martedì 30 settembre 2008

La Pianificazione Strategica tra fallimenti, complicità, disonestà intellettuale e ballerine di lap-dance.

Il 19 settembre scorso, si sarebbe dovuto svolgere un importante incontro tra il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (C.N.E.L.) e gli operatori del Piano Strategico dell’Area Vasta la Città Murgiana della qualità e del Benessere. Invece, al termine di questo incontro, nessuno ha parlato a nome del C.N.E.L., e quindi non si è capito, né “chi” era venuto a rappresentare il C.N.E.L., né “cosa” abbia mosso questa importante istituzione nazionale ad interessarsi del nostro piccolo piano strategico.
Comunque, questa presenza/assenza del C.N.E.L. non ha sorpreso più di tanto, perchè è stata perfettamente in linea con le modalità con cui si è svolto tutto il processo di pianificazione strategica, cioè fomentare le aspettative, le speranze e le attese, per poi disattenderle mediante la sottrazione di componenti fondamentali di questo processo (si veda, a tal proposito, la mancanza di organizzazione, di partecipazione, di programmazione, di informazione, di comunicazione, di conoscenza e di discussione dei principali problemi che affliggono il nostro territorio).
Sicché, in fase di chiusura del processo di pianificazione strategica, la prima conclusione che si può trarre è data dal fatto che, a causa di queste deficienze, il nostro piano strategico si avvia ad essere un fallimento. D’altronde, la storia del nostro territorio é stata sempre una storia di fallimenti di tutti i tentativi di sviluppo messi in atto fino ad ora: si pensi, per esempio, al disuso dei marchi territoriali della Murgia, ai G.A.L. non finanziati, o peggio ancora, al nostro Patto Territoriale considerato da una ricerca del M.I.U.R. tra i patti peggio avviati in Italia. Quindi, ancora una volta saremo costretti a parlare di fallimento ed ancora una volta saremo costretti a parlare di un fallimento a causa delle complicità con della politica.
Il nostro piano strategico, quindi, anziché essere una concreta opportunità per risolvere i veri problemi che affliggono il nostro territorio, è stato strumentalmente gestito in funzione delle esigenze di pochi, di chi conta, del “potere”, e quindi attraverso il ricorso la politica che è intervenuta in questo processo per svuotarlo di quelle importanti componenti della partnership, del networking e della governance (nel senso più ampio del termine) per renderlo più facilmente controllabile ed infine, per farlo fallire come strumento di sviluppo dal basso.
La prova più chiara di questa complicità la si è avuta quando, caduto il sindaco del nostro comune capofila, si sono dovute fermare tutte le attività connesse con la pianificazione strategica. Pertanto, la sola differenza che c’è stata rispetto alle altre esperienze pregresse di sviluppo che si sono citate, sta nel fatto che mentre in queste ultime si poteva parlare di una presenza più soft della politica, anche se vi era comunque una consapevolezza del fatto che, prima o poi, la politica avrebbe sottratto agli stakeholder la piena gestione degli strumenti di sviluppo, per il piano strategico, invece, l’invasione della politica si è realizzata da subito ed in maniera assai più evidente e cioè attraverso il comitato tecnico e soprattutto attraverso le complicità del comitato scientifico.
Il comitato tecnico è stato da subito reso incapace di determinare qualsiasi tipo di scelta e perciò incapace di effettuare qualsiasi tipo di attività; di conseguenza, il comitato scientifico ha dovuto accentrare praticamente tutte le attività assegnate della pianificazione strategica. Ora, se un comitato scientifico si sostituisce al comitato tecnico viene facile pensare che, in ragione della sua scientificità, la riuscita del processo di pianificazione strategica sarebbe dovuta avvenire quasi per definizione; ma purtroppo, così non è stato ed il perché di questo sta nel fatto che il comitato scientifico ha agevolato la politica nel suo intento di non realizzare la pianificazione strategica e, a sua volta, la politica stessa si è resa disponibile ad aiutare il comitato scientifico, sia per far rimanere in piedi un processo di pianificazione strategica affetto da macroscopiche inefficienze di metodo, di partecipazione, di trasparenza, di sviluppo sostenibile, di competenze e di rispetto delle Linee Guida regionali, sia per prestargli soccorso con la demagogia nel spiegare il perché di queste molteplici inefficienze.
Ed infatti, proprio nell’incontro del 19 settembre, il comitato scientifico ha fatto passare per scelta consapevole e funzionale all’attività di pianificazione strategica l’impossibilità e l’incapacità di elaborare il Piano Strategico entro il 30 settembre e di fronte a questo volgare atto di disonestà intellettuale, nessuno ha parlato di gravi responsabilità comitato scientifico, che non sono solo quelle riferite al fatto che questi non si è mai sforzato di conoscere la realtà socioeconomica, che non è mai stato assiduamente presente sul territorio e che non ha mai dimostrato di avere competenze in programmazione dello sviluppo economico; ma si tratta di responsabilità riferite alla sue complicità con la politica, e cioè
- per il loro atteggiamento nell’essere stati ciechi, muti e sordi, alle osservazioni che puntualmente venivano denunciate sul piano strategico;
- per la rinuncia a confrontarsi nelle pubbliche sedute;
- per la mancata accettazione della mia disponibilità a lavorare a tempo pieno e soprattutto a titolo gratuito;
- per l’aumento del numero dei membri del comitato scientifico che da tre è passato a cinque, facendo spendere ulteriori 24.750,00 euro;
- per l’assunzione di consulenti scientifici che non conoscono neanche quali sono le Iniziative Comunitarie in atto, dato che Justine, Jasmine e Gender, possono essere solo i nomi di ballerine di lap-dance, mentre i nomi autentici delle Iniziative Comunitarie sono Jessica, Jaspers e Jeremie (a tal proposito faccio notare che il consulente che ha scritto questa cavolata percepirà un compenso di 11.250,00 euro, in ragione di un periodo di consulenza che va dal 15 luglio, al 30 settembre 2008).
Ecco perché non mi resta che sperare anche in un commissariamento della pianificazione strategica.

Pietro Perrucci