lunedì 10 gennaio 2011

2. Gli elementi del processo di governance

Fino ad oggi, nell’ambito dei processi di “policy-making” e di “policy-analysis”, utilizzati nell’ambito dello sviluppo locale, la formulazione delle scelte politiche è rimasta essenzialmente ancorata ad un riferimento teorico classico, che è quello formulato dal Dunn (2007). Ciò che invece è cambiato riguarda le modalità attraverso le quali si determinano le scelte ed in particolare le modalità con cui i portatori di interessi (stakeholders) pongono definiscono e strutturano i problemi nella prima fase, tanto nel processo di “policy-making” (Agenda), quanto nella prima fase del processo di “policy-analysis” (Strutturazione del problema).

L’affermarsi di un nuovo approccio partecipativo e negoziale nell’ambito delle politiche di sviluppo del territorio basate sulla ricostruzione della coesione sociale ha significato per il processo di “policy-making” (e per l’Italia) una rivisitazione del ruolo delle istituzioni intermedie e ha trovato la sua ragion d’essere in alcuni importanti e significativi mutamenti che sono avvenuti negli ultimi anni, ovvero:
- nel coinvolgimento dei medesimi territori nel generale processo di globalizzazione dell’economia, anche per effetto delle “Information and Comunication Technology” (I.C.T.);
- nell’acquisizione di una nuova consapevolezza basata sulla convinzione che il territorio e l’identità locale non rappresentano solo una risorsa competitiva degli attori economici, ma anche un bene comune che definisce l’orizzonte progettuale di ogni comunità locale;
- nei naturali processi di crescita dei territori rimasti ai margini o esclusi dalle traiettorie di sviluppo espresse dai poli della grande industria;
- nell’ampliarsi del processo di integrazione europea che ha evidenziato marcate tendenze verso forme di neoregionalismo e, più in generale, verso la riaffermazione del ruolo delle “periferie” nei processi di “policy-making”;
- nella crisi del “fordismo” ed il successivo passaggio verso il “postfordismo”, che hanno dapprima messo in discussione la centralità dello Stato quale elemento fondamentale nel sistema di regolazione economica, poi hanno fatto emergere sistemi flessibili di piccola e media impresa a forte connotazione localistica ed infine hanno elevato il ruolo delle istituzioni locali nella definizione delle politiche locali;
- nel convergere degli obiettivi dello Stato e dell’Unione Europea per favorire l’importante ruolo delle politiche locali, combinando gli obbiettivi di questi alle politiche nazionali ed europee attraverso il principio della “sussidiarietà” (il governo nazionale, con le sue agenzie, interviene nella soluzione dei problemi in caso di manifesta incapacità dei governi di livello locale);
- nella nascita delle “istituzioni di meso-livello”, intermedie tra il livello micro (informale) rappresentato dai rapporti interpersonali e particolaristici basati sulla fiducia e la reciprocità che si sviluppano all’interno delle famiglie, delle imprese e delle comunità locali, all’interno cioè delle cosiddette “istituzioni sociali di base” e il livello macro (formalizzato), rappresentato dalle relazioni impersonali, formalizzate e standardizzate.
Tutti questi mutamenti hanno dunque determinato uno spostamento nella formulazione dei processi di “policy-making” dal livello nazionale al livello territoriale, portando così diversi studiosi ad elaborare il termine di “policy territoriale”. Ovviamente questo processo è abbastanza recente e perciò ancora lontano da una formulazione e da una strutturazione teorica univoca; tuttavia, la sua breve durata non impedisce l’individuazione di diversi elementi che sono propri del processo di “governance”.
Gli elementi di questo processo sono:
- la partecipazione, ovvero meccanismi di coinvolgimento “ex-ante” e “in-itinere” continui, ampiamente pubblicizzati e metodologicamente adeguati, predisposti per supportare i rappresentanti delle diverse realtà locali attraverso strumenti e momenti strutturati di consultazione interna e co-decisione. Sul fronte dei rapporti, i governi locali abbisognano di un’attività di formazione e informazione continua con i “policy-makers”, che è estremamente dispendiosa di tempo ma essenziale per la buona riuscita del processo;
- il ruolo fortemente incisivo degli animatori dello sviluppo locale. Per stimolare e promuovere l’elaborazione di progetti innovativi e di qualità, il processo di emersione e individuazione di tali progetti deve essere organizzato e accompagnato con tecniche di valutazione consolidate e reso continuo nel tempo attraverso strumenti stabili di progettazione collettiva. In un percorso di governance locale, per sua natura volonlaristica, fondato sul contributo spontaneo di tutte le componenti sociali di un territorio, diventano fondamentali metodologie e strumenti complessi e verificati empiricamente;

- il metodo. La governance richiede creatività, passione, ma anche metodo. Diventano importanti a tal proposito i contributi di centri di ricerca locali, agenzie di sviluppo e laboratori universitari che possono offrire supporto metodologico per l’attivazione e l’azione dei gruppi di lavoro, coordinamento tecnico dei diversi strumenti operativi, elaborazione dei diversi documenti di analisi e progettazione. E questo un nuovo ruolo di accompagnamento e animazione dello sviluppo che in Italia sta acquistando una propria configurazione indotta da un lato dalla necessità di organizzare e gestire le nuove forme di programmazione negoziata, in particolare i patti territoriali, o di utilizzo dei fondi strutturali europei per le aree obiettivo, e dall’altro lato dalla recente diffusione di politiche territoriali di marketing e attrazione di investimenti esterni;
- nuove figure professionali. Un processo di governance necessita di qui nuovi ambiti e di nuovi percorsi di formazione terziaria per gli operatori dello sviluppo locale che accompagnano gli amministratori locali, la dirigenza della pubblica amministrazione, le agenzie di sviluppo, le associazioni di categoria, le rappresentanze imprenditoriali e sociali, che sono capaci di promuovere il territorio, supportare le istituzioni e gli attori dello sviluppo, ed infine, che sono in grado di favorire i processi di partecipazione e programmazione negoziata, implementare la valutazione e il monitoraggio delle politiche attivate.
- gli attori privati. Altro fattore rilevante per il successo delle strategie di sviluppo locale è riconducibile alla presenza attiva dei partner privati: in particolare, le categorie economiche devono sostenere pienamente il percorso fin dalle sue fasi iniziali, anche attraverso forme esplicite di codificazione di questo ruolo designando coordinatori o comitati strategici o gruppi guida. Senza la spinta motivante e critica di operatori economici e sociali privati, il percorso concertativo non avrebbe la stessa credibilità a livello locale. Il grado di fiducia nelle istituzioni da parte degli operatori privati e la fiducia delle istituzioni verso i privati incide in modo determinante sui successo del processo pianificatorio, soprattutto rafforzando la coesione e lo sforzo collettivo a continuare a dedicarsi al percorso;
- lo sforzo attuativo. Uno dei nodi che si deve affrontare nell’ambito del processo di governance è rappresentato dal passaggio dalla fase progettuale a quella attuativa e lo sforzo che si richiede propende verso il ricorso alle “best practices”, una robusta attività di valutazione “in-itinere” ed “ex-post”, il monitoraggio dello stato di avanzamento dei singoli progetti, e, nello stesso tempo, il costruire e ricostruire continuamente le motivazioni, le responsabilità e il consenso sul processo;
- la gestione della governance. Una volta ricostruita la governance territoriale in base a principi di coordinamento reticolare ed interattivo, è necessario anche prevedere forme di apprendimento evolutivo delle forme di cooperazione territoriale e istituzionale. Si tratta di pensare a percorsi di “gestione” della governance, sia per modificare e perfezionare di continuo i meccanismi partecipativi, sia per introdurre innovazioni di metodo e organizzazione a fronte di possibili cambiamenti di scenario, esterni e interni, derivati da trasformazioni economiche, istituzionali, dai rapporti di forza tra gli attori, dall’ingresso di nuovi soggetti, dall’emersione di nuovi interessi, dall’evoluzione dei valori alla base del “patto” territoriale. In tale prospettiva, il ruolo delle autorità pubbliche locali acquista dimensioni di riequilibrio. mediazione e stimolo, tipicamente da “interfaccia” delle relazioni tra gli agenti, verso processi di autoapprendimento e innovazione istituzionale governati in ottica interattiva;
- predisposizione di un piano operativo strategico. Un percorso di corretta definizione di politica locale e/o di piano programma, progetto, deve seguire, in conclusione, alcuni criteri guida che possono essere considerati come regole per una strategia di sviluppo locale di successo: la vision, l’integrazione, più partnership e meno controllo gerarchico, credibilità degli attori privati, il supporto politico, finanziario e tecnico degli enti locali, la fiducia e la cooperazione tra tutti gli stakeholders, la ripartizione delle responsabilità, il processo di adeguamento continuo.

Pietro Perrucci