mercoledì 4 giugno 2008

6° Contributo al Piano Strategico di Area vasta: “La Città Murgiana della Qualità del Benessere”

6° Contributo. Lo "sviluppo inclusivo" come metodo della Pianificazione Strategica

Nell’ambito dell’economia, della sociologia e della politica, il passaggio da approcci di tipo “top-down”, ad approcci “bottom-up”, è storicamente riconducibile a tre fatti: alle riforme della Pubblica Amministrazione, alle innovazioni introdotte delle politiche dell’Unione Europea e a un nuovo modo di concepire le politiche di sviluppo, attraverso gli strumenti della “programmazione negoziata”, o “programmazione concertata”. Si è così determinato,
- in economia, il ricorso a forme di sviluppo pensato, progettato, costruito, condiviso e l’utilizzo di quei strumenti di programmazione negoziata e concertata;
- in sociologia, l’uso di modelli inclusivi e strumenti di networking e di partnership;
- in politica, il passaggio dalla democrazia rappresentativa alla democrazia partecipativa.
Per questo nuovo modo di concepire le politiche di sviluppo, vi sono stati anche importanti riflessi sulle politiche del territorio che hanno portato a parlare sempre di più di ambiente, di sostenibilità e di autosostenibilità. Ora, tutto questo insieme di “innovazioni” viene oggi considerato il substrato culturale sul quale poggia lo “sviluppo inclusivo”, il quale costituisce al tempo stesso un importante spartiacque con il passato, che ha visto incrementare il ricorso a quegli approcci partecipativi, tanto sul piano economico, quanto su quello della sociologia, della politica e quindi anche nella pianificazione territoriale. E credo che sia proprio in questo spartiacque culturale che va ricercato il senso ed il metodo della nostra pianificazione strategica.


Lo "sviluppo inclusivo" non può certo dirsi un argomento nuovo: infatti, circa venti anni fa incominciarono le riforme della pubblica amministrazione (Legge n.142/90); circa venti anni fa incominciò la programmazione operativa dei fondi strutturali europei e degli altri fondi comunitari (Piani Operativi Plurifondo) ispirata non più alla "integrazione" ma alla "coesione socioeconomica"; e circa quindici anni fa furono concepiti i primi strumenti di programmazione negoziata (Intese Istituzionali, Accordi di Programma Quadro, Patti territoriali, Contratti d’Area, Agenzie di Sviluppo, ecc…).

Si comprende bene perché ad oggi, l’evoluzione determinata dalla elaborazione e dall’attuazione di piani, politiche, programmi e progetti, abbia fatto propri i nuovi elementi hanno sostanziato il concetto di “sviluppo inclusivo” (“governance”, “networking”, "partnership", “sostenibilità” e “autosostenibilità) e che hanno come comun denominatore la “partecipazione".

E sempre per il fatto che lo sviluppo inclusivo non è un fatto nuovo, il continuo rifuggire e il continuo ignorare volutamente tutto questo quadro culturale, porta a pensare che le attività connesse alla realizzazione del Piano Strategico di Area Vasta “La Città Murgiana della Qualità e del Benessere” rischiano di approdare ad un nulla di fatto e molti incominciano a chiedersi perché in questa pianificazione strategica non non si parla di sviluppo pensato, progettato, costruito, condiviso ed inclusivo? Perché non c’è ancora traccia della governance, della partnership, della democrazia partecipativa, del modello reticolare, dell’autosostenibilità (anche se mi accontenterei della sola “sostenibilità”) e soprattutto della partecipazione? Perché non vengono ancora resi noti i riferimenti allo studio, alla ricerca, all’elaborazione, al metodo, alla vision ed alla mission strategica, alla programmazione, ai piani di comunicazione ed alla più volte richiamata scientificità? Insomma, perché ancora oggi non si intravede per questo piano strategico il suo processo di policy?

Sforzandomi ancora una volta di non credere ad un suo fallimento (e quindi a dover poi pensare anche alle sue possibili conseguenze), attraverso questo contributo vorrrei che si spingessero le attività di questo processo nell’alveo che è proprio della pianificazione strategica. Per questo suggerisco un “logfame” di attività, che potrebbe essere così sintetizzato:

1) PARTECIPAZIONE E PARTNERSHIP ISTITUZIONALE, ECONOMICA E SOCIALE;
2) ESPLICITAZIONE DI PROBLEMI, BISOGNI, ESIGENZE, QUESTIONI, TEMATICHE;
3) INDIVIDUAZIONE DI OBIETTIVI GENERALI;
4) DEFINIZIONE DELLE AZIONI E DEGLI INTERVENTI IN FUNZIONE DEGLI OBIETTIVI; 5) PREDISPOSIZIONE DI INDICATORI PER IL MONITORAGGIO;
6) INDIVIDUAZIONE DEGLI OBIETTIVI OPERATIVI;
7) ESECUZIONE DELLE EVENTUALI VALUTAZIONI, REVISIONI ED ADATTAMENTI;
8) ARTICOLAZIONE DEI RISULTATI.

Oltre a questo, mi sia consentito di sottolineare anche il fatto che le analisi di contesto non debbono essere soltanto delle bellissime foto e delle elaborazioni cartografiche del nostro paesaggio, del nostro patrimonio ambientale, storico, culturale, ecc..., e non sono neanche delle sintesi parziali di quella che sarebbe la realtà delle nostre comunità. L’analisi di contesto dev’essere, semmai, una modalità per acquisire tutte quelle informazioni necessarie ad individuare i punti di forza e di debolezza, ma soprattutto ad individuare le opportunità e le minacce, ovvero quegli aspetti che ci consentono di ragionare con una logica evolutiva dei processi in atto e che quindi ci consentono di fare delle previsioni, che non sono solo della pianificazione, ma che sono anche della programmazione e della dinamica dei nostri contesti.

Con questo voglio dire che, più di un censimento, più di un quadro delle nostre ricchezze, più dello stato dei nostri monumenti e più di una “progettualità” fine a se stessa, noi abbiamo il bisogno di tradurre i contenuti di queste attività progettuali in logiche di sviluppo socioeconomico: in altre parole, un piano strategico dev’essere anche programmazione dello sviluppo economico delle nostre comunità ed è proprio in questo che sta il senso, il significato “strategico” di questa pianificazione.

Infine, va rimarcato il fatto che solo e soltanto in questa ottica evolutiva, di programmazione strategica del nostro sviluppo socioeconomico, che hanno senso di esistere quelle ragioni e quelle logiche di cooperazione con cui fare di Gravina in Puglia, di Altamura, di Poggiorsini e di Santeramo in Colle, un’Area Vasta ed un unico sistema territoriale.

Pietro Perrucci.