale, la cui "qualità" diventa un aspetto strategico.
Per questo, in funzione degli incontri tra i 4 comuni dell’Area Vasta cui si rivolge la pianificazione strategica "La Città della Qualità e del Benessere", la governance di questi comuni si dovrà porre in una prospettiva estremamente ambiziosa, che deve mettere in gioco le principali risorse di democrazia di cui le nostre comunità dispongono, acquisendo così l’idea della pianificazione strategica come di un percorso collettivo, che misura il senso di responsabilità verso se stessi, verso i soggetti a rischio d’esclusione, verso le generazioni future, verso l’ambiente e verso il patrimonio di cultura civica. Per dirla con una espressione di Jacques Delors, "si tratta di un’avventura collettiva che promuove la cittadinanza e rinnova la vitalità democratica… e qui il tema dell’inclusività, sta al cuore della governance, proprio perché la disponibilità di attori umani riflessivi e capaci di intelligibilità è il presupposto irrinunciabile di quel lavoro di invenzione istituzionale necessario a dare corpo a un progetto di sviluppo condiviso e soprattutto inclusivo".
Quindi, è necessario ribadire che per governance si deve intendere un "nuovo stile di governo", caratterizzato dal più alto livello di cooperazione e di integrazione tra attori pubblici e privati all’interno di reti decisionali, ovvero un insieme di interazioni che danno luogo a scelte di governo, ma che si differenzia dal termine "government" che indica il governo o le scelte che promanano direttamente dalle istituzioni o dai vari enti locali.
Aspetti salienti di questo processo nell’ambito della pianificazione strategica dovranno essere:
- la partecipazione, ovvero meccanismi di coinvolgimento "ex-ante" e "in-itinere" continui, ampiamente pubblicizzati e metodologicamente adeguati, predisposti per supportare i rappresentanti delle diverse realtà locali attraverso strumenti e momenti strutturati di consultazione interna e co-decisione, e soprattutto di un’attività di formazione e informazione continua con i "policy-makers", che è estremamente essenziale per la buona riuscita del processo;
- il ruolo fortemente incisivo degli animatori dello sviluppo locale, per stimolare e promuovere l’elaborazione continua di progetti innovativi e di qualità, per l’emersione e per l’individuazione di soluzioni progettuali attraverso strumenti stabili di progettazione collettiva;
- il metodo. La governance richiede creatività, passione, ma anche metodo. Diventano importanti a tal proposito i contributi di centri di ricerca locali, agenzie di sviluppo e laboratori universitari che possono offrire supporto metodologico per l’attivazione e l’azione dei gruppi di lavoro, coordinamento tecnico dei diversi strumenti operativi, elaborazione dei diversi documenti di analisi e progettazione;
- nuove figure professionali, in grado di favorire i processi di partecipazione e programmazione negoziata, implementare la valutazione e il monitoraggio delle politiche attivate;
- gli attori privati, che devono sostenere pienamente il percorso fin dalle sue fasi iniziali, anche attraverso forme esplicite di codificazione di questo ruolo designando coordinatori o comitati strategici o gruppi guida. Senza la spinta motivante e critica di operatori economici e sociali privati, il percorso concertativo non avrebbe la stessa credibilità a livello locale. Il grado di fiducia nelle istituzioni da parte degli operatori privati e la fiducia delle istituzioni verso i privati incide in modo determinante sui successo del processo pianificatorio, soprattutto rafforzando la coesione e lo sforzo collettivo a continuare a dedicarsi al percorso;
- lo sforzo attuativo. Uno dei nodi che si deve affrontare nell’ambito della pianificazione strategica è rappresentato dal passaggio dalla fase progettuale a quella attuativa e lo sforzo che si richiede propende verso il ricorso alle "best practices", una robusta attività di valutazione "in-itinere" ed "ex-post", il monitoraggio dello stato di avanzamento dei singoli progetti, e, nello stesso tempo, il costruire e ricostruire continuamente le motivazioni, le responsabilità e il consenso sul processo;
- la governance della governance. Una volta ricostruita la governance territoriale in base a principi di coordinamento reticolare ed interattivo, è necessario anche prevedere forme di apprendimento evolutivo delle forme di cooperazione territoriale e istituzionale. Si tratta di pensare a percorsi di "gestione" della governance, sia per modificare e perfezionare di continuo i meccanismi partecipativi, sia per introdurre innovazioni di metodo e organizzazione a fronte di possibili cambiamenti di scenario, esterni e interni, derivati da trasformazioni economiche, istituzionali, dai rapporti di forza tra gli attori, dall’ingresso di nuovi soggetti, dall’emersione di nuovi interessi, dall’evoluzione dei valori alla base della pianificazione strategica. In tale prospettiva, il ruolo dei 4 comuni acquista valore di riequilibrio, mediazione, stimolo, interfaccia delle relazioni tra gli agenti, autoapprendimento, innovazione e interattività;
- approccio operativo strategico. La pianificazione strategica deve seguire, in conclusione, alcuni criteri guida per una "strategia di sviluppo locale di successo", di cui la vision, l’integrazione, più partnership e meno controllo gerarchico, la credibilità degli attori privati, il supporto politico, finanziario e tecnico degli enti locali, la fiducia e la cooperazione tra tutti gli stakeholders, la ripartizione delle responsabilità e l’adeguamento continuo di tutta la pianificazione strategica, ne debbono essere gli aspetti essenziali.

Sempre disponibile collaborare a tempo pieno e gratuitamente per le vostre attività, auguro ancora Buona Governance a tutti.
Pietro Perrucci