giovedì 21 febbraio 2008

L'illusione del marketing territoriale nello sviluppo locale

Nel ringraziare quanti mi hanno richiesto l'articolo, dico subito che non mi sento di condividere l'entusiasmo mostrato da altri in merito alla utilità del Marketing Territoriale. Anzi, la storia dello sviluppo locale degli ultimi 15 anni in Italia ha registrato una sorta di effetto boomerang, nel senso che dopo averlo molto enfatizzato come moderno ed efficace strumento strategico di sviluppo locale, gli effetti del suo utilizzo sono stati negativi per tutte le economie locali del nostro paese, al punto da ritorcersi contro la stessa economia nazionale. Ed è per questo che io parlo oggi di illusione del Marketing Territoriale ed in questa sede ne spiego i motivi.
A causa della globalizzazione, nella prima metà degli anni ’90 ci fu una forte accelerazione delle dinamiche di localizzazione e di delocalizzazione delle imprese da un paese ad un altro, alla ricerca di differenziali competitivi necessari per acquisire quei vantaggi necessari a determinare posizioni di primato nel mercato globale.
In brevissimo tempo, l’attrazione ed il mantenimento degli investimenti produttivi sul territorio divenne uno dei temi più importanti delle politiche di sviluppo locale e socioeconomico in generale, al punto da modificare profondamente le politiche e gli interventi, tanto degli enti locali, quanto del governo centrale.
Tematiche fino ad allora quasi ignorate, come la qualità ambientale, l’organizzazione territoriale e la programmazione del territorio, divennero ben presto questioni centrali di un sentito dibattito tra gli economisti, sociologi e pianificatori, i quali fecero immediatamente emergere la necessità di operare un ammodernamento degli enti locali affinchè questi potessero usare al meglio molti strumenti di programmazione negoziata, tra i quali vi era anche il Marketing Territoriale.
La riforma della Pubblica Amministrazione italiana (conosciuta come riforma Bassanini) e la messa in atto strategie coalizionali tra imprenditori (partnership) e tra enti pubblici (governance) per attrarre investimenti, divennero ben presto oggetto di grande attenzione accademica e fu così che nacque il Marketing Territoriale.
Sul piano teorico, il Marketing Territoriale prendeva corpo attraverso la trasposizione di teorie, metodologie e tecniche del marketing e della comunicazione; sul piano pratico, si concretizzò in un insieme di attività di studio e di ricerca, finalizzate alla promozione di un territorio, affinché questo riuscisse ad attrarre investimenti e nuove imprese (soprattutto internazionali), creare nuova occupazione e generare così nuovi processi di sviluppo socioeconomico.
Per questo, il Marketing Territoriale non si limitò alla sola promozione del territorio come un qualsiasi altro prodotto commerciale, ma si propose anche come possibile strumento per il management di politiche e strategie di tipo macroeconomico di livello comunitario, nazionale, regionale e locale, col fine di ricercare e/o creare quelle condizioni di appetibilità per investitori, imprese ed operatori economici, pubblici e privati.
Ciononostante, tra i suoi impieghi più diffusi vi fu appunto quello della ricerca delle condizioni che creavano appetibilità agli investimenti e tra le condizioni da ricercare vi erano il clima favorevole alla cultura d’impresa, la storia e le tradizioni locali, ottima conservazione dell’ambiente, elevata qualità della vita, facilità di stabilire partenariati pubblici e privati, presenza di centri di sviluppo e ricerca, accessibilità alle innovazioni, capitale umano e know-how, dotazione infrastrutturale, disponibilità di materie prime e basso costo dei fattori produttivi, soprattutto della forza lavoro.
Però, in un mercato globale dove la maggior parte dei commerci si basavano (e si basano ancora) su beni materiali, ovvero su merci e prodotti i cui costi di produzione sono ancora oggi costituiti per l’80 % dalle materie prime e dall’incidenza del costo del lavoro, era abbastanza ovvio che l’Italia, non avendo materie prime ed avendo un elevato costo del lavoro, era svantaggiata già in partenza in questa competizione mondiale per attrarre investimenti ed imprese dall’estero.
Quindi, l'uso di tecniche e metodi di Marketing Teritoriale avvenne in un contesto del tutto sfavorevole: la maggior parte delle dinamiche di localizzazione e di delocalizzazione delle imprese da un paese ad un altro, coinvolsero solo in minima parte l'Italia, mentre si registrò una forte concentrazione degli investimenti nei paesi in via di sviluppo dell’America del Sud, del Sud-Est Asiatico, negli ex paesi del blocco sovietico e soprattutto in Cina.
Sotto altri aspetti, il Marketing Territoriale non si rilevò efficace nell ricerca di territori stranieri che potessero accogliere investimenti e nuove localizzazioni di imprese italiane: infatti, gli investimenti italiani all'estero di quel periodo furono frutto più delle mediazioni diplomatiche e/o delle attività di cooperazione internazionale, che non dell'agire degli operatori economici e qualche economista giustificò questo fatto dicendo che l'Italia non aveva mai avuto una spiccata propensione ad acquisire posizioni di primato commerciale nel mercato globale.
Ma gli aspetti più tragici che derivarono dall'uso del Marketing Territoriale furono la drastica riduzione degli investimenti stranieri in Italia e la perdita di quelle produzioni tipicamente italiane (mobile, calzaturiero, tessile-moda, ecc…), produzioni che sono finite, direttamente o indirettamente, proprio in quei paesi in via di sviluppo a forte capacità di attrazione di investimenti.
Ovviamente, le conseguenze più immediate che derivarono sulla realtà socioeconomica italiana furono la scomparsa di molte imprese (soprattutto piccole e medie) e l’entrata in crisi di molti sistemi industriali territoriali come i distretti.
Pertanto, alla luce di quanto detto, non parlerei più di efficace strumento di sviluppo locale; semmai, sarei più propenso a condividere l'opinione, in verità ancora di pochi, che il Marketing Territoriale si presta meglio ad essere uno strumento dei soli operatori economici in paesi ad economia matura (per la loro ricerca di condizioni favorevoli a nuovi investimenti) e un efficace strumento di attrazione degli investimenti (e quindi anche di sviluppo locale) nei soli paesi in via di sviluppo.
Forse, la mia opinione non sarebbe la stessa se si fosse utilizzato meglio il Marketing Territoriale sul lato del mantenimento degli investimenti produttivi sul territorio nazionale ed evitare così una loro fuga; ma, credo che tentativi di trattenere investimenti inItalia ne siano stati fatti e quindi, alla luce anche di questo, non posso che constatare una dolorosa verità, e cioè che il Marketing Territoriale, più che dare vigore alle nostre economie locali, ha finito soltanto per aggravare sia la condizione di molte economie locali, sia la generale condizione dell'economica nazionale, perdendo per questo gran parte della sua credibilità e della sua valenza di strumento per lo sviluppo locale.