lunedì 30 giugno 2008

Modello di Sviluppo Socioeconomico Locale

Colleghi carissimi,
eccovi riportato quello che a mio modo di vedere dovrebbe essere l’articolazione di un moderno modello di sviluppo socioeconomico locale. Come potrete facilmente notare, la mia articolazione è più elaborata della vostra, nel senso che ho variato alcuni degli elementi che mi avete proposto: infatti, invece di “caratteristiche” ho preferito parlare di “aspetti peculiari” e invece che di semplici “obiettivi” ho preferito associare una “sfida” possibile per ognuno degli “obiettivi” proposti. Inoltre, ho aggiunto anche degli altri elementi dai quali, secondo me, non si può prescindere per un moderno ed efficace modello di sviluppo locale; tali elementi sono: i “principi” ai quali deve ispirarsi un modello di sviluppo locale; i “settori strategici”; le possibili “attività” che debbono essere svolte; le “strategie operative” che sono strettamente connesse ai “principi” che ho individuato. Chiedendovi scusa per la eccessiva schematizzazione ed esemplificazione, resto comunque a vostra disposizione per ulteriori chiarimenti e/o approfondimenti che si dovrebbero rendere necessari, bibliografia di riferimento compresa. Pietro.

PRINCIPI
- Partecipazione
- Coesione
- Approccio sistemico
- Contestualizzazione Spazio/Tempo

ASPETTI PECULIARI
- Endogeno
- Strategico
- Integrato
- Condiviso
- Inclusivo
- Sostenibilità
- Autosostenibilità
- Ecocompatibilità
- Programmazione

SFIDE/OBIETTIVI
- Crescita e Sviluppo
- Qualità e Benessere
- Incubazione d’Impresa e Occupazione
- Mobilità e Sistemi
- Innovazione e Competitività
- Inclusione e Welfare
- Efficienza e Efficacia
- Ambiente e Sostenibilità

SETTORI STRATEGICI
- Ricerca e Sviluppo
- Innovazione
- Risorse Umane e Formazione
- Strutture e Infrastrutture
- Cooperazione
- Energia

STRUMENTO
Agenzia di Sviluppo Locale

ATTIVITÁ
- Centro Studi e Ricerche
- Competenze interdisciplinari
- Policy Making e Policy Analysis
- Marketing Territoriale
- Processi di Governance, Partnership e Networking
- Programmazione, Pianificazione, Progettazione, Valutazione, Monitoraggio e Rendicontazione
- Business Innovation Center
- Formazione, Cultura Innovativa, Know-how
- Europrogettazione
- Fund Rising
- Project Financing
- Best practice
- Benchmarking
- Informazione e comunicazione

STRATEGIE OPERATIVE
- Ricostruzione delle identità e delle componenti del territorio
- Definizione dei bisogni presenti e anticipazione dei bisogni futuri
- Approcci cooperativi
- Cooperazione interterritoriale
- Capacità istituzionale e cooperazione interistituzionale
- Messa a sistema di risorse, energie, valori, potenzialità
- Azione e politiche di comunità
- Portare la dimensione locale su quella globale
- Internazionalizzazione

sabato 14 giugno 2008

7° Contributo al Piano Strategico di Area Vasta: “La Città Murgiana della Qualità del Benessere”

7° Contributo al Piano Strategico di Area Vasta: “La Città Murgiana della Qualità del Benessere”

La partecipazione bloccata

Nell’incontro del partenariato economico sociale dello scorso 12 giugno nell’ambito del Piano Strategico di Area Vasta “La città murgiana della qualità e del benessere” è stata appurata l’esistenza di una precisa volontà di non attivare gli strumenti della partecipazione, cioè quegli strumenti che, ripeto ancora una volta, debbono essere propri di questo processo di policy.

Sincerità per sincerità, sin dal primo incontro si era percepita la sensazione di essere in presenza di tentativi (a dire il vero neanche troppo velati) di fare “resistenza contro la partecipazione”, tant’è vero che tutti gli incontri del partenariato svoltisi finora, si sono contraddistinti sempre per un basso profilo e per una scarsa enfasi data a questo aspetto. Ma per tutto questo tempo, forse troppo tempo, non ho mai voluto credere ad una cosa del genere… fino a quando, però, in quest’ultimo incontro, il dito dietro il quale ci si nascondeva (ovvero, le giustificazioni ed i rinvii del responsabile unico del procedimento e del comitato scientifico, inerenti proprio la mancata attivazione di questi strumenti) è diventato così piccolo, che non poteva più coprire questo fatto gravissimo che pregiudica la trasparenza e la tracciabilità di tutto il processo di pianificazione strategica.

La partecipazione è bloccata perché,

- dopo sei mesi di attività e dopo otto incontri di partenariato, l’attività di pianificazione strategica è praticamente ferma al punto di partenza…, ad ogni incontro il responsabile unico del procedimento e il comitato scientifico ripropongono, di fatto, le stesse relazioni e gli stessi quadri di attività;
- del tutto ignorato è stato lo sviluppo di quelle tematiche inerenti lo “sviluppo condiviso” e la “inclusività”, nel senso che non si è mai fatto riferimento alla partecipazione intesa come possibilità che i cittadini partecipino attivamente e direttamente alle attività di concertazione e di negoziazione;
- non si sono mai voluti definire e contestualizzare i concetti di “governance”, “partnership”, di “networking”, “sostenibilità” ed “autosostenibilità”;
- non è mai stato elaborato un piano delle attività di pianificazione adeguato alle peculiarità del territorio e, di conseguenza, non è mai stato strutturato metodologicamente il processo di pianificazione strategica (AGENDA, STRUTTURAZIONE DEI PROBLEMI, FORMULAZIONE, PREVISIONE, ADOZIONE, RACCOMANDAZIONE, IMPLEMENTAZIONE, MONITORAGGIO, GIUDIZIO, VALUTAZIONE, ADATTAMENTO E ADEGUAMENTO);
- non si ha conoscenza di come vengano gestite ed attuate praticamente le fasi più importanti della pianificazione e della valutazione (ambientale) strategica CALENDARIO/DIARIO DELLE ATTIVITÁ, LA MAPPA DEGLI ATTORI E DEGLI STAKEHOLDER, IL CATALOGO E LE TIPOLOGIE DI DATI, IL SISTEMA INFORMATICO, LE AZIONI E LE ALTERNATIVE, LE CATENE CAUSA-EFFETTO, LE MODALITÁ DI ANALISI, LA VALUTAZIONE DI RISULTATI E DI SCELTE ALTERNATIVE, LA GESTIONE DEI CONFLITTI, DELLA NEGOZIAZIONE E DELLA CONCERTAZIONE);
- non si è mai voluto “istituzionalizzare” il confronto tra istituzioni, politica, società e mondo economico;
- non si è mai capita la metodologia di lavoro e, di conseguenza, non si è mai potuto capire a quale rigore metodologico ci si debba attenere;
- non sono stati ancora predisposti i tavoli tematici;
- mancano i piani della comunicazione interna ed esterna, sebbene questi siano stati più volte richiesti espressamente dal sottoscritto;
- non si conoscono i risultati delle analisi di contesto, né tanto meno la loro articolazione per ambito istituzionale, sociale ed economico, per tematiche della programmazione dei fondi strutturali e per indicazioni delle linee guida regionale delle 9 aree vaste pugliesi;
- a sei mesi dall’avvio del processo, non si è ancora tenuto un incontro espressamente diretto alla esplicitazione dei bisogni, delle esigenze, delle aspirazioni, delle tematiche, delle questioni e delle problematiche delle nostre comunità;
- non si è mai voluto rimediare alla carenza di specifiche figure professionali nel comitato tecnico e scientifico, quali facilitatori, animatori, esperti di processi di policy, sociologi, esperti di marketing territoriale, analisti statistico-economici, esperti di programmazione dello sviluppo socioeconomico locale, esperti di ecologia, di ambiente, di sostenibilità e conoscitori della realtà socioeconomica dei comuni dell’area vasta;
- ci si rifiuta palesemente di finalizzare la progettazione e la pianificazione verso obiettivi concreti di sviluppo socioeconomico e per questo ci si rifiuta di far riferimento alla “programmazione”;
- volutamente, si ignorano i reali problemi della nostra area vasta, che saranno pure quelli della qualità, del benessere dell’efficienza della competitività e dell’identità territoriale, ma che le nostre collettività percepiscono come: a) storica carenza di risorse e di materie prime del territorio murgiano; b) forte aumento dei bisogni delle collettività e conseguente aumento dello sfruttamento delle poche risorse qui esistenti; c) forti pressioni ed ampio degrado del patrimonio ambientale, paesaggistico, architettonico e storico, al punto da essere fortemente compromesso nelle sue possibilità di recupero, sempre a causa di questo forte sfruttamento; d) alto tasso di mortalità per cancro e tumori; e) elevata disoccupazione; f) forte tasso di emigrazione di forza lavoro giovanile ed altamente istruita; g) strutture di offerte di servizi alle famiglie ed alle imprese, insufficienti e di basso profilo; h) insufficiente dotazione strutturale ed infrastrutturale; i)…;
- non si conoscono ad oggi quali strategie intendono adottare i comuni della nostra area vasta per mettere a sistema le loro risorse e strutture e soprattutto, per cooperare sul piano interistituzionale con gli alti altri enti del nostro territorio, siano essi locali o nazionali;
- mancata attuazione di un “logfame di tipo strategico”, come quello che sinteticamente avevo proposto: 1) PARTECIPAZIONE E PARTNERSHIP ISTITUZIONALE, ECONOMICA E SOCIALE; 2) ESPLICITAZIONE DI PROBLEMI, BISOGNI, ESIGENZE, QUESTIONI, TEMATICHE; 3) INDIVIDUAZIONE DI OBIETTIVI GENERALI; 4) DEFINIZIONE DELLE AZIONI E DEGLI INTERVENTI IN FUNZIONE DEGLI OBIETTIVI; 5) PREDISPOSIZIONE DI INDICATORI PER IL MONITORAGGIO; 6) INDIVIDUAZIONE DEGLI OBIETTIVI OPERATIVI; 7) ESECUZIONE DELLE EVENTUALI VALUTAZIONI, REVISIONI ED ADATTAMENTI; 8) ARTICOLAZIONE DEI RISULTATI;
- i concetti di “qualità” e di “benessere” a cui si vuole ispirare la realizzazione della “Città Murgiana”, sono stati idealmente molto decantati, ma praticamente non ancora definiti e perciò si ignorano al momento tutti gli altri aspetti, sfide, obiettivi, strumenti, strategie e principi, connessi a questi due obiettivi.

Di fronte a tutti questi motivi che bloccano la partecipazione è naturale porsi alcune domande: chi ha interesse a bloccare la partecipazione? per quale motivo si vuole bloccare la partecipazione? esiste per caso un disegno oscuro prestabilito dalla “politica” e che per essere attuato si dovrà fare in modo che la partecipazione influisca negativamente sulla sua realizzazione? ed infine, perché chi è titolato a parlare di queste cose non vuole parlare?

Potendo individuare una precisa responsabilità di ciò, tanto nei confronti del responsabile unico del procedimento, ovvero colui che gestisce questo processo, quanto nei confronti di un comitato scientifico che è di fatto cieco, sordo e muto, verso tutte le proposte per favorire il più ampiamente possibile la partecipazione dei cittadini alla pianificazione strategica, io auspico quanto prima che si dimettano, anche perché credo che ci sia sicuramente un modo più proficuo di utilizzare i loro lauti compensi "per fare la pianificazione strategica" e non per “non fare la pianificazione strategica”.

Pietro Perrucci

mercoledì 4 giugno 2008

6° Contributo al Piano Strategico di Area vasta: “La Città Murgiana della Qualità del Benessere”

6° Contributo. Lo "sviluppo inclusivo" come metodo della Pianificazione Strategica

Nell’ambito dell’economia, della sociologia e della politica, il passaggio da approcci di tipo “top-down”, ad approcci “bottom-up”, è storicamente riconducibile a tre fatti: alle riforme della Pubblica Amministrazione, alle innovazioni introdotte delle politiche dell’Unione Europea e a un nuovo modo di concepire le politiche di sviluppo, attraverso gli strumenti della “programmazione negoziata”, o “programmazione concertata”. Si è così determinato,
- in economia, il ricorso a forme di sviluppo pensato, progettato, costruito, condiviso e l’utilizzo di quei strumenti di programmazione negoziata e concertata;
- in sociologia, l’uso di modelli inclusivi e strumenti di networking e di partnership;
- in politica, il passaggio dalla democrazia rappresentativa alla democrazia partecipativa.
Per questo nuovo modo di concepire le politiche di sviluppo, vi sono stati anche importanti riflessi sulle politiche del territorio che hanno portato a parlare sempre di più di ambiente, di sostenibilità e di autosostenibilità. Ora, tutto questo insieme di “innovazioni” viene oggi considerato il substrato culturale sul quale poggia lo “sviluppo inclusivo”, il quale costituisce al tempo stesso un importante spartiacque con il passato, che ha visto incrementare il ricorso a quegli approcci partecipativi, tanto sul piano economico, quanto su quello della sociologia, della politica e quindi anche nella pianificazione territoriale. E credo che sia proprio in questo spartiacque culturale che va ricercato il senso ed il metodo della nostra pianificazione strategica.


Lo "sviluppo inclusivo" non può certo dirsi un argomento nuovo: infatti, circa venti anni fa incominciarono le riforme della pubblica amministrazione (Legge n.142/90); circa venti anni fa incominciò la programmazione operativa dei fondi strutturali europei e degli altri fondi comunitari (Piani Operativi Plurifondo) ispirata non più alla "integrazione" ma alla "coesione socioeconomica"; e circa quindici anni fa furono concepiti i primi strumenti di programmazione negoziata (Intese Istituzionali, Accordi di Programma Quadro, Patti territoriali, Contratti d’Area, Agenzie di Sviluppo, ecc…).

Si comprende bene perché ad oggi, l’evoluzione determinata dalla elaborazione e dall’attuazione di piani, politiche, programmi e progetti, abbia fatto propri i nuovi elementi hanno sostanziato il concetto di “sviluppo inclusivo” (“governance”, “networking”, "partnership", “sostenibilità” e “autosostenibilità) e che hanno come comun denominatore la “partecipazione".

E sempre per il fatto che lo sviluppo inclusivo non è un fatto nuovo, il continuo rifuggire e il continuo ignorare volutamente tutto questo quadro culturale, porta a pensare che le attività connesse alla realizzazione del Piano Strategico di Area Vasta “La Città Murgiana della Qualità e del Benessere” rischiano di approdare ad un nulla di fatto e molti incominciano a chiedersi perché in questa pianificazione strategica non non si parla di sviluppo pensato, progettato, costruito, condiviso ed inclusivo? Perché non c’è ancora traccia della governance, della partnership, della democrazia partecipativa, del modello reticolare, dell’autosostenibilità (anche se mi accontenterei della sola “sostenibilità”) e soprattutto della partecipazione? Perché non vengono ancora resi noti i riferimenti allo studio, alla ricerca, all’elaborazione, al metodo, alla vision ed alla mission strategica, alla programmazione, ai piani di comunicazione ed alla più volte richiamata scientificità? Insomma, perché ancora oggi non si intravede per questo piano strategico il suo processo di policy?

Sforzandomi ancora una volta di non credere ad un suo fallimento (e quindi a dover poi pensare anche alle sue possibili conseguenze), attraverso questo contributo vorrrei che si spingessero le attività di questo processo nell’alveo che è proprio della pianificazione strategica. Per questo suggerisco un “logfame” di attività, che potrebbe essere così sintetizzato:

1) PARTECIPAZIONE E PARTNERSHIP ISTITUZIONALE, ECONOMICA E SOCIALE;
2) ESPLICITAZIONE DI PROBLEMI, BISOGNI, ESIGENZE, QUESTIONI, TEMATICHE;
3) INDIVIDUAZIONE DI OBIETTIVI GENERALI;
4) DEFINIZIONE DELLE AZIONI E DEGLI INTERVENTI IN FUNZIONE DEGLI OBIETTIVI; 5) PREDISPOSIZIONE DI INDICATORI PER IL MONITORAGGIO;
6) INDIVIDUAZIONE DEGLI OBIETTIVI OPERATIVI;
7) ESECUZIONE DELLE EVENTUALI VALUTAZIONI, REVISIONI ED ADATTAMENTI;
8) ARTICOLAZIONE DEI RISULTATI.

Oltre a questo, mi sia consentito di sottolineare anche il fatto che le analisi di contesto non debbono essere soltanto delle bellissime foto e delle elaborazioni cartografiche del nostro paesaggio, del nostro patrimonio ambientale, storico, culturale, ecc..., e non sono neanche delle sintesi parziali di quella che sarebbe la realtà delle nostre comunità. L’analisi di contesto dev’essere, semmai, una modalità per acquisire tutte quelle informazioni necessarie ad individuare i punti di forza e di debolezza, ma soprattutto ad individuare le opportunità e le minacce, ovvero quegli aspetti che ci consentono di ragionare con una logica evolutiva dei processi in atto e che quindi ci consentono di fare delle previsioni, che non sono solo della pianificazione, ma che sono anche della programmazione e della dinamica dei nostri contesti.

Con questo voglio dire che, più di un censimento, più di un quadro delle nostre ricchezze, più dello stato dei nostri monumenti e più di una “progettualità” fine a se stessa, noi abbiamo il bisogno di tradurre i contenuti di queste attività progettuali in logiche di sviluppo socioeconomico: in altre parole, un piano strategico dev’essere anche programmazione dello sviluppo economico delle nostre comunità ed è proprio in questo che sta il senso, il significato “strategico” di questa pianificazione.

Infine, va rimarcato il fatto che solo e soltanto in questa ottica evolutiva, di programmazione strategica del nostro sviluppo socioeconomico, che hanno senso di esistere quelle ragioni e quelle logiche di cooperazione con cui fare di Gravina in Puglia, di Altamura, di Poggiorsini e di Santeramo in Colle, un’Area Vasta ed un unico sistema territoriale.

Pietro Perrucci.